L’economia italiana è in recessione. Il Centro studi di Confindustria prevede per il 2008 un calo del Pil dello 0,1% in «forte contrasto» con l’aumento dell’1,5% conseguito nel 2007. A giugno il Csc aveva stimato una crescita del Pil tra lo 0,1% e lo 0,6%. «E’ la terza fase di recessione dal dopoguerra – commenta il direttore del Csc, Luca Paolazzi – dopo quella del 1975 e del 1993».
Ma una ripresa è possibile nel 2009. «Permangono rischi di debolezza internazionale – sottolinea il Centro studi degli industriali – ma si intravedono primi timidi segni di stabilizzazione che preludono a una svolta. Se confermati, nel 2009 comincerà la ripresa, cui l’Italia ha la possibilità di agganciarsi». Nel prossimo anno il Csc indica nello 0,4% l’incremento del Pil.
Le stime sul Pil del Centro studi di Confindustria si discostano da quelle del Governo che per il 2008 stima una crescita del Pil dello 0,5% e nel 2009 dello 0,9%.
Per la ripresa dell’economia sono «cruciali» alcune riforme strutturali, soprattutto la riforma dei contratti. Lo sottolinea il Centro studi di Confindustria in occasione della presentazione delle previsioni economiche per l’Italia. «Sono cruciali – sottolinea il Csc – il contenuto e la concreta realizzazione delle riforme strutturali che formano l’agenda di politica economica del Governo e del nuovo modello di contrattazione delle retribuzioni. Senza questi interventi si confermerà il divario di crescita di un punto percentuale sperimentato negli ultimi dieci anni».
«La riforma più importante – sottolinea il direttore del Csc, Luca Paolazzi – è quella dei contratti. Si ritiene che il modello del ’93 ha fallito perchè non ha difeso il potere d’acquisto, ma questo non è vero, lo ha favorito ma di poco. Piuttosto non favorisce la crescita delle produttività, quindi la riforma da fare è in direzione della crescita della produttività».
Fra le altre riforme ritenute importanti da Confindustria c’è «la maggiore efficienza della P.A. e una riforma dei servizi pubblici locali. Infatti, dice Paolazzi, sui servizi pubblici locali «l’ultima riforma non è stata per noi sufficiente». Poi c’è il federalismo fiscale e «la riduzione delle aliquote e dell’ evasione fiscale».