Le tasse italiane nel mirino di Bankitalia. Troppe. E troppo alte. Secondo il direttore della ricerca economica della Banca d’Italia, Daniele Franco, la pressione fiscale italiane è elevatissima, sia in riferimento alla media storica, sia rispetto a quella degli altri Paesi della Comunità internazionale. E, come se non bastasse, è destinata ad aumentare ulteriormente nel corso dei successivi tre anni. In particolare, a gravare sul carico fiscale, saranno gli effetti della misure contenute nella manovra finanziaria di agosto, volta ad incrementare in maniera permanente le entrate dello Stato.
Al centro della riflessione di Franco, in audizione a Palazzo Madama, vi è un’ipotesi fino a poco tempo fa impensabile. Ovvero la reintroduzione dell’imposta sulla casa, la famigerata Ici tolta dal governo Berlusconi. Secondo Palazzo Koch sarebbe doveroso porsi il problema se contemplare o meno la prima casa come uno degli immobili sui quali si possono applicare le imposte. L’esenzione dalla tassa sulla prima abitazione di proprietà, ha sottolineato, è un’anomalia – in ambito internazionale – più unica che rara. Gli effetti di una tale difformità fiscale potrebbero far sì che gli studi professionali, gli esercizi commerciali e i proprietari di secondo case, rischino di trovarsi maggiormente esposti all’ipotesi di trasferimento di gran parte del carico dell’imposta. Franco ha, inoltre, rilevato, come la pressione fiscale, nel 2010, sia stata decisamente superiore a quella degli altri Paesi europei. Tre punti, in media, in più rispetto a quelli della zona euro, 5,5 rispetto alla Gran Bretagna. Il divario, in particolare, si è inaugurato nel 2006. «per effetto principalmente di misure discrezionali». La tassazione, «nel 2008-09 é rimasta stabile intorno al 43 per cento. Nel 2010 è leggermente scesa (al 42,6 per cento) per il venire meno di alcune entrate straordinarie in conto capitale; resta prossima ai livelli massimi del dopoguerra». Tra le misure per tornare, a regime, a livelli accettabili, ha indicato, come prioritaria, la lotta all’evasione fiscale. Che sortirebbe anche un altro effetto, di importanza tutt’altro che secondaria.
«Tale azione accresce la plausibilità di una riduzione – in prospettiva – dell’elevato carico fiscale sui contribuenti onesti, rafforzando gli incentivi al lavoro e al fare impresa», ha spiegato, sottolineando come, una volta che i conti pubblici saranno assestati, sarà allora necessario utilizzare i proventi della lotta al’evasione per ridurre le aliquote, e non per finanziare magiori spese.