Il D.Lgs approvato ieri dal Consiglio dei Ministri sulle energie rinnovabili, e sul fotovoltaico in particolare, sembra confermare il caso che qualche volta si legifera senza tener bene in conto di tutti gli effetti che si producono.

Eliminando il tetto degli 8.000 MW che probabilmente sarebbe stato raggiunto già quest’anno anziché nel 2020, ma limitando l’applicazione del regime degli incentivi agli impianti allacciati alla rete elettrica entro il prossimo 31 maggio, di fatto si crea un pericoloso e prevedibile blocco delle attività degli operatori del settore e si compromettono gli investimenti in corso.



Infatti, il testo del D.Lgs rimanda a un successivo Decreto, da emanare entro il 30 aprile, la definizione dei nuovi incentivi alla produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici a partire dal 1° giugno prossimo, sia per quanto riguarda il limite annuale di potenza installata, che per la quantificazione delle tariffe incentivanti differenziate per tipologia di impianto e di area. Senza prevedere nessun periodo “cuscinetto” (come precedentemente previsto dal 3° Conto Energia) per le attività già in corso d’opera. E, di fatto, mandando al macero un regime, proprio il 3° Conto Energia, adottato nell’agosto 2010, entrato in vigore il 1° gennaio 2011 e previsto fino a tutto il 2013.



In questo modo si rasenta con evidenza la modifica retroattiva di regimi di incentivazione, regolarmente sanzionata come illegittima dal Consiglio di Stato. Ma, di fatto, si tende a compromettere gli investimenti in corso, si tendono a fermare i lavori degli impianti in costruzione e il possibile congelamento dei finanziamenti bancari.

Sembra debole, tra l’altro, la motivazione espressa dal Ministro Romani in un’intervista apparsa oggi su un noto quotidiano, quando spiega che con questo Decreto “i nostri tecnici stimano che nel fotovoltaico si potrà evitare un impatto aggiuntivo di 2 miliardi di euro all’anno”. In una situazione generale ancora di grave crisi, non solo economica ma anche energetica, di cui ancora purtroppo non si conoscono i possibili sviluppi (vedi la situazione libica e più in generale del Nord Africa e, comunque, per l’Italia di grande dipendenza dall’estero) dire oggi che si evitano costi economici è quantomeno azzardato.



 

Né si può fare appello ai 20 miliardi di euro che costerebbero negli anni gli incentivi per le rinnovabili, quando nel nostro Paese è ancora sotto gli occhi di tutti il cosiddetto provvedimento Cip 6, che dal 1992 fissò gli incentivi per le energie rinnovabili, ma che con l’aggiunta delle due famose parole “e assimilabili” ha concesso un incentivo pluridecennale anche per l’energia elettrica prodotta in qualsiasi modo e ha di fatto arricchito in questi anni tutta una serie di grandi aziende di livello nazionale (i cui nomi sono noti) a spese dei consumatori e delle famiglie. Per una cifra pari, come dicono gli esperti, a circa 40 miliardi di euro.

 

In ogni caso dal D.Lgs, così come licenziato dal CdM, emergono degli evidenti rilievi di incostituzionalità che confermano quanto detto all’inizio: retroattività, violazione del principio di affidamento, disparità di trattamento, Chiediamo al Ministro Romani che ponga particolare attenzione al fotovoltaico diffuso residenziale, che non solo è da incentivare ma che occorre promuovere in quanto contribuisce a migliorare l’efficienza energetica e l’autoproduzione di energia elettrica per la propria casa. Certo, occorrerà essere vigili e attenti, ma senza correre il rischio di gettare il bambino assieme all’acqua sporca.

A mio parere, è giusto porre delle limitazioni ai grandi impianti a terra, che in alcune regioni hanno avuto un impatto troppo marcato e invasivo nell’utilizzo, in certi casi troppo indiscriminato, dei terreni agricoli. Ma salvaguardando sempre lo stato di diritto a cui tutti, e in primis lo Stato, debbono attenersi: la non retroattività e il principio di affidabilità sono cardini che devono tutelare l’iniziativa economica privata, altrimenti ci si pone in contrasto con l’art. 41 della Costituzione che questa libera iniziativa tutela.

 

Occorre dunque che il nuovo intervento legislativo sia promulgato al più presto, possibilmente entro il mese di marzo e per questo basterebbe integrare il D.Lgs di ieri rimandando la rimodulazione degli incentivi agli allacci effettuati dopo il prossimo 31 dicembre: intervento questo che sarebbe da tutti apprezzato, in quanto eliminerebbe le incertezze per chi deve fare gli investimenti ed evitando così il blocco del settore fotovoltaico.

 

Nella definizione dei nuovi incentivi si dovrà tener presente, a mio parere, che il costo a KW di un impianto residenziale da 3 a 20 KW è circa il doppio di un impianto da 1.000 KW. Sarebbe giusto dunque non variare gli incentivi almeno per questi piccoli impianti residenziali, ma operare riduzioni su taglie superiori: questo permetterebbe al Governo di centrare anche i suoi obiettivi di riduzione del costo complessivo, a vantaggio, però, delle famiglie italiane.

 

(Mario Saporiti, Presidente ENER20 S.p.A.)

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