Arriva immancabile nel periodo natalizio, che per molti americani rimane stagione d’opulenza consumistica, l’ennesimo giocattolo diseducativo. La contraddizione in termini è opera del colosso statunitense Toy “R” Us, fondato sessant’anni fa nel New Jersey e vera macchina sforna-successi nella vendita di giocattoli d’ogni tipo e per tutte le età.
Il pupazzo incriminato è una bambola sboccata, indirizzata ai bimbi dai due anni in su, che fa parte d’una serie di tre bambolotti gemelli chiamata You & me, interactive play & giggle triplet dolls (Tu ed io, il gioco interattivo delle tre bambole ridoline) le quali – invece di pianti e capricci oppure di frasi dolci come “Ti voglio bene” e il sempre gradito “Mamma” – se ne escono fuori con uno standard presente nella tv di massa a stelle e strisce degli ultimi anni (chi la segue – un esempio è il reality campione d’ascolti su MTV, Jersey Shore – non ha certo bisogno della traduzione di seguito): “You Crazy Bitch!”, praticamente un “Brutta stronza!”, a voler edulcorare il decisamente più sboccato significato letterale.
Ovviamente, dietro l’angolo era già pronta l’America benpensante e puritana – sempre vigile e attenta, in questi casi – che, stavolta a ragione, ha puntato indignata il dito contro questa specie di giocattolo. Sacrosanti lo scontato imbarazzo e la pronta disapprovazione delle associazioni dei genitori, che hanno chiesto la messa al bando dei bambolotti.
Insomma, che ne sarà dei riti d’iniziazione e di quei passaggi generazionali insiti nel cammino esperienziale d’ogni bambino? Sempre meglio fare il primo approccio con le parolacce dall’amico bulletto alle elementari o sentendo lo zio allegrone alla cena di Natale mentre gliene scappa una, piuttosto che apprendere a comando come mandare a quel paese il prossimo! Questo non sarebbe certo un passaggio vitale nell’excursus educativo di un bimbo.
Scontata la pronuncia dei diretti interessati: l’establishment della holding di giocattoli ha rispedito al mittente le lamentale, dichiarando – attraverso un comunicato della direzione – che l’azienda non ha alcuna intenzione di togliere dagli scaffali, strategicamente pronti per la ressa natalizia, le bambole incriminate. La motivazione? Lo staff bolla come irrilevanti (!) le lamentele, giudicando come “suoni infantili” (!!) le frasi incriminate.
Insomma, a sentir loro, noi cominciamo a interfacciarci linguisticamente col mondo emettendo innocui “suoni infantili” degni d’una bettola da Far West…
Un’altra contraddizione nella grande patria delle contraddizioni, che – qualche tempo fa – aveva sfornato l’ennesima bambola-scandalo, in differenti versioni di sesso ed etnia: il bambolotto studiato per insegnare ad allattare un neonato.
Tale bambola Breast milk baby (il nostro poppante) scatenò la furia delle mamme e delle associazioni che le rappresentano, considerando il giocattolo un aggeggio che avrebbe fatto correre il rischio d’una precoce sessualizzazione alle bambine. In effetti, il gioco era davvero realistico, con allegato un bavaglino con due fori (praticamente i capezzoli) dotati di sensori cui poggiare la bambola, che così iniziava a emettere i tipici rumori d’un neonato nell’atto di succhiare il latte. Dulcis in fundo, se non si riusciva a farle fare il ruttino, ecco arrivare il capriccioso pianto simulato ad arte. L’azienda produttrice, la spagnola Berjuan Toys, non rimase in trincea e contrattaccò convinta – al contrario – della funzione educativa del gioco, adducendo come l’allattamento non fosse direttamente collegabile al sesso.
Al confronto, le bambole-replica dei principi William e Kate – nel giorno delle loro strombazzate nozze – paiono decimante innocue. E pensare che qualcuno, sulla stampa britannica, aveva etichettato i perfettamente agghindati pupazzi dell’azienda Arklu – realizzati da rinomati artisti e designer – come “decisamente inquietanti”!
Certo è che la loro ricercata compostezza da cerimoniale regale poco aveva dell’emozione fresca e spontanea di due, seppur ovviamente tesi, sposini.