«La cosa che colpisce di più di questa legge di stabilità “straordinaria”, come l’ha definita Renzi, è quello che manca: senza tagli di spesa anche le riduzioni delle tasse rischiano di non essere permanenti». Lo osserva Francesco Daveri, professore di Scenari economici all’Università Cattolica di Piacenza ed editorialista del Corriere della Sera. Le dimensioni della Legge di stabilità dovrebbero essere pari a 30 miliardi di euro. Tra le misure contenute, il limite all’utilizzo del contante che salirà da mille a 3mila euro e meccanismi per semplificare i pagamenti della pubblica amministrazione.



Professore, è davvero una Legge di stabilità straordinaria come dice Renzi?

L’impianto che il governo vuole dare, e di cui possiamo parlare soltanto in modo preventivo, è quello di approvare una manovra che non si limiti a gestire l’ordinaria amministrazione. Nonostante l’uscita dalla recessione, l’economia italiana è ancora debole. Tra il Pil attuale e quello del 2007 ci sono ancora numerosi punti di Pil di differenza.

Quindi che cosa intende fare il governo?

L’idea è quella di dare un impulso maggiore rispetto all’anno scorso, in modo che l’economia ritorni più rapidamente verso tassi di disoccupazione più bassi. Ora staremo a vedere se anche le misure contenute nella Legge di stabilità saranno straordinarie, cioè mai viste prima.

Che cosa manca in questa Legge di stabilità?

Mancano interventi più incisivi sul fronte dei risparmi della spesa pubblica, che avrebbero consentito riduzioni di imposta più rilevanti e permanenti. Il rischio è che in assenza di questa riduzione di spesa, si tratti soltanto di una misura temporanea che sarà compensata in futuro da un nuovo aumento delle tasse.

La riduzione delle imposte potrebbe dunque non essere strutturale?

Il rischio è che, se non è accompagnata da una riduzione della spesa, la riduzione delle imposte non sia strutturale. Il rapporto debito/Pil dell’Italia è al 130%, e sappiamo che per l’Ue la diminuzione nel tempo di questo rapporto è importante. Se così non fosse, ci potremmo accontentare di quanto è scritto nella Legge di stabilità.

In che senso?

Con il criterio “forward looking” si rispetta per lo 0,1% la regola del Fiscal compact, che impone di tagliare il rapporto debito/Pil di un determinato numero di punti percentuali ogni anno. Il tutto sulla base dell’ipotesi che il Pil nominale cresca in una misura che a oggi non è ancora possibile dare per scontata. Anche perché l’inflazione rimarrà “fredda” ancora per molto tempo, e questo inciderà sull’aumento del Pil nominale.

Il governo scommette sul fatto che la Ue ci concederà dei margini di flessibilità. E se la risposta fosse no?

Molto dipenderà dalla qualità delle misure di accompagnamento che sono presentate insieme alla Legge di stabilità. Rispetto all’anno scorso Renzi può giocare sul fatto che il Jobs Act è stato approvato, e comincia a produrre qualche risultato. Anche se dal mio punto di vista gli effetti sono inferiori rispetto a quanto ci si poteva aspettare data la consistente decontribuzione che è stata offerta quest’anno. A ciò si aggiunge la riforma del Senato che consente di accelerare il processo di approvazione delle leggi. Anche se di leggi ne abbiamo già tante, ed è meglio farne meno ma di buona qualità.

 

Il limite del contante sale a 3mila euro. Quanto conta questa misura?

È una misura che assomiglia al taglio delle imposte sulla prima casa. In questo modo si dà una “pacca sulla spalla” ad alcune categorie di persone. Il limite del contante a 3mila euro in particolare è un aiuto per piccoli imprenditori e anziani, che hanno meno confidenza con informativa e fatturazione digitale. Non mi aspetto però che abbia un effetto rilevante per i consumi come invece è stato sbandierato.

 

(Pietro Vernizzi)