Alle pressioni di Bruxelles Atene risponde con un “non paper”, redatto ieri alla fine di una riunione d’urgenza tra il primo ministro e i responsabili della politica economica. Il contesto è sempre lo stesso: il governo, al di là delle trattative a livello di tecnocrati, insiste per la “trattativa politica”.  Il titolo è: “Firmeremo un unico accordo”. Svolgimento: Atene ribadisce le sue posizioni. E cioè: un modesto avanzo primario per il 2015 e il 2016 in grado di spezzare il circolo vizioso dell’austerità; nessun taglio a stipendi e pensioni; ristrutturazione del debito pubblico; programma di investimenti.



Su un punto Atene ha ragione: quando chiede che il circolo vizioso dell’austerità venga spezzato. Con Tsipras è d’accordo anche il “The New York Times”, il quale scrive che i responsabili dell’attuale disastro – “La Grecia, uno zombie economico”, è il titolo dell’articolo – sono gli europei che hanno imposto degli accordi alla Grecia, ma di fatto hanno soltanto rimandato il giorno della crisi finale perché non hanno affrontato i problemi strutturali dell’economia ellenica.



Sempre nel “non paper”, il governo si toglie alcuni sassolini: “In Grecia per coprire il deficit delle pensioni lo stato eroga il 9% del Pil, mentre il Germania il 3%. L’età media per la pensione è di 63 anni per gli uomini e 59 per le donne. In Germania è lo stesso per gli uomini, mentre per le donne è 62 anni”.  Precisazioni che vanno a correggere le dichiarazioni del portavoce del Fmi, Gerry Rice, il quale, commentando la decisione del Fondo di allontanarsi dal tavolo delle trattative con la Grecia, ne ha spiegato una delle ragioni: “La spesa per pensioni e stipendi equivale all’80% delle entrate del Paese, e questa situazione non può continuare. Il sistema pensionistico ellenico non è sostenibile. I fondi pensioni ricevono finanziamenti per un valore del 10% del Pil (la media europea è del 2,2%). La pensione base in Grecia è uguale a quella tedesca, ma in Grecia i lavoratori vanno in pensione sei anni prima di quelli tedeschi”.  



Il “perché” di questa scelta da parte del Fmi non è ancora chiaro: o si vuole sfilare dal programma di sostegno alla Grecia oppure ha deciso di recitare la parte del “cattivo” per indurre Atene a più miti consigli. Con i tecnocrati del Fmi sono partiti anche i colleghi della Bce. Inutile restare, in quanto i colloqui, nell’ambito del Brussels Group, sono bloccati da due settimane. Uno dei motivi per cui si sono bloccati è la decisione di Atene di spostare le trattative a livello politico. Tutto verrà deciso il 18 giugno, durante la riunione dell’Eurogruppo.

Indubbiamente i vertici di Fmi e Bce hanno espresso la loro contrarietà verso il governo ellenico che ha insistito per arrivare a una “soluzione politica” del problema. Ma non sono soltanto il Fondo e la Bce a esprimere la loro contrarietà. Va aggiunta la Commissione europea. “Soldi freschi non ci sono”, ha affermato una fonte comunitaria, quindi una possibile estensione dell’attuale programma potrebbe scadere a settembre, usando i soldi a disposizione del fondo di stabilità.

Ieri da Bruxelles sono partite due bordate piuttosto violente. La prima da Jean-Claude Juncker: “Le trattative continueranno prima a livello tecnico, poi a livello politico”, aggiungendo che l’accordo deve concludersi entro i prossimi giorni. La seconda dal Presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem: “La Grecia non ha altra scelta se non prendere difficili decisioni se vuole assicurasi ulteriori finanziamenti che servono ad evitare il default. Se la Grecia  non accetta il fatto che non ci sono soluzioni facili, allora resterà da sola. Non possiamo aiutare la Grecia se la Grecia non vuole essere aiutata”.  La Borsa di Atene, invece, rotola sulle montagne russe. Ieri ha perso il 5%.L’agenzia Bloomberg da parte sua ha fatto due calcoli sui costi di questa estenuante trattativa.

Il giovane Tsipras ha perso per strada tutti i possibili interlocutori. Spera ancora in un colpo d’ala di Frau Merkel, ma la signora sembra più preoccupata per le reazioni negative del suoi parlamentari che di sentir parlare di Grecia sembrano essersi stufati, ma ha chiarito che “è giusto che si continui a parlare gli uni con gli altri, ancora e ancora”.  Secondo un sondaggio, il 51% dei tedeschi è a favore di una Grexit, mentre il 70% dichiara che non si deve fare alcun sconto alla Grecia. 

E a casa sua Tsipras non è certamente sostenuto dalla sua maggioranza e dai suoi parlamentari. Proprio non riescono a stare zitti. Sembra che soffrano della “sindrome da accordo” che si manifesta in dichiarazioni che non fanno altro che avvelenare il clima politico ed economico. Nel frattempo il governo mostra le prime crepe, come da previsione. I due alleati, al di là delle lotta al Memorandum, non hanno alcuna linea politica comune, e dunque il risultato sulla votazione, in commissione, della legge sulla cittadinanza ai figli di coppie straniere, era scontato. La destra ha votato contro alcuni articoli della proposta. In soccorso al governo sono intervenuti i socialisti del Pasok.

A seguire si potrebbero citare altre “perle” ascoltate ieri e l’altro ieri. “Se non si arriva a un accordo, non pagheremo la rata al Fmi”: Panos Kammenos, l’alleato di governo. “Dobbiamo scegliere tra rottura e sottomissione”: Costas Lapavitsas, economista. Ma sarebbe soltanto una ripetizione di concetti, di analisi politiche, di “futurologia” già citati e che hanno tutti una data di scadenza: il 18 giugno. 

Data da considerare comunque con beneficio di inventario: è da inizio maggio che la deadline del blade game viene regolarmente posticipata. La data del game over è invece stabilita: 30 giugno.

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