Doccia scozzese? No, doccia ateniese. Nel giro di 48 ore si è passati dalle minacce di una “rottura” a un comunicato congiunto di Tsipras e Juncker in cui si sottolinea che le trattative proseguono. Anzi sono stati fatti numerosi “progressi”, al punto che oggi potrebbe essere comunicato il raggiungimento di un accordo di massima. Centoquarantanove parole abbastanza generiche, ma che indicano il cambio di passo del governo. 



Messo alle strette, Tsipras ha ceduto e ha scavalcato la sua “linea rossa”. E infatti, scritto nero su bianco, nel comunicato si parla di pensioni, lavoro e “valutazione” del programma di finanziamento (come hanno sempre chiesto i creditori: prima la valutazione dei conti pubblici e poi la riscossione del prestito di 7,2 miliardi). Parola, quest ultima, che il governo Tsipras non ha mai pronunciato, in ragione del suo rifiuto di riconoscere come ancora attivo il secondo Memorandum. Si tratterà di capire quale lessico verrà usato: si tratterà della quinta valutazione prevista dal precedente programma oppure della prima valutazione in base agli accordi del 20 febbraio? Il portavoce del governo, ieri, non è stato chiaro al riguardo. Si parla inoltre di “modernizzazione” del sistema pensionistico, che sia sostenibile, ma che deve “evitare la povertà degli anziani”. E infine i rapporti di lavoro che dovrebbero soddisfare “i più alti standard europei”. 



Ad accompagnare questa dichiarazione congiunta è stato anche un comunicato, pure questo congiunto, della ex Troika (Europa, Bce e Fmi) in cui si registra la convergenza tra le diverse posizioni: “Condividiamo lo stesso obiettivo” . In cambio di queste concessioni, Atene è pronta a discutere di privatizzazioni, della modifica delle aliquote Iva, del blocco degli stipendi e delle pensioni anticipate, del mercato dell’energia, di nuove tasse per i ricchi, del mantenimento della tassa sulla prima casa: almeno queste sono le prime ipotesi che circolano. Di sicuro, Tsipras dovrà correggere alcune sue promesse elettorali. 



Ovviamente non si tratta di un accordo, ma di un messaggio che le due parti hanno trovato un minimo comun denominatore per un “percorso condiviso”, insomma una “road map”. Primo passo sarà una dichiarazione del “work in progress” verso la soluzione delle trattative durante l’Eurogruppo, chiave per aprire le casse della Bce e per gettare le basi per il “grande accordo” di fine giugno, in cui si dovrà discutere della ristrutturazione del debito e di un programma di sviluppo dell’economia, ormai moribonda. 

Trovata la sintonia con i creditori, ora Tsipras dovrà prima definire con i creditori le riforme da varare e poi arrivare a un compromesso con parecchi suoi deputati, i quali, in questi tre mesi, non hanno fatto altro che creare confusione e incertezza negli europei e nell’opinione pubblica ellenica. 

Certamente il governo dovrà inaugurare una nuova stagione di “austerità morbida” che non verrà ben accolta dall’ala sinistra del partito, la quale non ha abbandonato la prospettiva di un referendum. Gli incidenti, o i cambi di rotta, sono sempre possibili, tuttavia alla fine del percorso si saprà qual è la reale strategia del governo. Troppe infatti, sono state le giravolte. Ed è da marzo che si dice che l’accordo è vicino. Siamo a metà maggio e tutto è ancora per aria. 

Juncker è riuscito, con un’abile mossa politica, a inchiodare la sedia di Tsipras al tavolo dei creditori, ma non è dato per certo che il primo ministro possa fare altrettanto con i suoi compagni, per nulla convinti delle ultime mosse politiche del Premier. Ma questo aspetto “interno” del problema non riguarderà l’Europa, quanto il primo ministro, il quale sta preparando il terreno in vista dell’accordo con i creditori. Deve insomma convincere i “duri e puri”. 

Sarà per questa ragione che ieri il portavoce del governo ha precisato che l’esecutivo ha posto la sua “linea rossa” e che si aspetta che in questo quadro verrà raggiunto un accordo, e ha chiarito che non si parla in nessun caso di un taglio alle pensioni. Le dichiarazioni contraddicono in parte il comunicato congiunto Tsipras-Juncker, ma servono come alibi per la sinistra che deve recitare il suo ruolo di portavoce delle masse popolari. È forse un gioco delle parti ben organizzato e gestito. Lo scopriremo più avanti nel tempo, quando si capirà se il governo Tsipras ha una solida maggioranza parlamentare. 

Finché si tratta di negoziare a schiena dritta tutto fila liscio nell’alleanza tra sinistra radicale e neo-nazionalisti. Fuori da questo perimetro il patto potrebbe scricchiolare. Ieri, tre ministri di Syriza hanno inserito, in un disegno legge da votare oggi, un emendamento che riguarda la costruzione della moschea di Atene (i finanziamenti sono stati stanziati, ma finora nessun costruttore si è fatto avanti). Noi non la voteremo, hanno chiarito immediatamente i deputati alleati dei “Greci Indipendenti”. 

Quando la Grecia ritornerà un Paese “normale” le frizioni saranno molte e alcune dolorose. Allora e soltanto allora sapremo se Tsipras e il suo governo avranno un futuro.

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