«Sui singoli punti del suo programma si può discutere, ma il metodo Renzi basato su provvedimenti shock per rilanciare l’economia è del tutto condivisibile. Se vogliamo scuotere l’inerzia del nostro Paese è in questo modo che bisogna procedere». Un endorsement che nessuno avrebbe previsto quello di Oscar Giannino al premier e segretario del Pd, anche se il giornalista economico spiega di non nascondersi che «la scelta di aumentare le tasse sulle rendite finanziarie al 26% e di concentrare gli sgravi fiscali sui bassi redditi rappresentano non solo due gravi errori, ma anche il nucleo della manovra che il Pd difenderà nel modo più ideologico».
Giannino, agli occhi di molti Renzi non sta facendo altro che “vendere fuffa”. Perché invece lei difende il suo metodo?
Il metodo di Renzi consiste nel dare l’idea di moltissimi provvedimenti senza ancora averne i testi, per assicurare un cambio di marcia con una scossa profonda a una molteplicità di settori ed evitare che l’andamento inerziale dell’Italia rimanga piatto. Anche se in molti lo criticano, il metodo di Renzi è quello giusto.
Perché invece non condivide l’idea di abbassare l’Irpef sui bassi redditi?
Per rilanciare la domanda sarebbe stato necessario concentrare lo stimolo sulle imprese. L’enfasi è posta invece sui 10 milioni di contribuenti che guadagnano fino a 1.500 euro al mese, che avranno dei soldi in più in busta paga. Non capisco come possa essere fondata la stima in base a cui ciò potrebbe garantire uno 0,4% di crescita in più su base annua. Significa immaginare un effetto tutto traslato sui consumi, che fino a questo momento non si è verificato. Quando si ha una storia così lunga di peso fiscale eccessivo e di continua perdita dell’occupazione, ci vuole tempo prima che si vedano effetti di traslazione totale. La mia impressione è che la stima sulla crescita dello 0,4% sia del tutto ottimistica. La questione fondamentale è piuttosto quella di sostenere i margini delle aziende, soprattutto piccole e medie.
Quale delle proposte di Renzi le piace di più?
L’aspetto che condivido di più è il ritorno ai contratti a tempo determinato fino a tre anni, l’abrogazione del causalone anche in caso di reiterazione dell’incarico a termine e il ritorno dell’apprendistato. Questo aspetto del Jobs Act vale per la piccola impresa tanto oro quanto pesa, è a costo zero e va in una direzione del tutto giusta.
Renzi riuscirà a pagare i debiti della Pubblica amministrazione?
La mia previsione è che la stima corretta sull’ammontare dei debiti della Pubblica amministrazione non sia quella di Saccomanni e del Tesoro, ma si arrivi fino ai 68 miliardi calcolati dalla Banca d’Italia. Sarà difficile che Cassa depositi e prestiti possa arrivare fino alla copertura di questa cifra, ma apprezzo molto che Renzi abbia preso l’impegno solenne di pagare l’intera cifra entro la fine di settembre.
Che cosa ne pensa invece della volontà di aumentare la tassazione sulle rendite finanziarie al 26%?
La ritengo una scelta sbagliata da tutti i punti di vista. È sbagliata perché è una nuova patrimoniale, che si differenzia dalla realtà degli altri Paesi Ue. In Germania, per esempio, i redditi nella fascia al di sotto dell’aliquota Irpef del 25% possono scegliere liberamente di portare eventuali redditi da capitale sul monte Irpef, con un’esenzione da 2.100 euro e pagando un’aliquota più bassa del 14%. In Italia invece si arriverà al 26%.
Per il Pd è una tassa su chi si arricchisce “di rendita”…
Non è così, e ciò è particolarmente insopportabile nel momento in cui gli operatori finanziari portano il reddito da capitale a una tassazione Ires progressiva. Lo stesso fanno i grandi soci delle imprese, quelli cioè con il 5% delle aziende quotate o il 20% di una qualunque impresa, i quali si portano metà del reddito da capitale sotto l’Irpef. La tassa sul risparmio al 26% finisce così per colpire proprio i bassi redditi da 10-20mila euro. Non mi nascondo che agli occhi del Pd e della sinistra la tassa sulle rendite finanziarie e la scelta di concentrare gli sgravi sulle fasce più basse dei lavoratori Irpef sia il nucleo più ideologicamente da difendere della manovra.
(Pietro Vernizzi)