La somma di tre incontri politici (Merkel, Hollande e Juncker) non producono un “accordo politico”. E difatti, ieri a Riga, la Grecia si è ritrovata con le spalle al muro, perché, nel corso della riunione dell’Eurogruppo, i colloqui di Tsipras con i tre, avvenuti giovedì scorso, non hanno prodotto alcun risultato concreto. Anzi, sembra che Varoufakis abbia ricevuto aspre critiche dai suoi colleghi che lo hanno accusato per la “perdita di tempo”, aggiungendo alcune note personali: sarebbe un “dilettante” e un “giocatore”.
L’agenzia Bloomberg riferisce che Varoufakis è stato preso a “martellate”. Jeroen Dijsselbloem, il Presidente dell’Eurogruppo, ha dichiarato: “Le istituzioni ci hanno informato sulle trattative. Tuttavia come abbiamo deciso il 20 febbraio c’è la necessità di un accordo concreto e dettagliato. Negli ultimi due mesi si è perso molto tempo e la responsabilità è di Atene. L’accordo del 20 febbraio è la condizione preliminare per il progresso delle trattative”. Ha risposto “no” (in sintonia con il Governatore della Bce Mario Draghi) a un’ipotesi di un via libera a una tranche di aiuti anche senza un accordo concreto. E per concludere ha affermato che non ci sarà alcun incontro dell’Eurogruppo prima dell’11 maggio.
Le due richieste (apertura di una linea di credito dopo un possibile accordo ponte entro il 30 aprile e un Eurogruppo straordinario entro fine aprile) fatte da Tsipras alla Signora Merkel non sono state accettate. In sintesi, le due parti continuano a dare un’interpretazione diversa all’accordo del 20 febbraio, sui contenuti delle trattative e le sue valenze politiche. I creditori vogliono vedere prima la lista delle riforme completa di numeri, poi la loro traduzione in leggi, quindi ancora la loro approvazione e soltanto dopo verrà aperta la linea di credito verso la Grecia. Tuttavia Varoufakis continua a dichiararsi ottimista, ma non esclude una possibilità di “grexit”, e “non è un bluff!”, ha sottolineato.
Dunque a che cosa è servito l’incontro di Tsipras con i “poteri forti” di Bruxelles? Forse le strette di mano e le dichiarazioni vanno lette come “istruzioni per uso interno”. Inutile negare che il primo ministro (Giano bifronte) oltre che dover governare il Paese, deve governare il suo partito-costellazione, in cui ognuno esprime la sua personale valutazione sullo stato delle cose. Non si spiega altrimenti l’invito, rivolto ai suoi ministri, di Tsipras a tacere che resta lettera morta. E l’incapacità del primo ministro a mettere ordine in casa non è un segnale confortante in vista delle spiacevoli decisioni che il governo dovrà, prima o poi, prendere.
Il ministro dell’Energia Lafazanis che vende la pelle dell’orso russo (il fantomatico “gasdotto della liquidità”) prima di averlo catturato. Il ministro Varoufakis che vende ottimismo, e “chicken game” ma accarezza l’idea di una “Grexit”. Il ministro dell’Istruzione che annuncia la chiusura delle scuole sperimentali e poi si rimangia la proposta. E la lista potrebbe continuare, aggiungendo anche il primo ministro, il quale, di ritorno dal vertice straordinario di Bruxelles e dall’incontro con i “poteri forti”, ha dichiarato che la Grecia non era mai stata così vicina all’accordo e dicendosi ottimista.
Tsipras sta usando lo stesso metodo usato dai due primi ministri che lo hanno preceduto, Papandreou e Samaras. A mente fredda questi due erano “giustificabili” quando mentivano perché appartenevano a una classe politica inefficiente e corrotta e facevano gli interessi delle oligarchie, se accettiamo le critiche che Syriza muoveva loro. Ma che dire di questi giovani “boy-scout” con in tasca il libricino delle verità della sinistra radicale? Non avevano promesso un diverso stile di governo? Per un paio di mesi i taxisti, ottimi elementi per indagini volanti, esprimevano commenti positivi sul governo. Oggi sono alquanto pessimisti.
