La civetta ateniese può ben poco contro l’orso berlinese. È Berlino che impone la cadenza degli avvenimenti. Atene cerca di resistere, ma senza risultati apprezzabili, se non di immagine per l’opinione pubblica. Che poi questa sia, a lungo andare, una strategia vincente è tutto da verificare. Così, dopo aver resistito fino all’ultimo all’arrivo ad Atene dei tecnocrati, oggi arriverà nella capitale ellenica una squadra di tecnici – “di basso profilo”, specifica il governo –  della ex “Troika”, o “Istituzioni”, o ancora “Bruxelles Team”.”Per dimostrare – fanno sapere dal governo – che anche loro (i creditori, ndr) guadagnano qualcosa”. Nella capitale belga invece i colloqui sono iniziati ieri. Ad Atene non avranno incontri con i ministri, ma con funzionari. È evidente che il governo ha fatto un passo indietro dalla tesi che nessuno rappresentante delle “istituzioni” avrebbe mai messo piede nella capitale, tantomeno si sarebbe installato nei ministeri. 



Fino a due giorni fa, Varufakis, il ministro ellenico delle Finanze, e Dijsselbloem, il presidente dell’Eurogruppo, stavano conducendo due monologhi paralleli. Le loro dichiarazioni, infatti, erano contrastanti: il primo sosteneva che l’apertura dei negoziati avrebbe permesso agli istituti di credito di coprire le esigenze finanziarie del Paese; il secondo rendeva invece chiaro che la Grecia avrebbe ottenuto i finanziamenti soltanto dopo l’attuazione delle riforme e la “revisione” dei conti da parte dei tecnocrati dei creditori. I due non sono stati neppure d’accordo su quale suolo si sarebbero dovute tenere le trattative: il primo sosteneva che nessun tecnocrate avrebbe calpestato il suolo ellenico, il secondo a insistere che alcuni di loro dovevano arrivare ad Atene per capire la reale situazione delle casse pubbliche. 



A surriscaldare il clima politico ateniese ci ha messo del suo anche il ministro delle Finanze tedesco Schaeuble. Durante una conferenza stampa, ha definito il suo collega ellenico “stupidamente ingenuo”. È ormai noto che i due non si sopportano ed è altrettanto noto che Berlino ha chiesto che  Varufakis venga sostituito. La provocazione – francamente esagerata – ha fatto imbizzarrire il governo: “Non siamo una repubblica delle banane”, ha replicato un ministro. Ma si è andati oltre. Il governo, infatti, ha minacciato di porre sotto sequestro la sede dell’Istituto Goethe. 



Prima alcuni passi indietro. Nel giugno del 1944, truppe naziste hanno fatto una strage per rappresaglia nel villaggio di Distomo: persero la vita 280 persone. I sopravvissuti hanno intentato causa alla Germania. Nel 2000 la Corte Suprema di Atene ha reso definitiva la sentenza che obbligava Berlino a pagare 28 milioni di euro quale risarcimento. Nello stesso anno, il governo socialista guidato da Kostas Simitis  rese operativa la sentenza. Tuttavia poco dopo il ministro della Giustizia fece marcia indietro: era in ballo l’adesione della Grecia alla moneta unica. Questo ricatto che può infastidire i tedeschi fa parte dell’annosa polemica sui prestiti e sui danni di guerra mai restituiti ad Atene. E lo ha ricordato due giorni fa il primo ministro Alexis Tsipras in Parlamento nel corso della discussione sulla formazione di una commissione di inchiesta sui crediti di guerra. 

A stretto giro di posta ha risposto Berlino: “L’argomento è chiuso”. Schermaglie dialettiche che certamente non giovano ad Atene. Irritare l’orso può anche essere pericoloso, sostengono alcuni analisti locali. In molti si chiedono se Tsipras sia  un acuto “calcolatore” o uno “stupido”. Questa provocazione del governo può essere interpretata come una strategia di tipo post-elettorale e di conseguenza è disposto ad accettarne le conseguenze qualunque esse siano, oppure pensa che la Germania continuerà ad appoggiare la Grecia. 

È chiaro che Tsipras sostiene questa linea politica a uso interno, ma questo tipo di diplomazia non può terminare in maniera positiva. Qualcuno sarà il perdente, probabilmente la Grecia – a meno che tutto questo sia parte di una strategia voluta per provocare l’Eurozona, o per depotenziare l’ala sinistra del partito che chiede a gran voce la “rottura” e nuove elezioni o ancora per lisciare il pelo all’alleato neo-nazionalista dei Greci Indipendenti. Ieri in Parlamento, durante la discussione sulle riparazioni di guerra, un suo deputato (ex comunista) ha affermato: “Si tratta di uno Stato banditesco (la Germania, ndr). E ricordo che sono stati i tedeschi a romperci e a straromperci gli zebedei con la loro solfa sulla ‘continuità dello Stato’. Quindi, se il regime nazista ha riconosciuto le prime due tranche, il regime post-nazista è giusto che continui sulla stessa falsariga. L’ostilità vuol dire, in base alle caratteristiche dei crucchi, che durerà anni e conterà molte vittime”. 

I giorni passano, il governo è concentrato esclusivamente sulle trattative e sulle polemiche anti-tedesche, le casse suono vuote ma almeno si respira aria di dignità, orgoglio nazionale e si contano le valigie a doppio fondo usate per trasferire all’estero somme non dichiarate (qualcuno è stato pizzicato all’aeroporto di Atene). O somme dichiarate, sempre inferiori ai 10.000 euro come prevede l’e-banking, se prendiamo ad esempio l’ex ministro delle Finanze del governo Samaras, Gigas Harduvelis, che nel 2012 – durante il governo di transizione Papadimos di cui era consulente economico – esportò 500.000 euro perché “anch’io, come molti altri greci, avevo paura che il Paese uscisse dall’euro”.  Ma non è il solo in questa situazione: almeno tre ministri dell’attuale governo hanno fondi investiti all’estero. Forse farebbero un gesto “politicamente corretto” se rimpatriassero i loro capitali.

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