Ieri era il 1° maggio, Festa dei lavoratori per noi, sciopero generale per i greci: è la loro tradizione. Venerdì pomeriggio il governo ha dibattuto per cinque ore. Tanto è durato il Consiglio dei ministri ad Atene. Hanno discusso di politica e futuro, del disegno legge sulle riforme, forse del referendum. Risultato: Tsipras si è dichiarato “ottimista” sulla conclusione delle trattative entro l’11 maggio, durante la prossima riunione dell’Eurogruppo. Nel frattempo Atene chiederebbe un incontro straordinario con i creditori prima di quella data. Tsipras si augura inoltre di poter ottenere “la luce verde” per le riforme proposte, le quali, sia ben chiaro, sono compatibili con il mandato elettorale di gennaio.
Prenderemo misure soltanto nel caso in cui arrivi la “grana”, e la Bce ci permetta di finanziarci, ha affermato una fonte governativa. Se questo non è un ricatto, è comunque un ultimatum che si accompagna con il referendum. In sintesi, questa la posizione di Atene che, dicono fonti governative, non vuole cadere nella trappola del 20 febbraio, quando “si è firmato l’accordo ma non sono arrivati i finanziamenti”.
A leggere però attentamente il testo di quell’accordo non c’è scritto in nessuna pagina che una tranche era conseguenza della firma. Dunque il dialogo tra sordi continua. Atene e Bruxelles forniscono due interpretazioni di quell’accordo. Se poi si va a New York, l’ostilità verso la Grecia è evidente. L’accordo tra Atene e Fmi non può definirsi concluso e il Fmi non può erogare fondi se prima la Grecia non presenta un pacchetto di misure e riforme completo. Questa la posizione del Fmi.
A ben pensare, è evidente il perché Tsipras ha scelto di non presentare ai suoi ministri il disegno di legge omnibus. Non si conosce neppure con esattezza il suo contenuto: nelle ventiquattro ore tra mercoledì e giovedì scorsi, il taglia-cuci-incolla-correggi è stato continuo, con il risultato che le proposte originarie si sono annacquate, non certo per agevolare le discussioni, quanto per accontentare i “syrizei” radicali. I quali non hanno parlato molto durante il consiglio. Anche loro aspettano le notizie da Bruxelles.
Tutti d’accordo? Non se ne parla. Ieri il capo della “piattaforma di sinistra”, nonché ministro dell’Energia, Panagiotis Lafazanis, ha lanciato la sua “bomba”. In un articolo, dal titolo: “Partner e finanziatori chiedono una umiliante capitolazione”. Soltanto un passaggio dell’articolo: “La resa dei conti in evoluzione tra la Grecia e i suoi creditori ha delle chiare caratteristiche di classe”. Quindi, sintetizza Lafazanis, meglio la “rottura”. Ecco appunto rispuntare nel giorno della festa (sciopero ad Atene) dei lavoratori il principio della “lotta di classe”, quando il Paese sta combattendo la sua “lotta di sopravvivenza”.
Ma a breve ci sarà la resa dei conti. Tra Tsipras e alcuni suoi ministri, tra Atene e Bruxelles. Il “gioco” a rimpiattino sta per finire. Poi arriverà la catarsi: o con un default o con le riforme o con quanto può produrre la “creatività” del radicalismo. Fin dove si spingerà il governo? Il suo obiettivo è arrivare a giugno, quando, secondo le aspettative di Atene, si dovrà discutere della ristrutturazione del debito. Lo ha fatto capire il ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, quando l’altro giorno in Parlamento ha sostenuto che dopo giugno ci sarà la ripresa economica.
Sul funzionamento del Parlamento, quasi fosse un ridotto espugnato dalla sinistra, è simpatico raccontare queste breve notizia. Durante la riunione della commissione Istituzioni e Trasparenza, un membro dell’opposizione ha chiesto, mentre parlava, una bottiglietta d’acqua perché aveva la gola secca. Il Presidente, che poi è anche il Presidente del Parlamento, Zoi Konstantopoulou, è intervenuta dicendo: “In questo periodo il Parlamento non pubblicizzerà le etichette dell’acqua in bottiglia. Tutti quanti berremo acqua del rubinetto”. Siamo in austerità, dunque anche i deputati devono risparmiare. I deputati, non il Presidente, la quale per il suo viaggio istituzionale a Roma è stata accompagnata da una delegazione di una decina di persone: costo della missione 10 mila euro.