Il recente terremoto che ha colpito l’Aquila e dintorni ha aggravato la già difficile situazione lavorativa del capoluogo di regione. L’Aquila negli ultimi 10 anni ha perso una enormità di posti di lavoro soprattutto nel comparto tecnologico/elettronico (a carico di Italtel ed Alenia in particolare).
Come una azienda come Italtel (6000 dipendenti nel massimo fulgore) possa crollare in un periodo di pieno sviluppo delle telecomunicazioni la dice lunga sulla reale competitività di una società nata sull’onda delle partecipazioni statali, con commesse obbligate a Telecom ed investimenti in ricerca di pura facciata.
Non appena la dipendenza di Telecom dalle commesse Italtel è terminata con la privatizzazione di Telecom, il pachiderma aquilano non ha retto la concorrenza delle società internazionali che ricerca ed innovazione le avevano fatte per davvero.
Così L’Aquila si è ritrovata ad essere una città a vocazione prevalentemente statale, commerciale ed universitaria con la maggior parte della forza lavoro assorbita nelle strutture pubbliche.
Uniche eccezioni il comparto edilizio (sic!) ed il polo farmaceutico che ha visto negli anni 80/90 crescere a L’Aquila realtà di avanguardia quali Dompé, Aventis e Menarini.
Il terremoto trova quindi una situazione già gravemente sbilanciata verso l’impiego pubblico.
Il dopo terremoto sarà devastante per l’università e per l’indotto che l’università ha generato in questi anni: a L’Aquila vivono 60.000 abitanti e gli studenti erano circa 20.000. Ci si aspetta, infatti, una decisa e significativa riduzione del numero di studenti nei prossimi anni con ripercussioni drammatiche sia sulla sopravvivenza dell’ Università sia sulle attività di servizio e commerciali che fondavano la loro sussistenza proprio sulla presenza degli studenti fuorisede.
L’impiego pubblico non rappresenterà certo una alternativa praticabile per il futuro in quanto le nuove direttive sulla spesa pubblica tendenzialmente ridurranno i posti di lavoro o comunque non li aumenteranno.
E’ quindi necessario che si investa nelle attività produttive e sul turismo.
E’assolutamente prioritario che le poche realtà produttive presenti ad oggi sul territorio ripartano rapidamente e che, nel contempo, se ne sviluppino di nuove anche in virtù degli aiuti che certamente saranno destinati alle zone colpite.
Un esempio tra tutte è l’azienda (comparto farmaceutico) dove sono attualmente impiegato; il terremoto ha prodotto danni ingenti di ammontare superiore ai 10 milioni di euro, a testimonianza di come il terremoto del 6 Aprile sia stato distruttivo. Le attività per ripartire nel più breve tempo possibile sono iniziate nei giorni immediatamente seguenti il sisma e si concluderanno non prima della fine del mese.
C’è la volontà di ripartire ma anche di sfruttare la circostanza negativa del terremoto per progettare uno sviluppo ulteriore che generi valore per l’azienda e per la filiera ad essa collegata.
Per ripartire, per sperare contro l’impossibile è necessario che l’idea stessa di lavoro che troppe volte viene vista, in contesti come quello aquilano, come semplice ricerca di un impiego, si trasformi in un idea di lavoro come “impresa”.
E questo vale sia per l’imprenditore che per l’ultimo dei dipendenti Ridare il suo vero significato al lavoro; riscoprire il significato del lavoro che nasce da un modo nuovo di affrontare la realtà che ci circonda e da una rinnovata stima della realtà in ogni suo aspetto.
Per fare questo, però, servono testimoni e questo è prima di tutto un compito che noi cristiani non possiamo esimerci dal dare anche in campo lavorativo.
(Marco Gentile)