Poi non dite che essere europei non è una cosa meravigliosa. In quale altro angolo di mondo, dopo che il Parlamento cipriota ha fatto una sonora pernacchia al piano di prelievo forzoso sui conti correnti imposto dall’Eurogruppo, i mercati festeggiano? Solo qui! E sapete perché festeggiano? Semplice, perché il dimissionario (almeno nelle sue intenzioni, ma il presidente della Repubblica le ha respinte) ministro delle Finanze cipriota, Michael Sarris, ha fatto intendere chiaramente che a risolvere la situazione ci penserà la Russia, con cui sono già attivi contatti ai massimi livelli per l’acquisto della banca Laiki, atto che abbasserebbe di 4 miliardi di euro le necessità delle Stato cipriota. Quindi, chissenefrega se il sistema finanziario cipriota pesa cinque volte il Pil del Paese, chissenefrega se le banche non riapriranno nemmeno domani, chissenefrega se martedì, alla faccia del pericolo contagio che non esiste, il bond ristrutturato greco ha perso il 7% di valore in due ore e il Vix è salito del 33% dai minimi di giovedì scorso, sopra quota 15: ci pensa la Russia!
Viene voglia di ridere, ma per non piangere. E i motivi sono parecchi, cari amici. Cominciamo dal primo. Martedì, mentre le Borse arrancavano e non si capiva ancora se il Parlamento cipriota si sarebbe finalmente pronunciato, le agenzie finanziarie rilanciavano queste tranquillizzanti parole di un alto funzionario del governo tedesco, coperto dall’anonimato: «Non ho idea se e quando il Parlamento cipriota si pronuncerà sul programma di salvataggio. La situazione a Cipro è brutta e le ragioni di questo sono tutte attribuibili a Cipro. Senza un programma di sostegno, la liquidità delle banche cipriote è in pericolo e quindi non riapriranno». Ora, sapete che sono uno a cui piace dire le cose come stanno, ma questo atteggiamento da elefante in cristalleria da parte del governo tedesco, nel pieno della bufera, fa pensare.
Di più, viene da chiedersi come mai proprio ora sia esploso il bubbone Cipro. Da quanto tempo si sapeva che le banche cipriote sono ultra-esposte alla leva, sono piene di depositi esteri e non sono certo delle istituzioni, per così dire, impiccione nei confronti dei loro clienti? Non dico dall’indipendenza dalla Gran Bretagna ma quasi. Da quanto tempo il Fmi aveva avanzato l’idea di un bail-in, ovvero un salvataggio basato anche su perdite da parte dei correntisti? Da almeno un anno. Perché ora, quindi? Ve lo spiega bene questo grafico, riassuntivo della composizione dei depositi bancari ciprioti.
Come potete vedere, dal 2010 in poi i depositari europei hanno cominciato a spostare capitali da Cipro verso altre destinazioni. Nei fatti, gli stessi europei che oggi fanno la morale a Cipro per la poca trasparenza del sistema bancario cipriota, hanno sfruttato ampiamente quell’opacità fino a quando ha fatto loro comodo: poi, a crisi già innescata, hanno cercato l’uscita di sicurezza e abbandonato i caveau di Nicosia. In compenso, nel medesimo periodo (2010-oggi), è aumentata l’esposizione a Cipro di depositari non europei, leggi russi. I quali, se fosse passato il programma di bail-in come proposto dall’Eurogruppo, avrebbero perso 3 miliardi di dollari: capite perché la Russia sta intervenendo? E, soprattutto, perché i maestrini tutto rigore dell’Ue hanno fatto cadere la mannaia su Cipro proprio ora? Bella idea, d’altronde, inimicarsi uno come Vladimir Putin, visto che il 36% del gas europeo proviene dalla Russia e già quattro anni fa il Cremlino ha dimostrato, nella disputa con l’Ucraina, come sia avvezzo a chiudere i rubinetti.
Tanto più che i depositi sia personali che corporate dalla Russia verso Cipro non sono iniziati ieri, ma dal 1991, quando collassò l’Unione Sovietica: soltanto le banche russe hanno dirottato 12 miliardi di dollari presso banche cipriote, stando a dati della fine del 2012, cifra che sale a 19 miliardi con i depositi corporate e che sale ancora includendo il denaro che arriva da ex Repubbliche sovietiche come Ucraina e Kazakistan.