È possibile che alla fine del percorso lastricato di accuse, contro-accuse, promesse mancate, dichiarazioni fantasiose, tutte condite con un misto di demagogia e nazionalismo, un accordo verrà raggiunto. Ma chi perderà la faccia? E quale prezzo verrà pagato dall’economia ellenica, ormai congelata? Il risultato parziale si saprà a fine giugno, quando scadrà il prolungamento dell’accordo del prestito, cioè il Memorandum, e si dovrà ritornare a discutere sul futuro delle finanze elleniche e magari della sostenibilità del debito. Alcuni economisti parlano di un nuovo prestito di 30-40 miliardi. A fine aprile tra la Grecia e l’Eurogruppo si arriverà a un accordo-ponte, come ha chiesto Tsipras alla Signora Merkel, per liberare una tranche dei fondi previsti? Poi, altre incertezze e altre strategie fino all’inizio del caldo ateniese.
I numeri sono questi: tra giugno e agosto, Atene dovrà fare fronte a debiti da onorare pari a circa 19 miliardi, escludendo le spese correnti. Ma nessun analista conosce esattamente a quanto ammontino le riserve elleniche. Le ipotesi sono contrastanti. Alcuni sostengono che Atene ha esaurito le scorte, altri, invece, che lo spauracchio del salvadanaio vuoto serve per pressare gli europei. Di sicuro servono 4 miliardi fino a fine maggio, stando alle dichiarazioni del vice ministro delle Finanze, Dimitris Mardas. L’atto legislativo del governo che obbliga gli enti locali a prestare i loro danari allo Stato ha già dato i suoi primi frutti: sono stati depositati già 160 milioni di Eero.
Ma si poteva evitare questo martirio. Si poteva ricevere una tranche dei finanziamenti anche a febbraio, quando è stato firmato l’accordo di estensione. È stato fatto uno sbaglio. Non è una dichiarazione dell’opposizione, bensì del vice ministro degli Esteri, Euclid Tsakalotos: “Abbiamo commesso uno sbaglio. Quando abbiamo firmato l’accordo del 20 febbraio non ci siamo assicurati che l’accordo sarebbe stato un segnale verso la Bce per dare avvio a un programma di finanziamento”.
Analisi personale, la sua. Tuttavia è bene ricordare che a febbraio, nel corso di intensi incontri tra Atene e Bruxelles, il ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, ha sempre sottolineato che la Grecia aveva più volte ribadito che non avrebbe chiesto ulteriori finanziamenti perché questa scelta avrebbe significato per il governo ellenico l’accettazione del Memorandum che aveva sottoscritto il governo precedente. Sempre il vice ministro Tsakalotos ha ribadito che in caso di “rottura” si dovrebbe andare a un referendum (resta da chiedersi a quale domanda dovrebbero rispondere i greci, passati appena tre mesi dalle elezioni, in cui hanno già dato la loro risposta: trattare condizioni migliori e permanenza nell’euro) o a elezioni. Altra tautologia. D’altra parte, il portavoce del governo ha smentito entrambe le ipotesi.
I greci per loro abitudine sono abituati a manifestare la loro aggressività urlando senza mai arrivare alle mani. Ieri, purtroppo in Parlamento per poco non ci scappavano pugni e schiaffi. L’atmosfera era elettrica. Non è un bell’esempio in questo momento in cui tutti stanno aspettando di conoscere il proprio destino e sono stufi di ascoltare dichiarazioni che vengono smentite il giorno dopo, ma nell’Olimpo del potere i 300 semi-dei si azzuffano su ferite ancora aperte. In ogni caso questo supplizio di Tantalo deve finire.