Nel momento in cui questo articolo veniva inviato in redazione per essere impaginato, sul caso greco non c’erano ancora certezze. L’ottimismo di ieri mattina già all’ora di pranzo era stato attutito dalle dichiarazioni molto caute di alcuni esponenti politici di primo piano e, sostanzialmente, i mercati hanno navigato a vista in attesa di qualche novità reale che, tanto per cambiare, è attesa del prossimo Eurogruppo che verrà indetto in settimana. Per l’ennesima volta si è deciso di non decidere nulla, invocando la necessità di studiare dettagli tecnici e altre amenità del genere. Come questi cialtroni che dovrebbero governare l’Europa possano non vergognarsi della loro inettitudine è davvero qualcosa che detta sconcerto. Ma si tratta di inettitudine o di malafede? Vediamo, perché qualche punto fermo è il caso di metterlo.
Primo, come vi avevo detto sabato, l’aumento da 1,8 miliardi della disponibilità Ela alla Grecia da parte della Bce di venerdì non è stato sufficiente, bruciato il giorno stesso dai prelievi per oltre 1,2 miliardi di euro dei cittadini ellenici, ma le banche ieri erano aperte e i bancomat funzionanti. Il perché però è presto detto: la Banca centrale europea ha ampliato un’altra volta il tetto della liquidità di emergenza alle banche greche, terzo aumento in sei giorni. Lo riferiva una fonte bancaria, senza precisare l’ammontare dell’aumento, ma sottolineando che, se necessario, il consiglio di Francoforte era pronto a tornare a riunirsi, come fatto ieri mattina in teleconferenza, per varare un’altra misura del genere alla luce dell’accelerazione delle fughe di depositi, dato che i correntisti greci hanno ritirato complessivamente circa 4,2 miliardi di euro. Quindi, di fatto, le banche greche sono insolventi e devono il loro finanziamento al 70% ai soldi della Bce. Per quanto? Nel quinto punto che tratterò dopo, lo vedremo.
Secondo, al netto degli errori e delle bugie – senza scusanti – dei vari governi greci succedutisi negli ultimi anni, quando Alexis Tsipras ha definito l’atteggiamento del Fmi nei confronti del suo Paese “criminale” non ha esagerato. Già, perché sabato, ovvero a poche ore dal meeting fondamentale di ieri per il destino di Atene, la numero uno del fondo, Christine Lagarde, si è permessa di proferire le seguenti parole: «Sono felice di constatare i continui sforzi del governo ucraino per raggiungere un accordo collaborativo con tutti i suoi creditori. Questo è importante perché significa che il Fondo sarà in grado di continuare a supportare l’Ucraina attraverso la sua politica di prestito anche nel caso in cui un accordo negoziato in linea con il programma non sarà raggiunto in tempo utile». A casa mia si chiama ipocrisia, per due motivi. Un messaggio simile è un sottile ricatto, semplicemente perché tanta compiacenza da parte del Fondo l’Ucraina non l’ha ottenuta per la sua volontà negoziale, ma perché ha già offerto – anzi, gli è stata requisita nottetempo – la sua garanzia per quei prestiti quando ha visto sparire le sue 112,5 tonnellate d’oro, finite negli Usa non si sa dove. Come dire, se Tsipras mettesse sul tavolo le sue riserve auree – controvalore di circa 4 miliardi di dollari – allora la politica degli ultimatum finirebbe. Inoltre, anche un bambino – stante gli sviluppi nel Donbass – capirebbe che l’appeasement del Fondo verso l’Ucraina è parte di una politica dichiaratamente anti-russa, visto che l’avvicinamento recente tra Putin e Tsipras e la firma di alcuni accordi commerciali bilaterali. Insomma, se sei un governo golpista ma burattino di cui Washington tira i fili, va tutto bene, altrimenti ti massacriamo.
