Gli ordini dell’industria tedesca hanno fatto segnare un calo a novembre, ma nel frattempo la disoccupazione ha raggiunto un minimo storico al 6,5% e sono aumentate le vendite al dettaglio. Tutto questo mentre sull’Eurozona si affaccia lo spettro della deflazione e le elezioni anticipate in Grecia creano incertezze sul futuro della moneta unica, oltre a spingere sempre più la Bce ad adottare il Quantitative easing tanto osteggiato dalla Bundesbank. Abbiamo chiesto a Tobias Bayer, corrispondente in Italia di Die Welt, di spiegarci come la Germania sta vivendo questo momento.
La Grecia spaventa i mercati come nel 2010. In Germania come si guarda alla situazione di Atene?
Non sono d’accordo, la Grecia non spaventa i mercati come nel 2010. Oggi il rischio è più contenuto. In primo luogo, perché l’Eurozona ha rafforzato la sua architettura: è stato creato l’Esm, il Fondo salva-Stati, è stata creata anche l’Unione bancaria. Inoltre, i creditori della Grecia sono adesso principalmente istituzioni internazionali come il Fmi o la Bce: l’80% del debito greco è detenuto dalla Troika. Nonostante tutto questo, però, il governo e i politici tedeschi temono l’uscita della Grecia dall’Eurozona, perché potrebbe essere l’inizio della dissoluzione dell’area monetaria.
È vero, come ha scritto Der Spiegel, che in caso di vittoria di Tsipras alle elezioni la Germania non avrebbe problemi a veder uscire la Grecia dall’euro?
La Germania avrebbe problemi a veder uscire la Grecia dall’euro, non c’è alcun dubbio in proposito. La mia lettura su quello che ha scritto lo Spiegel è un’altra: è un segnale forte a Syriza e Tsipras. La Germania vuole evitare uno ricatto. Il messaggio a Tsipras è chiaro: “Non abbiamo paura. Se alzi i toni, non trattiamo con te. Se vuoi uscire dall’Eurozona, sei tu che rischi di più”. Il governo tedesco si presenta duro e deve farlo, altrimenti gli altri paesi con i loro partiti di protesta sarebbero incoraggiati da Syriza e comincerebbero a negoziare il Fiscal compact, il rispetto del tetto sul deficit/Pil e gli investimenti pubblici.
Negli ultimi anni si è sempre ripetuto che l’euro è indissolubile. È cambiato qualcosa in Germania? Si guarda all’euro in modo diverso, magari perché sono diventate più forti idee come quelle di Alternativa per la Germania (AfD)?
Direi di no. La posizione dell’opinione pubblica non è cambiata molto, il salvataggio della Grecia rimane impopolare. L’AfD è riuscita a riunire l’elettorato di protesta. Approfitta anche dell’assenza dei liberali, della FDP. Personalmente conosco persone che votavano FDP nel passato e adesso si sono orientati verso l’AfD. Però la maggior parte della gente non vede alternative all’euro. I cittadini, le imprese, la società civile sono consapevoli che l’euro è un bene per la Germania.
Alcuni osservatori ritengono che la situazione greca “aiuterà” Mario Draghi a mettere in atto un Quantitative easing già dal 22 gennaio. La Bundesbank si opporrà ancora a questo tipo di intervento?
Dal mio punto di vista, il voto in Grecia non è decisivo. Decisivo è il tasso d’inflazione. Se l’Europa cade nella deflazione – i dati recenti in merito sono preoccupanti -, Draghi ha un argomento forte per mettere in atto un Quantitative easing. E la Bundesbank certamente si opporrà.
Perché la banca centrale tedesca ha questa posizione?
È una resistenza di principio. La Bundesbank è convinta che un Quantitative easing sia equivalente a un finanziamento del debito pubblico che mette a rischio la stabilità di prezzi. Un acquisto di titoli di Stato viene anche percepito come una ridistribuzione di ricchezza, dal Nord al Sud.
Ha appena ricordato i numeri preoccupanti sull’inflazione europea. In generale, gli ultimi dati macroeconomici diffusi sembrano evidenziare ancora le difficoltà dell’Eurozona, salvo che della Germania, che sembra essere l’unica “isola felice” rimasta in Europa. La Germania può andare avanti da sola? Non ha interesse a che il resto dell’Europa cresca?
In effetti, l’economia tedesca si gode un bel momento. Però, la domanda è: quanto durerà questo bel momento? Recentemente, sono usciti tanti libri critici. Parlano della “Deutschland-Blase”, della “Bolla Germania”, o della “Deutschland-Illusion”, la “Illusione Germania”. Secondo gli autori, il futuro della Germania non è dorato: gli investimenti, pubblici e privati, sono troppo bassi; la demografia non ci aiuta; non nascono nuove imprese; non siamo presenti nel settore IT. Hanno ragione? Magari esagerano, ma i dubbi sono giustificati. Senza Europa, la Germania va da nessuna parte. Essere solo su una “isola felice” non è un granché. Per essere felici ci vuole sempre compagnia.
(Lorenzo Torrisi)