I discorsi di Renzi sono carichi di emotività e densi di suggestione, indubbiamente. Solo che se uno cerca di capire quali potrebbero essere le sue ricette per uscire dalla crisi e rilanciare l’economia, nel caso diventasse segretario del Pd e, in seguito, premier, si troverebbe in grade difficoltà. Abbiamo cercato, in parte, di fare chiarezza con Yoram Gutgeld, deputato renziano considerato l’economista di fiducia del sindaco di Firenze.
Qual è la ricetta di Renzi per uscire dalla crisi?
Ci tengo a precisare che non posso di certo parlare a nome suo. Di certo, ho collaborato, nel corso delle primarie dell’anno scorso, alla stesura della parte economica del suo programma; inoltre, con il sindaco di Firenze, siamo abituati a confrontarci e, molto spesso, sulle questioni economiche siamo in sintonia. Detto questo, va fatta una altra premessa.
Ci dica.
Quest’anno, le primarie non sono per la candidatura a presidente del Consiglio, ma per la guida del Pd. Di conseguenza, un vero e proprio programma economico di Renzi non c’è.
Quale sarebbe la ricetta economica per uscire dalla crisi?
Anzitutto, introdurrei una serie di misure che non comportano spostamenti di risorse, ma sarebbero a gratis. A partire da un’estrema semplificazione burocratica. Ci sono aziende che, prima di poter intraprendere la propria attività, devono ottenere diverse migliaia di autorizzazioni. E non sto di certo parlando di altiforni o di grandi industrie, ma di piccole e medie imprese. Abbiamo, quindi, un sistema di norme e procedure che, unito alla lungaggini della giustizia civile, disincentivano gli investimenti, non solo stranieri ma anche italiani. Altra misura che non comporterebbe esborsi da parte dello Stato, è la regolamentazione dei servizi.
Cosa intende?
Il nostro deficit di competitività con la Germania dipende, fondamentalmente, dal fatto che da dieci anni abbiamo un punto in più di inflazione quasi completamente legata ai servizi: assicurazioni auto, energia, trasporti locali, servizi finanziari, autostrade e via dicendo. In tutti questi settori, la regolamentazione è compito dallo Stato, ed è finalizzata quasi esclusivamente al salvaguardare gli interessi delle corporazioni piuttosto che a tenere i costi bassi. Tutto ciò pesa sui costi per le imprese, per il lavoro e per le famiglie. Altra iniziativa fondamentale, è un lotta all’evasione fiscale reale, dalla quale sono recuperabile circa 30 miliardi di euro ogni 2-3 anni. In tal senso, occorre rendere impossibile evadere in partenza, rendendo, per esempio, tutte le transazioni e le fatturazioni tracciabili. Sarà necessario, inoltre, tagliare la spesa pubblica. Non è tanto importante dove, ma come.
Ecco, come?
Un commissario straordinario, al limite può facilitare il compito. Tuttavia, dovranno essere gli alti funzionari dei singoli ministeri a tagliare i costi. Da questo punto di vita, è indubbio che dei meccanismi premiali potrebbero rendere più semplice l’operazione. Tuttavia, la responsabilità di promuovere l’iniziativa e di indicare gli obiettivi dovrà essere in capo al presidente del Consiglio. Come in tutti gli altri Paesi avanzati del mondo.
Renzi, se diventa premier, assumerà questa prospettiva?
Per quello che lo conosco, direi proprio di sì. Si tratta di un visione in linea con il suo carattere e le sue idee. Come quella di utilizzare parte dei 70 miliardi di sussidi alle imprese (che andrebbero completamente riallocati, considerando la loro palese inefficacia), costituendo un fondo di garanzia per lo sblocco del credito alle piccole e medie imprese. Basti pensare che un fondo da 10 miliardi sbloccherebbe circa 100 miliardi di risorse.
Dica la verità, di tutto ciò che ci ha detto, in che misura è condiviso da Renzi?
Tutto quello che le ho detto, è quanto è contenuto nel primo programma di Renzi e, in parte, ciò che Renzi ha detto all’ultima Leopolda.
Se Renzi diventa, invece, segretario del Pd, su cosa puntellerete il governo?
Credo che la priorità consista nel modificare la legge sul lavoro. E non mi riferisco tanto alla legge Fornero, quanto ad una legislazione mastodontica, frutto di 40 anni di accumulo di codici e normative che ha reso pressoché impossibile districarsi nella materia a qualsiasi giudice o avvocato. Al contempo, credo che andrebbe rispolverata l’idea di assicurare un contratto a tempo indeterminato che assicuri maggiori sicurezze con il passare del tempo e che non renda necessario il ricorso ad un giudice in caso di licenziamento.
(Paolo Nessi)