Terzo, nonostante l’entusiasmo del mattino, nelle sale trading di buon’ora già circolavano due report, uno di Societe Generale e l’altro di Goldman Sachs che spegnevano non poco gli entusiasmi rispetto alla possibilità che il “piano definitivo” fatto arrivare a Bruxelles da Atene potesse risolvere una volta per tutte il caso greco. Per la banca francese, infatti, senza un terzo programma di salvataggio da 60-80 miliardi di euro per i prossimi tre anni nulla sarà stabilizzato e il rischio di Grexit resterebbe nei monitor a ogni minimo accenno di crisi, mentre per quella statunitense non solo un accordo sarà possibile solo dopo l’introduzione di controlli sui capitali, un default tecnico sulle scadenze con il Fmi e l’emissione di Iou, ma «il danno risultante dalla rottura dell’integrità dell’euro non potrebbe essere sanato solo con politiche monetarie». Al netto di questo mi chiedo, perché tante manine ieri mattina compravano euro e titoli azionari Usa e vendevano franchi svizzeri con il badile? Chissà.
Quarto, se la situazione greca è rimasta innescata come una bomba a mano senza spoletta per gli ultimi 5 anni è perché qualcuno ha voluto “calciare in avanti la lattina”, come si dice in gergo, e nascondere la testa sotto la sabbia fino a quando i mercati non hanno ricominciato a mandare pericolosi segnali di impazienza e tensione. Di più, chiunque – dall’Ue al Fmi – abbia venduto alla gente il fatto che con i vari salvataggi raffazzonati di questi anni la situazione greca – e più in generale, quella europea – era risolta, è in cima alla lista dei responsabili del disastro che si è sostanziato negli ultimi mesi. Guardate il grafico a fondo pagina se non ci credete, ci mostra come, dopo il 2010, il Pil greco sia crollato molto ma molto più di quanto previsto nei programmi di aggiustamento, con il Fmi in testa alla classifica degli incapaci cronici. Insomma, si è applicata la ricetta sbagliata su un’economia che era già alle soglie del collasso totale.
Quinto, c’è qualcosa di strano in quanto è accaduto nell’ultimo mese e mezzo e mi riferisco alla crescita esponenziale delle fughe di capitali dagli istituti bancari greci. Al netto del terzo aumento delle disponibilità Ela alla Grecia operato dalla Bce ieri mattina, stando a calcoli di JP Morgan le banche greche nel loro complesso hanno collaterale eligibile per 121 miliardi di euro (38 miliardi in bond Efsf, 8 miliardi in securities governative e 75 miliardi di cosiddetti “credit claims”) e con l’aumento dei fondi Ela di venerdì l’ammontare totale dei denaro preso a prestito dalla Grecia sale a 125 miliardi. Cosa significa questo? Che se i calcoli di JP Morgan sono giusti e il collaterale eligibile della banche greche è già andato esaurito due settimane fa o sta per esaurirsi ora, ci sono solo due vie: continuare a pompare soldi tramite l’Ela o imporre subito controlli sul capitale già dal giorno dopo, bloccando i bancomat dall’erogazione di euro freschi di stampa. Caso strano, ieri l’edizione on-line del Financial Times riportava la dichiarazione anonima di un direttore di banca in base alla quale nel weekend appena trascorso dai bancomat sono stati ritirati 400 milioni di euro ulteriori, portando l’emorragia da venerdì a domenica a un totale di 2 miliardi di euro. E cosa hanno deciso le banche, in via “non ufficiale”? Limite di prelievo allo sportello a 3mila euro. Insomma, un prodromo di controlli di capitale sulle banconote stampate con tanta urgenza dalla Banca centrale greca.
E qui è il problema reale, poiché stando a Barclays durante lo stesso arco di tempo nel quale le banche elleniche hanno perso 30 miliardi di euro in depositi, le banconote in circolazione in Grecia sono cresciute per un controvalore di 13 miliardi di euro. Già, perché la gran parte delle fughe di capitali sono avvenute attraverso il contante, il cui uso è cresciuto in Grecia del 44% dalla fine dello scorso anno. E come ci mostra il primo grafico a fondo pagina, a fronte di 30 miliardi di depositi spariti tra la fine di novembre 2014 e aprile di quest’anno, le banconote in circolazione in Grecia sono cresciute di 13 miliardi di euro: insomma, per tamponare la fuga la Bank of Greece ha letteralmente stampato denaro. Il problema è che quelle banconote stampate in eccesso rappresentano una liability della Grecia verso il resto dell’eurosistema e quindi vanno aggiunte al bilancio negativo di Atene presso il programma Target2 della Bce, il quale determina l’esposizione totale dell’eurozona al rischio ellenico.