Solo ora ci accorgiamo di tutto questo e ci indigniamo? E, soprattutto, essendo quello di Cipro un problema europeo, perché si festeggia se per risolverlo bisogna sperare nell’intervento russo, visto che Mosca non mi pare nell’Ue? Solo perché, come al solito, si rimanda il problema di un po’ e ci si bea delle aste sempre piene grazie alle riserve in eccesso della Fed per le filiali Usa delle banche europee? Quanto accaduto, purtroppo, ha segnato un precedente destinato a restare, a cambiare per sempre la percezione delle cose.
Venerdì scorso, infatti, l’Ue ha messo le mani d’imperio nei conti correnti dei suoi cittadini: lasciate stare che poi, come al solito, si sia resa conto dell’idiozia combinata e abbia fatto una parziale marcia indietro, d’ora in poi i cittadini dei paesi a rischio vivranno con l’incubo di banche chiuse, transazioni bloccate, bancomat fuori uso. E sapete cosa vi dico? Fanno bene. Già, perché nonostante il ministro dell’Economia spagnolo, Luis De Guindos, ieri abbia solennemente dichiarato in Senato che i depositi bancari fino a 100mila euro sono sacri e che i risparmiatori spagnoli devono stare calmi, si scopre che la Spagna ha già cambiato le sue leggi costituzionali in modo da poter introdurre un “moderato prelievo forzoso” sui depositi bancari, un qualcosa che fino alla riforma era vietato dalla legge iberica.
Nonostante si dica che la misura sia unicamente formale e destinata alle Generalitat che abbiano fallito il loro obiettivo di raccolta del gettito fiscale, è stato il ministro delle Finanze e della Pubblica amministrazione in persona, Cristobal Montoro, a definire in un’intervista con El Pais «necessario porre in Costituzione questo prelievo per una questione di standardizzazione delle politiche fiscale delle varie regioni» e a rendere noto che si sta lavorando alle aliquote da imporre. Insomma, una conferma, oltre che una palese violazione del diritto di libera circolazione dei capitali in Europa: comunque state tranquilli, è solo una questione formale. Posta però in Costituzione e che richiama in maniera inquietante la Tequila Crisis e le mille rassicurazioni di Zedillo, l’ultima delle quali fornita ai cittadini messicani la notte prima della svalutazione…
E l’Italia? Grazie a Dio siamo in una situazione quasi belga, ovvero senza governo, ma non starei troppo tranquillo. Certo, i mercati oggi come oggi hanno altro a cui pensare, ovvero a come sfruttare il denaro facile di Ben Bernanke – Larry Fink di Blackrock ha detto di ignorare completamente la questione Cipro, visto che è ultra-bullish sull’economia Usa e che la Borsa guadagnerà il 20% quest’anno -, ma ci sono segnali strani. L’altro giorno uno dei siti di informazione finanziaria più influenti al mondo, rilanciava questa notizia senza altri commenti: «Le banche italiane cercano altre italiane per vendere i loro bonds sovrani e scaricare le posizioni». Ho contattato il mio banchiere popolare di fiducia, il quale mi ha rassicurato dicendo che «alcune banche stanno chiudendo anticipatamente bond ma reciprocamente. Quindi nessuna valutazione sul rischio ma solo chiusura di bond non più eligible e a rischio ponderazione 100. Ma si tratta di piccole cose».
Di lui, come sapete, mi fido ciecamente. Ma c’è troppo nervosismo sottotraccia in questo Paese, troppa calma innaturale e apparente: ripeto, al netto delle Borse che volano per la speranza che la Russia tappi il buco cipriota, continuo a ritenere che Cipro sia il canarino nella miniera e che questa calma sia ideale per un progetto di destabilizzazione più grande. Quando poi, come ieri, si apprende che è stata perquisita la casa parigina di Christine Lagarde, capo del Fmi, nell’ambito del cosiddetto “affare Tapie” (da ministro dell’Economia risolse con un arbitrato privato la causa sulla vendita nel ‘93 di Adidas al Crédit Lyonnais, diretto all’epoca da Bernard Tapie. Lui incassò più di 200 milioni di euro dallo Stato e per questo lei è accusata di falso e distrazione di fondi pubblici), per un fatto risalente al 2007, qualche brivido sale dalla schiena, come quando il mondo puntò l’indice si Dominque Strauss-Kahn, salvo poi scoprire che fu tutto un complotto. Spero di sbagliarmi, davvero questa volta.