Pensavamo che con Wikileaks avevamo già saputo più di quanto potevamo immaginare. Ci sbagliavamo. L’uragano Offshore leaks, che rischia di diventare il più grande scandalo finanziario mondiale, supera di gran lunga il suo predecessore per volumi di documenti esclusivi rintracciati. Un enorme hard disk che svela il mondo, finora seminascosto, dei paradisi fiscali. A quanto pare sembra ci siano 200 nomi di italiani nel database sui paradisi fiscali che L’Espresso pubblica in esclusiva per l’Italia nell’ambito dell’inchiesta realizzata dal media network di Washington, The International consortium of investigative journalists (Icij), con la collaborazione di 86 giornalisti investigativi di 38 testate. Per saperne di più Ilsussidiario.net ha intervistato il giornalista de Il Sole 24 Ore Gianni Dragoni.
Che cosa è esattamente Offshore leaks?
Lo scandalo riguarda una grande ricerca sui paradisi fiscali a livello mondiale, un’inchiesta giornalistica condotta da un gruppo internazionale – The International consortium of investigative journalists (Icij) – su due milioni e mezzo di file, schede di alcuni archivi riservati ed è stata realizzata con il contributo di più di 30 testate internazionali e 86 giornalisti di tutto il mondo. È una banca dati sull’evasione fiscale molto più grande come disponibilità di dati dell’ormai famosa Wikileaks.
Cosa hanno in comune Wikileaks e Offshore leaks?
Sono dati tratti da fonti informatiche, da grandi archivi elettronici. In questi casi viene da chiedersi se ci sia all’origine un input, qualcuno che ha trovato la maniera per alimentare la fuoriuscita di informazioni e farla esplodere con clamore. Questa è la caratteristica comune. L’utilizzo della rete. I dati raccolti in trent’anni da questo consorzio internazionale di testate giornalistiche sono 162 volte superiori ai quelli pubblicati da Julian Assange a fine 2010 con Wikileakes.
Cosa emerge da questa inchiesta?
L’inchiesta fa emergere nuovi nomi di evasori e siamo appena all’inizio. In Italia la testata scelta è l’Espresso che ha già fatto uscire delle anticipazioni e credo siano le prime. In quest’elenco di due milioni e mezzo di nominativi, ce ne sono anche 200 italiani.
Come agivano, dunque, gli evasori?
I super ricchi hanno usato strutture offshore, i cosiddetti paradisi fiscali, per intestare patrimoni, ville, yacht e occultare ricchezze al fisco, guadagnare milioni e milioni di euro, vantaggi fiscali nell’anonimato, protetti nella penombra, non accessibili dagli Stati di appartenenza.
Dalle prime indiscrezioni trapelate si parla di un giro d’affari di 32mila miliardi di dollari che ha coinvolto 130 mila correntisti e 122 mila società di 170 Paesi…
Sono delle cifre enormi quelle che normalmente si attribuiscono all’evasione attraverso i paradisi fiscali, che sfidano addirittura il Pil di molti paesi. Sono stime, ma questo ci dimostra quanto il fenomeno dell’evasione fiscale sia diffuso, ma anche quanto sia sbagliata spesso la maniera di perseguirlo andando a prendere dei piccoli evasori. Il problema vero dell’evasione non è solo quello dei mancati scontrini, ricevute o fatture ,ma soprattutto quello delle grandi ricchezze, dei grandi patrimoni esportati illegalmente per non pagare le tasse. In Europa abbiamo la Svizzera, il Lussemburgo, le isole della Manica tra la Francia e l’Inghilterra. Poi si arriva ai paradisi fiscali dei Caraibi (le Cayman il più famoso). Nella lista dei paradisi fiscali ufficiali stilata dalle autorità ci sono 30 o 40 paesi nel mondo.
Un ruolo fondamentale l’hanno avuto le banche…
Dalle anticipazioni si citano le principali banche mondiali coinvolte in questa procedura. Si parla delle svizzere Ubs e Clariden e della Deutsche Bank, una delle maggiori banche tedesche. Colpisce il coinvolgimento di una banca dell’Unione europea e di quel Paese, la Germania. A colpire ancor di più il fatto che i governi di stati occidentali che hanno dei problemi, che combattono la crisi economica e sono alla ricerca di misure per far fronte alla recessione e rilanciare lo sviluppo e l’occupazione, non riescano negli anni ad arrestare questo fenomeno, questa grande emorragia finanziaria verso questi paesi che proteggono l’anonimato degli evasori.
Per l’economia globale questo scandalo cosa rappresenta?
È uno dei tanti scandali di cui periodicamente si parla. Anche l’Economist recentemente aveva pubblicato un rapporto molto ben curato sui paradisi fiscali. Di solito però poi non succede nulla. Spero che le informazioni sui paradisi fiscali possano servire ad alimentare la consapevolezza dell’opinione pubblica e di chi governa perchè venga fatto qualcosa di più significativo in questo senso. Devo dire che l’impegno politico dei partiti nelle recenti elezioni italiane non mi è sembrato incisivo e consapevole in questa direzione, in particolare anche il Movimento 5 Stelle mi pare non abbia il problema della grande evasione fiscale tra i suoi punti. Tuttavia si tratta di un settore in cui bisogna impegnarsi di più se si vuole cercare un cambiamento, un riscatto per questa grande crisi del mondo occidentale.
In Italia, che ripercussioni avrà questa vicenda?
Per il momento i nomi che appaiono sono quelli di alcuni commercialisti. Non credo che questo porterà a qualche cambiamento, semmai mi aspetto un po’ più di attenzione da parte dell’autorità. Attualmente ci sono delle indagini in corso su vari gruppi, sui Marzotto, sui Valentino. È stata confermata dalla Commissione tributaria una multa di oltre 300 milioni a Dolce e Gabbana per evasione fiscale con un’operazione in Lussemburgo e ci sono indagini recenti sul gruppo Bulgari.
Lo scandalo Offshore Leaks potrebbe influire su queste indagini?
Mi aspetterei almeno che non si concludano con un nulla di fatto, ma che se i sospetti di irregolarità saranno confermati (naturalmente devono essere dimostrati), ci siano delle sanzioni e un recupero di somme che potrebbero essere di centinaia di milioni, ancora poco, comunque, rispetto all’evasione che è di decine e decine di miliardi di euro.
Tra i 200 italiani di cui si parla, potrebbero esserci nomi illustri?
Penso di sì. Proprio il fatto che ci siano dei commercialisti tra i primi nomi che sono usciti vuol dire che questi sono lo schermo di clienti, i cui nomi potrebbero essere molto importanti. Ricordo un’intervista dell’ex direttore del servizio accertamento dell’Agenzia delle Entrate di qualche anno fa che diceva che sono soprattutto le grandi aziende a creare la grande evasione, però poi non ho mai visto emergere delle contestazioni. Questo lo diceva un altro dirigente del servizio fiscale italiano. Recentemente durante il processo in corso sull’eredità dell’avvocato Agnelli, la Procura aveva confermato la presenza di un nero all’estero di 1 miliardo di euro. Non ho, però, letto che siano state intraprese azioni di opposizione fiscale per il recupero di questa maxi evasione. I nomi importanti sicuramente ci sono, credo che le autorità già li conoscano in parte, ma di fatto, poi, non succede mai quasi nulla nei loro confronti.
(Elena Pescucci)