In questa situazione drammatica, io non ho parlato di esuberi, non ho proposto chiusure di stabilimenti, non ho mai detto che voglio andar via. Le assicuro che ci vuole una responsabilità molto elevata per fare queste scelte oggi”. Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat, ha replicato così alle critiche ricevute nei giorni scorsi con un’intervista rilasciata a Repubblica. A stretto giro la risposta del premier Mario Monti, che ha telefonato al manager convocandolo a Palazzo Chigi. Ilsussidiario.net ha chiesto ad Aldo Enrietti, professore di Economia industriale all’Università di Torino, di commentare queste dichiarazioni.



Che cosa ne pensa del modo in cui Marchionne ha deciso di rispondere alle polemiche?

Quella rilasciata da Marchionne a Repubblica è un’intervista a dir poco anomala. Sulla Fiat si è andata accumulando una situazione di tensione, in particolare dopo le dichiarazioni di chiusura del piano Fabbrica Italia con tutto ciò che ne è conseguito. Nelle dichiarazioni dell’amministratore delegato di Fiat ci sono delle rassicurazioni, che sarebbe stato più sensato fare di fronte a un ministro del governo e non a Ezio Mauro.



Quanto meno Marchionne mette un punto fermo: “La Fiat resterà in Italia”.

Eppure, nella sua intervista al Corriere del 24 febbraio scorso, l’ad di Fiat aveva affermato che c’era l’ipotesi di dovere chiudere due stabilimenti. Ora l’ipotesi è scongiurata, ma ciò poteva essere fatto in una cornice più ufficiale.

Più in generale, che cosa ne pensa della politica industriale delineata dall’ad di Fiat?

Marchionne ribadisce una strategia molto attenta ai risultati di bilancio, che fa gli utili dove ciò è possibile, cioè all’estero, per coprire le perdite registrate in Italia. In passato prima di Marchionne il Brasile manteneva in vita Fiat Auto, oggi si sono aggiunti gli Stati Uniti. Questa è una presa d’atto della realtà, in base a cui le perdite che si conseguono in Europa sono compatibili con la tenuta dei bilanci perché l’azienda non è più Fiat ma Fiat-Chrysler. Ci si potrebbe chiedere che cosa sarebbe accaduto se Fiat non avesse avuto le entrate di Chrysler.



Come valuta le spiegazioni dei motivi per cui Fiat non investe in Italia?

Marchionne ha dichiarato che non investe perché ciò non sarebbe redditizio, e aspetta di poter avere un ritorno per i costi fissi che non sarebbero coperti. Cita anche il caso di General Motors, che in un decennio ha investito 12 miliardi di dollari su Opel per rinnovare la gamma, ma i suoi risultati sono stati peggiori di Fiat. In tutto ciò ci sono degli elementi contrastanti.

In che senso?

Ci sono delle affermazioni che avrebbero dovuto essere meglio qualificate. Negli stabilimenti Fiat si sono tenuti dei referendum nei quali la linea Marchionne è risultata vincente, e la legge sul lavoro è stata modificata. Bisognerebbe quindi capire che cosa intende l’ad di Fiat quando afferma: “Io mi impegno, ma non posso farlo da solo, c’è bisogno dell’impegno dell’Italia”. Secondo l’ad, quali sono le contropartite che l’Italia può mettere sul banco per associarsi all’impegno di Fiat? Vanno modificate ulteriormente le relazioni industriali, o realizzata una politica industriale attiva?

Secondo i dati Acea intanto, il mercato dell’auto europeo in agosto ha perso l’8,9% rispetto allo stesso mese del 2011 …

E’ un dato che riflette la situazione macroeconomica. Il quadro è negativo ovunque, forse in Germania è un po’ più roseo, ma anche per quanto riguarda i tedeschi dovremo vedere come saranno messi tra qualche mese. Con una fascia sempre più ampia della popolazione che non ha reddito o è in cassa integrazione, la disoccupazione è in aumento e non ci sono prospettive positive per il futuro, non si capisce perché si dovrebbero acquistare auto che sono un prodotto rinviabile nel tempo. Quello del consumatore che non compra è quindi un comportamento razionale.

Senza consumi è difficile che l’economia possa ripartire …

Non siamo più nella prima motorizzazione degli anni ’60. Se io ho un’auto che va bene, posso tenerla tranquillamente anche per 15 anni di seguito. Questi risultati però manifestano una situazione macroeconomica più o meno differenziata tra i Paesi. Ovviamente è difficile per l’Italia, ma lo è a maggior ragione in Grecia.

Come si spiega che in Spagna e Regno Unito il mercato dell’auto stia andando meglio che in Germania?

La Germania ha tirato molto nel passato, prima o poi dovrà rifiatare, e anche le sue prospettive di Pil non sono più le stesse dell’anno scorso. Una parte consistente del Prodotto interno lordo tedesco è dato dall’export, e non è detto che continuerà a crescere come in passato. I dati sul mercato automobilistico andrebbero quindi inseriti in un contesto macroeconomico e in un arco temporale di più ampio respiro.

 

(Pietro Vernizzi)