Il ricco e il povero insieme, grazie a Mario Monti; in piena condivisione dello stesso timore, paventano gli effetti nocivi della modifica all’architettura fiscale in materia di bolli. Entrambi sospettano, in sostanza, l’ennesima stangata. I cambiamenti alla normativa vigente, contenuti nella manovra, di per sé non rendono espliciti gli esiti che si riverseranno nelle loro tasche. Occorre interpretarli. «Si tratta di una serie di misure, in parte apparentemente contraddittorie; ispirate, tutto sommato, da un principio di equità», afferma, quindi, raggiunto da ilSussidiario.net, Marco Di Antonio, ordinario di Economia presso l’Università di Genova. Vediamo, intanto, in cosa consistono le principali misure messe a punto dall’esecutivo: anzitutto, le società pagheranno sui conti correnti un bollo aumentato a 100 euro (prima era di 73,8); su quelli ordinari dei privati rimane, invece, l’imposta di 34,20 euro, ma con l’esenzione per gli importi di giacenza media inferiore a 5.000 euro; l’imposta di bollo sui prodotti finanziari (dossier titoli, polizze assicurative, gestioni patrimoniali, ecc.) corrisponderà allo 0,1% del proprio portafoglio titoli per il 2012 e allo 0,15% per il 2013 (prima il sistema era a scaglioni; ora è proporzionale); il tetto massimo dei 1.200 euro, infine, sparisce. «La contraddittorietà – continua Di Antonio – consiste nel fatto che sembra si voglia agevolare alcune categorie (piccoli risparmiatori e correntisti) e penalizzarne altre (le imprese)».

Vi è, tuttavia, una logica di fondo unitaria: «L’impressione, per quanto riguarda il portafoglio titoli, è che si intenda innalzare la tassazione per le cifre molte alte, incidendo di più sui patrimoni elevati, e penalizzare meno, rispetto al regime sinora in vigore, quelli più bassi». Il fatto che sia stata introdotta la proporzionalità non deve trarre in inganno: «Prima, infatti, con gli scaglioni, oltre una certa cifra, si pagava sempre e comunque 1.200 euro. Di conseguenza, da un lato, sopra una certa soglia, i ricchi e i “super-ricchi” non venivano tassati in base alla propria effettiva ricchezza; dall’altro, per i risparmiatori medio-piccoli, una differenza minima poteva tradursi in uno scatto di scaglione, con un esborso decisamente superiore allo scaglione precedente». Va da sé che, in maniera più o meno indiretta, si tratta dell’introduzione della famigerata patrimoniale. «Se è per questo, anche il bollo di prima poteva assimilarsi a una patrimoniale. La differenza è che adesso è improntata all’equità», fa presente.

L’esenzione sotto i 5mila euro, infine, merita un capitolo a sé. Secondo Di Antonio «si potrebbe – ma con una certa forzatura – ipotizzare che l’obiettivo di tale agevolazione sia quello di favorire una riduzione delle giacenze sul conto corrente, incentivandone l’utilizzo esclusivamente come strumento di pagamento e non di investimento; un famiglia media, infatti, potrebbe essere invogliata a trasferire la parte eccedente i 5mila euro laddove, magari, possiede dei titoli di Stato».