«Una volta si chiamava regalo aziendale, oggi si parla di marketing relazionale. Lo si faceva in pochi periodi dell’anno, oggi le operazioni di comunicazione dell’immagine sono diventate più complesse, hanno bisogno di una strategia. Noi abbiamo fatto una scelta forte: ci siamo messi insieme, abbiamo creato un gruppo che va in giro come se fosse un’unica azienda». A raccontarlo è Sergio Allegro, a capo del commerciale di Künzi Spa, azienda specializzata nell’oggettistica promozionale, cioè nella vendita di quegli oggetti che le aziende regalano per veicolare la propria immagine. È così che un Victorinox, il classico coltellino svizzero accessoriato che tutti conosciamo, può andare in giro con su impresso il logo della nostra azienda. Ma lo stesso vale per orologi, cravatte, penne.



Cavadini 1960, Bolaffi, Victorinox, Prodir, Mosconi seterie e un’idea imprenditoriale: quella di presentarsi insieme sul mercato, mettendo insieme il portafoglio clienti e dividendo i costi. «Non abbiamo fatto una società che gestisce cinque marchi, ma un’aggregazione commerciale e di comunicazione. Lo spunto è venuto a me. L’idea – racconta Allegro – l’avevo già avuta nel 2002, quando ho aggregato aziende svizzere nella Camera di commercio elvetica. Sì, sono recidivo. L’ho riproposta ai colleghi, abbiamo superato perplessità e diffidenze e ora lavoriamo insieme».



Chi siete e cosa fate?

Victorinox è svizzera ed è un brand ormai internazionale. Künzi, l’azienda italiana che opera con il marchio,  è italiana ed esiste dal 1936. Cavadini è una storica azienda costruttrice di orologi, Mosconi fa cravatte, foulard e sciarpe, Bolaffi è attiva da più di un secolo nel settore del collezionismo e Prodir è una casa svizzera che produce articoli da scrittura come penne e agende personalizzabili. Tutti e cinque operiamo nello stesso mercato. La più grande è Bolaffi, con un centinaio di dipendenti. Cavadini e Mosconi sono aziende piccole, in cui prevale la dimensione artigianale e sono ciascuna sui dieci dipendenti, mentre Künzi ne ha circa quaranta.



Chi si rivolge a voi?

Piccole, medie e grandi aziende che acquistano prodotti per scopi promo-pubblicitari, per fare il lancio di un prodotto, far conoscere il brand, fare una campagna di incentivazione. Ci chiedono un prodotto che porti il marchio dell’azienda. Per questo deve essere resistente, bello, di qualità. Quando il cliente viene da noi ci spiega quali risultati in termini di marketing vorrebbe conseguire e noi facciamo una consulenza personalizzata.

È stato lei ad avere l’idea di lavorare insieme. Com’è avvenuto?

Operando nello stesso settore, ci conoscevamo e questo ha fatto sì che prima di tutto si creasse un solido rapporto personale. Col tempo siamo diventati amici. Ci confrontiamo, facciamo network per le informazioni che riguardano il mercato. Finché un giorno arriviamo alla conclusione che le fiere di settore non ci bastano, che avremmo bisogno di qualcosa in più. Abbiamo prodotti di alta qualità che mediamente costano più degli altri, il cliente deve poterli vedere e toccare, apprezzarli per il loro pregio. E noi dobbiamo poterli spiegare. Da qui è nata l’idea di un roving show, una fiera itinerante tutta nostra con la quale mettiamo insieme il nostro portafoglio clienti. E che si è rivelata lo strumento migliore per trovarne di nuovi.

Non avete creato però una nuova società.

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No, ognuno rimane come azienda a se stante ma insieme facciamo un gruppo che va in giro e si fa vedere come se fosse un’unica azienda. Questo ci permette di affrontare il mercato in cinque anziché da soli. I nostri prodotti non sono in concorrenza, nelle aziende possono venire usati a volte da soli a volte insieme. Il nostro piccolo vanto è quello di aver saputo andare oltre la gelosia tipicamente italiana del proprio parco clienti. Anche adesso stiamo operando in gruppo, in uno scambio quotidiano di favori reciproci e di informazioni.

 

Che salto richiede, che maturazione aziendale?

 

Serve una visione un po’ più aperta di quella con la quale noi italiani facciamo impresa. Se nel mio piccolo orto cresco dei tulipani, può darsi che intorno a me senza saperlo io abbia un prato molto più grande che non vedo ma che posso coltivare anch’esso a tulipani. E al mio vicino può giovare il mio campo.

 

Che peso ha avuto la crisi nel determinare questa scelta?

 

Direi piuttosto che una scelta come la nostra si sta rivelando azzeccata proprio in un momento come questo. Siamo piccoli, abbiamo tempi di gestione limitati. Se un giorno sei a Bologna non sei a Milano: per una grande azienda il problema non si pone, ci va qualcun altro. Ma se sei piccolo è diverso e le energie si disperdono in un attimo. Promotour è il nostro evento-esposizione itinerante, una piccola fiera solo nostra che facciamo in una location prestabilita: un hotel, per esempio. Siamo stati a Firenze, a Viareggio, a metà ottobre saremo a Parma. Se ognuno di noi porta cinque clienti vuol dire che grazie agli altri ha la possibilità di conoscere venti clienti nuovi. Non è detto che poi si realizzi, ma intanto è un’opportunità che non c’era.

 

Torniamo alla crisi. Per la comunicazione aziendale dev’essere un momento molto difficile, è una delle prime voci di budget a essere tagliata. Qual è la sua impressione?

 

È vero. Da ottobre dell’anno scorso c’è sicuramente una contrazione nelle vendite sia nei nostri canali che nei canali di pubblicità, che sono tagliati come prime voci. Il mio, ovviamente, è un parere del tutto interessato, ma se tagli la comunicazione tagli la visibilità e le relazioni. Capisco che le aziende in questa fase siano di fronte a gravi difficoltà: il mantenimento dei posti di lavoro, il calo degli ordinativi. La situazione peggiore è quella di chi è piccolo e sbilanciato e con pochi clienti. Io giro molto e vedo gente che vuole reagire e questo è importante. In crisi non agire equivale a sprofondare.

 

Voi, per cominciare, una risposta l’avete data.

 

Abbiamo il vantaggio non indifferente di ridurre i costi: i 4mila euro che dovrei sostenere da solo per una fiera, in quattro diventano mille a testa. Ma innanzitutto crisi per noi ha voluto dire puntare su un nuovo strumento di conoscenza e la fiera itinerante risponde a questo obiettivo. Se ad un evento oltre a me porto un mio partner questo vuol dire più opportunità non solo per lui ma anche per il cliente, che ha più scelta.

 

Quali obiettivi vi siete posti?

 

I riscontri positivi in termini di fatturato ci sono e quindi il sistema funziona. Lo hanno capito anche altri perché abbiamo nuove richieste di aggregazione: guardano quello che facciamo e ci chiedono di poter entrare. Ora guardiamo ad una possibile evoluzione del Promotour: ci piacerebbe aggregare altre aziende italiane del nostro settore e portarle all’estero.

 

 

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