E sono cinque, a oggi, le riunioni dell’Eurogruppo in cui si è discusso – e anche bisticciato – su una soluzione del problema ellenico. Le distanze si sono accorciate? Pare di no, anzi. Tsipras, ma soprattutto il ministro delle Finanze Varoufakis “non sono stati in grado di giocare a due livelli trovando un equilibrio tra ‘reputazione’ con i loro creditori e ‘popolarità’ con i loro elettori. Ora contano quasi esclusivamente sul timore che i loro creditori avrebbero degli effetti dell’uscita delle Grecia dall’eurozona sul resto dell’area”, ha scritto su queste pagine Giuseppe Pennisi. Ma qualcosa dev’essere cambiato nella strategia del governo perché da ieri si è ricominciato a discutere, in teleconferenza, con i tecnocrati del “Brussels Group”, dopo che Tsipras ha sollevato la cornetta per parlare con i principali protagonisti europei. Ma con una differenza: a trattare da parte ellenica non ci sarà più l’uomo fidato Nikos Theocharakis (poco incline ai compromessi) di Varoufakis, bensì Jorgos Huliarakis, il tecnocrate scelto dal vice primo ministro, Yannis Dragasakis, da sempre partigiano dell’accordo con i creditori.
Una scelta che sarebbe il segnale dell’inizio dell’ammorbidimento del governo ellenico. Varoufakis all’angolo e i moderati al lavoro. Al ministro-rock vengono rimproverati alcuni errori strategici, il più significativo è quello di non aver chiesto finanziamenti nell’atto della firma dell’accordo stipulato il 20 febbraio. Sembra così iniziare la ricerca per individuare il “capro espiatorio” della gestione delle trattative. Per il momento è stato “messo in sicurezza”. Da ieri, il responsabile politico della trattative è il vice-ministro per i rapporti economici internazionali, Euclid Tsakalotos, altro economista che ha più volte espresso idee “massimaliste”.
Dalla prima riunione dell’Eurogruppo, l’11 febbraio, a oggi le analisi sugli indici economici sono allarmanti. L’erosione dei conti bancari continua, per questa ragione le banche sono costrette a continuare a reperire contanti tramite il meccanismo dell’Ela e pagando un tasso di interesse dell’1,5%. I pagamenti dello Stato verso i privati (debiti per 20 miliardi) sono bloccati e hanno creato dei seri problemi soprattutto agli enti ospedalieri e alle società di distribuzione di farmaci. Le casse mutue hanno bloccato ogni decisione per il pagamento della pensione e del Tfr per i neo-pensionati, i quali si ritrovano così a dover sopravvivere con i propri risparmi.
Se non si trova un accordo entro maggio, il governo sarà costretto a prendere misure straordinarie, sostiene il vice primo ministro Dragasakis. Quali? Non è dato saperlo. Sembra comunque che l’iniziativa sia passata nelle mani dello stesso Tsipras e di Dragasakis, i quali cercano di trovare una quadratura con gli europei con nuove cinque proposte: congelamento della nuova legge sui rapporti di lavoro; blocco delle pensioni anticipate; riduzione per pensioni integrative privilegiate; introduzione della tassa del “lusso” per gli alberghi a cinque stelle; gli introiti derivanti dalle privatizzazioni andranno in parte a pagare i debiti e in parte a sostegno delle casse pensioni.
In questa incertezza sono arrivati anche due sondaggi che offrono risultati concordanti, i quali se da una parte rendono euforico il governo, dall’altra creano dubbi sulla politica finora seguita. Il sorriso sono i 13-15 punti percentuali che dividono Syriza e Nea Democrazia, nel caso si andasse a elezioni. I problemi sono le altre percentuali. Il favore verso il governo è sceso al 43,3%, quando a febbraio erano il 62,5%. La preoccupazione aumenta al 52,9%, quando a febbraio era del 34%. La rabbia sale al 32,6%, quando a febbraio era al 2,7%. In questo magma, i sondaggi rivelano che sette greci su dieci sono favorevoli alla permanenza nell’euro, ma insistono per votare Syriza e svuotare i loro conti bancari. D’altra parte non esiste una alternativa politica fin quando il Presidente di Nea Democrazia, Antonis Samaras, resterà al timone del partito.
Di fronte a questi numeri, Tsipras sembra che abbia tirato il freno a mano per le possibili elezioni anticipate. Da domenica pomeriggio, quando le linee telefoniche della presidenza erano intasate per i colloqui con i leader europei, sembra che il governo intenda adottare un’altra strategia: quella del realismo, senza comunque escludere altre smentite, come ci hanno abituato in questi mesi il governo e i suoi ministri.