Se ne sta per andare anche luglio, un mese importante per Alitalia. Il trimestre estivo è infatti quello che fa registrare più passeggeri nel settore aereo ed è quindi quello che offre più possibilità di ricavi, cosa di cui Cai avrebbe bisogno. Ma, come ci spiega Stefano Paleari, direttore scientifico dell’Iccsai (International center for competitiveness studies in the aviation industry), non bisogna farsi troppe illusioni: già il mese di giugno non sembra aver aiutato la nuova compagnia.
Professor Paleari, qual è l’attuale situazione di Alitalia?
Alitalia si trova in un contesto che è forse il peggiore possibile. Da un lato il monopolio sulla tratta Milano-Roma è condizionato dalla competizione con il treno. Dall’altro lato le condizioni macroeconomiche sono estremamente negative. In questo quadro, per i passeggeri vince il prezzo rispetto alla comodità.
In questo senso Alitalia ha già operato un taglio delle proprie tariffe. Sul CorrierEconomia del 15 giugno si leggeva che potrebbe lanciare una sfida alle compagnie low cost…
Questo è impossibile. Oggi giorno non basta immaginare una struttura o un modello low cost per fare competizione a giganti come Easyjet e Ryanair. Queste hanno ormai raggiunto una massa critica di passeggeri inimmaginabile per le altre compagnie. Ci sono effetti di scala sui costi di gestione che senza un tale massa critica non si possono avere.
Non basta quindi decidere di avere tariffe basse, operare su aeroporti minori, aumentare la produttività del personale, sfruttare meglio gli aeromobili, ecc. Bisogna essere anche grandi e pervasivi, in modo da non dover, per esempio, risentire di un’eventuale calo di passeggeri su alcune tratte. E il caso Myair è lì a dimostrare che è davvero difficile competere in questo settore.
Il periodo estivo può aiutare Alitalia a migliorare la sua situazione?
È vero che durante l’estate ci sono più passeggeri, ma questo sta principalmente andando a beneficio dei vettori low cost.. Già il mese di giugno ha favorito gli aeroporti dove Alitalia ha un peso limitato. Faccio due esempi: Ciampino ha registrato un aumento di passeggeri dello 0,1%, mentre Fiumicino, nuova “base” di Alitalia, ha perso il 12%; allo stesso modo l’altro scalo della nuova compagnia, Linate, ha perso il 14% dei passeggeri, mentre Malpensa “solo” il 3,7%. Ho quindi i miei dubbi sul fatto che il periodo estivo per Alitalia sarà significativamente migliore di quello precedente.
Ha citato alcuni dati relativi ai passeggeri trasportati negli aeroporti italiani. Ve ne sono altri che possono essere interessanti?
Il calo dei passeggeri nel periodo gennaio-giugno è stato del 7,6% (5,4% solo a giugno), con interessantissime differenziazioni. Per esempio Bari, Bergamo e Bologna, che sono aeroporti di una certa dimensione (dai 3,5 ai 7 milioni di passeggeri), crescono del 5-6%. Si tratta di aeroporti che hanno un insediamento low cost, e i passeggeri aumentano perché chi vola (anche le aziende) è in questo momento di crisi più attento a contenere i costi. Gli aeroporti che invece rappresentavano i satelliti della compagnia di riferimento, come Firenze, Genova e Torino, segnano perdite superiori al 10%.
Questo vuol dire che gli aeroporti che si sono emancipati dalla compagnia di riferimento crescono, mentre gli aeroporti più vicini al modello di hub and spoke legato a una compagnia di riferimento vengono trascinati in basso.
Data questa situazione, la sopravvivenza di Alitalia è già a rischio?
Volendo essere pragmatici, Alitalia sopravviverà finché potrà permettersi di lavorare in perdita. È vero che, secondo le dichiarazioni pubbliche, il piano industriale prevede di raggiungere il breakeven dopo un certo periodo di tempo. Ma se nel frattempo le condizioni di contorno cambiano, c’è da chiedersi se quel periodo si stia allontanando sempre di più.
Secondo me, è in atto un processo di straordinaria trasformazione nell’ambito dei vettori e Alitalia è un player regionale del gruppo Air France, che, a sua volta, come altri vettori, non attraversa un buon periodo. Infatti, quando si ha un modello di business dove i costi fissi sono molto elevati, un calo dei passeggeri del 10-15% può creare situazioni di crisi.
Ha parlato di una trasformazione in atto nel settore del trasporto aereo. Di che cosa si tratta?
Il mercato sta evolvendo e la concentrazione sarà più forte. Ciò che vediamo in atto nel settore delle auto, lo vedremo presto in quello aereo. Oggi nel mondo c’è un eccesso di capacità produttiva, anche nel settore aereo. Basti pensare che il 10% della capacità produttiva negli Usa è al momento a terra. Di fronte a un mercato massificato il problema è che i vari player regionali (compresa Alitalia) rischiano di essere fagocitati dai grandi gruppi o di sparire.
Vi ricordate l’Alfa Romeo di Arese? Ora è un marchio che è stato acquisito dalla Fiat, come altri. La Fiat però da sola non bastava e ha dovuto fare un’alleanza come quella con Chrysler. E probabilmente dovrà fare altre mosse per restare sul mercato. Il futuro del trasporto aereo sarà molto simile.