Milano celebra la Settimana della moda e intanto perde una sua regina, Inge Feltrinelli. L’accostamento non è affatto artificioso, perché tra i segni distintivi di Inge c’era indiscutibilmente l’eleganza. Lo abbiamo visto tutti in questi giorni, quando le sue foto hanno riempito il web e le pagine dei giornali: a qualunque stagione della sua lunga vita si riferissero, c’era sempre un dettaglio che segnalava la sua marcia in più. Quel dettaglio era una questione di classe, e la classe, come si sa, non s’impara. O la sia ha o niente.
Inge Feltrinelli era tedesca. Arrivò a Milano per amore. E a Milano è poi sempre rimasta, anche quando l’oggetto del suo amore s’è tragicamente disintegrato sotto quel traliccio di Segrate. A Milano ha trovato il suo humus, il luogo dove incrociare tutte le straordinarie e affascinanti relazioni che hanno segnato la sua vita. Quanti grandi scrittori di ogni angolo del mondo erano habitué della sua casa nel cuore di Milano… E lei era per loro non solo un editore ma un’interlocutrice di rara intelligenza. Alla Buchmesse di Francoforte, anche perché lei era tedesca, la faceva sempre da mattatrice, tenendo alto con lei l’immagine e il marchio di Milano. Aveva molti aspetti che potevano indisporre, perché non è mai bello essere miliardari ed essere di sinistra. Ma la salvava sempre quell’irriverenza e quella spregiudicatezza per cui non la sentivi mai accontentarsi del politicamente corretto.
Tutto questo per dire che in Inge Feltrinelli si poteva riconoscere qualcosa che oggi al sistema moda, che pur continua a macinare successi, manca: ed è questa sua capacità naturale di dare un imprinting internazionale a Milano, di proiettarla fuori da orizzonti provinciali. Il sistema moda oggi invece sembra vivere di una sorta di abitudinarietà; è un rito che si ripete, che insegue e ottiene fatturati sempre maggiori (per fortuna), ma che fa fatica a rompere la routine, ad affermare delle novità. Ma una città fa tendenza, detta lo stile se accetta il rischio di avere tra le proprie fila qualcuno che si mette in fuga, che dà un’accelerata che può anche un po’ destabilizzare il sistema.
La moda a Milano ad esempio ha rinunciato a fare cultura, a lasciare segni che contaminino l’immagine della città. Certo, c’è Fondazione Prada, con una vocazione internazionale che è fuori discussione. Ma il rischio è che resti come una magnifica roccaforte, e non si mescoli con la vita della città. Forse un po’ di irriverenza e di spregiudicatezza stile Inge sarebbero molto salutari.