Dodi Battaglia è lo storico chitarrista dei Pooh. Impossibile parlare dunque della band cui è oggi dedicata la monografia di Techetechetè senza citare l’apporto fondamentale di un artista poliedrico e raffinato. Forse anche uno dei più affezionati al gruppo, al punto da aver manifestato pubblicamente il proprio dissenso dinanzi alla decisione di sciogliere la band. Ospite qualche tempo fa della trasmissione radiofonica di Rai Radio2 ‘I Lunatici’, condotta da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio, Dodi spiegò: “Io sono entrato nel gruppo nel 1968, quando il chitarrista non se la sentì più di fare la vita del nomade. Io entrai alla tenera età di diciassette anni a far parte del gruppo. I Pooh erano stati creati a Bologna (nel 1966, ndr), a Bologna erano già famosi, già se ne parlava. Poi sono stati cinquant’anni di storia. (…) Scioglimento? Io non sono stato un grande sostenitore di questa scelta, per quanto mi riguarda i musicisti finché c’è il pubblico devono rimanere sul palcoscenico. A meno che uno non abbia una illuminazione e vada a fare il santone in India. I Pooh si sono sciolti perché l’obiettivo era lasciare il palcoscenico quando si era ancora grandi. Per la voglia di chiudere quando si è ancora in cima, di appendere i guantoni al chiodo quando si è ancora campioni del mondo”.



DODI BATTAGLIA: “RIDATECI IL PUBBLICO”

A proposito di palcoscenico, proprio in queste ultime ore Dodi Battaglia è intervenuto sui suoi profili social per chiedere la possibilità di tornare a cantare dal vivo: “Ridateci il pubblico” è la richiesta che tutti noi, lavoratori impegnati nel mondo dello spettacolo, rivolgiamo alle Istituzioni. Tale nostro desiderio è condiviso dal pubblico, da quanti sempre più spesso ci chiedono quando potranno partecipare ad un concerto, assistere ad una rappresentazione teatrale. Nel nostro mondo professionale non esistono solo le arene ed i grandi eventi, ma anche migliaia di teatri, club e feste che sono il cuore della nostra bella Italia, la nostra storia, la nostra capacità di emanare energia viva in ogni angolo del Paese. È un bene comune che ci invidia il mondo intero. Ecco quindi il nostro appello: non dimenticatevi di noi perché abbiamo un valore professionale importante, perché sappiamo infondere nelle persone la capacità di riprendersi la gioia di uno spettacolo dal vivo. Abbiamo dignità professionale e buon senso da vendere, vogliamo regole che siano uguali per tutti e noi saremo in grado di rispettarle con professionalità. Togliere il cordone ombelicale che lega il pubblico a un evento, vuol dire non aver capito la creatività e l’arte che vive e si nutre di palco, quella del nostro Paese. Il nostro mondo ama le persone e il pubblico, noi lo sappiamo e le rispettiamo”.

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