Presto e bene non stanno insieme, recita un adagio popolare. Si spera che questo parallelo venga smentito dal governo Tsipras. Dopo tante resistenze, rinvii e altro, Atene adesso ha fretta di chiudere l’accordo con i creditori entro fine maggio. Dunque al lavoro per redigere un disegno di legge “espresso” da presentare in Parlamento in cui verranno codificate quelle riforme di natura finanziaria e fiscale già concordate con Bruxelles.
Nel Consiglio dei Ministri dell’altro ieri, Tsipras ha chiarito che il governo si è attenuto alle decisioni prese il 20 febbraio e ha fatto tutti i passi necessari. Adesso – ha aggiunto – tocca ai creditori fare i passi necessari per dimostrare rispetto verso la volontà dei popoli. Ma ha ribadito che la “linea rossa” non verrà superata perché – ha affermato – dobbiamo proteggere i lavoratori e i pensionati. Dobbiamo proteggere la famiglia “popolare” saccheggiata da cinque anni di austerità.
Nella stessa seduta si è deciso di archiviare per il momento l’ipotesi di una consultazione referendaria. Una scelta obbligata dopo le dichiarazioni del numero uno dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, il quale ha spiegato che la Grecia può indire il referendum, ma soltanto dopo aver votato in Parlamento le riforme potrà accedere ai finanziamenti. Tuttavia, nel pomeriggio di ieri, il suo fantasma è ricomparso sulle agenzie in quanto, ha spiegato il ministro del Lavoro, Panos Skourletis, l’accordo “non si può sottoscrivere sotto la pressione dell’asfissia finanziaria”.
Se entro fine maggio non si arriverà a un accordo – questa volta senza aggettivi – il Paese resterà senza liquidità. Lo ha affermato, da Bruxelles, il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis. Alla riunione, il ministro si è presentato con completo scuro, scarpe classiche, camicia bianca infilata nei pantaloni. Pochi hanno notato il suo nuovo look. Poi la conferma ufficiale: sono rimasti poco più di 600 milioni.
Stando a indiscrezioni, dopo i primi cento giorni di governo Tsipras, sono scomparsi dal mercato tra gli 86 e i 101 miliardi a seconda delle stime. Sono stati prelevati dalle banche 35 miliardi. La caduta del valore borsistico è stata di 20-30 miliardi. Mancano dalla circolazione circa 20 miliardi, 10 sono diventati repos. I debiti verso i fornitori dello Stato sono pari a 3 miliardi, sono stati congelati 2 miliardi per le forniture ospedaliere. Per le esigenze degli ospedali sono stati dati, per il primo trimestre, 43 milioni contro i 500 dello stesso periodo del 2014. Inoltre, se si calcola un avanzo primario del 1,2%-1,5% il governo sarà costretto, per il prossimo semestre, a imporre misure dell’ordine di 2-3 miliardi. Ieri, intanto, l’ufficio centrale di statistica ha comunicato che nel primo trimestre il Pil è sceso dello 0,2%.
A giugno, quando scadrà il termine dell’assistenza finanziaria dell’Europa, serviranno altri fondi. Fatto un calcolo servono altri 8 miliardi. Quindi l’accordo di maggio, se mai si troverà, sarà soltanto la fine del primo tempo. Asciugato l’inchiostro delle firme, si ricomincerà. Al tavolo delle trattative si dovrà discutere di pensioni, lavoro e Iva, qualora non si arrivasse, nel giro di questi ultimi quindici giorni di maggio, a un compromesso. Ipotesi remota stando alle quotidiane dichiarazioni di ministri e deputati. Già il Fmi parla di un fabbisogno di 50 miliardi per i prossimi due anni. E sembra che Fmi, Bce e Ue siano in disaccordo su chi dovrà mettere mano al portafoglio.
Comunque fino a fine maggio si può stare tranquilli: pensioni e stipendi verranno pagati. Anche la rata del debito del Fmi è stata versata. Ma con un intelligente “trucco” contabile, suggerito dal Governatore della Banca centrale greca, Yannis Stournaras, il quale da alcuni giorni è oggetto di duri attacchi da parte di governo e “syrizei” perché colpevole, secondo loro, di non appoggiare l’azione governativa. Anzi, lo accusano di aver diffuso dati allarmanti sullo stato delle casse statali. Atene, in breve, ha utilizzato circa 650 milioni (la rata era di 747 milioni) di euro che erano riserve di emergenza (special drawing rights). E tali riserve dovranno essere ripianate entro un mese.
Oltre alla buona volontà, con riserva, del governo per arrivare a un accordo, anche la fede può servire. È ciò che pensa anche il ministro della Difesa, il neo-nazionalista Panos Kammenos, il quale ha ricevuto con gli onori militari le ossa di Santa Barbara (una santa comune a cattolici e ortodossi perché santificata prima dello Scisma del 1054). La cerimonia di benvenuto non è stata digerita dai laici, ma non anticlericali, di Syriza, che hanno scatenato una dura polemica sull’uso politico delle reliquie.
Può sembrare un episodio collaterale alla strana coalizione tra sinistra e destra. Santa Barbara è patrona anche degli addetti alla preparazione e custodia degli esplosivi. C’è da augurarsi che Tsipras e Kammenos non facciano saltare la “santabarbara” quando il Parlamento dovrà modellare il futuro del Paese. Si spera che la proiezione – tipo “Grande Fratello” dal libro omonimo – su tutti gli schermi televisivi delle stazioni del metro del documentario, realizzato dal ministero della Difesa, sui danni di guerra provocati dai nazisti non sia un indizio, ma un pacchiano errore di comunicazione del governo, soprattutto adesso che i tedeschi iniziano a invadere la capitale.