Giorgio Squinzi, presidente degli industriali, è intervenuto al convegno dei giovani di Confindustria a Santa Margherita Ligure per denunciare la drammatica situazione e chiedere al governo uno scatto di reni. Lo ha fatto, anzitutto, facendo presente che il momento della analisi è finito e che non si potrà ulteriormente procrastinare la messa in campo di tutte quelle misure necessarie per rilanciare il tessuto imprenditoriale del Paese. In tal senso, ha rimarcato come di fronte a questa crisi mai vista dai tempi del Dopoguerra, è fondamentale concentrarsi, anzitutto, sui connotati del fisco; renderlo equo, trasparente e certo, per Squinzi, rappresenta la «la madre di tutte le riforme è la semplificazione». In questa fase, inoltre, sarà necessario compiere uno sforzo ulteriore per salvare l’imprenditoria messa a repentaglio dal sisma che ha devastato alcune zone dell’Emilia Romagna. Sono ben 500 le aziende ferme e 13mila, ha spiegato, i posti di lavoro attualmente a rischio. Se a questo si aggiunge il fatto che, poco prima, il presidente dei giovani imprenditori Jacopo Morelli, aveva lanciato l’allarme sulle 42 aziende che ogni giorno chiudono, si capisce perché Squinzi abbia deciso di lasciare da parte le polemiche. Ha fatto, infatti, presente che, dato il momento di estremamente grave, non resta altro da fare che sostenere il governo. Tali affermazioni rappresentano anche una replica al presidente del Consiglio che, il giorno prima, si era lamentato del fatto di aver perso l’appoggio dei cosiddetti poteri forti. Poco prima, una ricerca del dei giovani del sindacato degli industriali, in collaborazione con il Centro studi dell’associazione, aveva aggiunto altra carne al fuoco, per mettere l’accento sulle difficoltà del momento. Secondo la ricerca, infatti, su 13 milioni di giovani sotto i 35 anni, ben 9 milioni vivono ancora a casa con i genitori, mentre solamente 2 milioni hanno dei figli. Non solo: a tre anni dalla laurea, più di un quarto è senza lavoro mentre lo stipendio medio degli under 35 è di 1123 euro, mentre per le donne di scende a quota 1000. Alla proverbiale difficoltà ad accedere al mercato del lavoro, si aggiunge il fatto che ben il 43% dei laureati vi riesce grazie a conoscenze o ai parenti.
Solamente il 3% trova lavoro grazie all’università che ha frequentato, mentre, sempre tra chi ha meno di 35 anni, solamente il 2,3% ha assunto cariche dirigenziali, il 3,8% è un libero professionista e lo ,5% imprenditore.