Bene, come ci mostra il secondo grafico, alla fine di aprile le liabilities nette relative all’allocazione di banconote erano pari a 16,2 miliardi di euro, mentre il bilancio di Target2 era negativo per 99 miliardi di euro. Quindi, l’esposizione totale dell’eurosistema alla Grecia è di circa 115 miliardi di euro. Ma, inserendo nel calcolo il calo dei depositi, il maggior utilizzo delle banconote e l’aumento dei finanziamenti da parte dell’eurozona a maggio, oggi quella cifra dovrebbe essere già attorno a quota 125 miliardi. E qui, la mia domanda e il mio dubbio. Tutti sanno che chi vanta il credito maggiore all’interno di Target2 è la Germania attraverso la Bundesbank e quindi, di fatto, ogni liability di un membro verso l’eurosistema è una liability verso Berlino. Sarà per questo che la Merkel continua a dire che un accordo è possibile e che bisogna lavorare ancora con Atene, tramutando il vertice di ieri da “giorno della verità” in ennesimo e speranzoso rinvio? E sarà ancora per questo che qualcuno ha sposato la tesi di Mario Draghi, il papà di Target2, come “facilitatore” interessato delle fughe di capitali per piegare la resistenza di Tsipras e Varoufakis? Chissà.
Sesto e ultimo, perché l’America preme così tanto per un accordo tra creditori e governo greco? Direte voi, sarà esposta. Guardate l’ultimo grafico, il quale ci mostra le detenzioni di titoli azionari greci tra gli investitori stranieri. Come vedete, stando a dati dell’Athens Stock Exchange, il 59% del mercato azionario greco è in mano straniera (e già questo la dice lunga), con gli statunitensi a fare la parte del leone con il 25% del totale. Un’esposizione pari a 5,7 miliardi di dollari, ovvero pari al valore di Borsa della Dunkin’ Brands Group, azienda che produce le mitiche ciambelle tanto amate da Homer Simpson e che è quotata sull’indice S&P Midcap 400 di Wall Street. Vi pare un rischio sistemico?
Tanto più che gli investitori statunitensi stanno continuando a comprare titoli azionari greci, anche dopo che il mercato è cominciato a calare per il riacutizzarsi della crisi: un Etf che traccia azioni elleniche ha visto inflows per ogni settimana da inizio anno e anche la scorsa ha visto entrare nel mercato greco flussi per 9,5 milioni di dollari. Da inizio anno alla fine della scorsa settimana l’indice benchmark greco, l’Ase, è sceso del 17%, portando il valore del mercato azionario ellenico a una capitalizzazione di 36 miliardi di dollari. Ovvero, il valore di Yahoo! da sola! Ma di cosa stiamo parlando?! Gli Usa premono solo in chiave anti-Putin, vogliono evitare che una Grecia disperata finisca per cedere alle lusinghe di Mosca, piuttosto che sottostare ai diktat della troika. Tutto qui. È una pantomima, brutta e sleale. Soprattutto perché a pagarla sono soprattutto i cittadini greci, sulla loro pelle, prima dei mitologici “mercati”.
P.S.: Guardate questo grafico, ci mostra le reazione del mercato obbligazionario sovrano dei cosiddetti Paesi periferici Ue alla pubblicazione da parte della Bbc di un’indiscrezione ancora tutta da confermare. Un’apoteosi di ottimismo, con lo spread portoghese giù addirittura di 55 punti base! Ma cosa aveva detto la Bbc attorno alle 16.45? Il suo caporedattore economico, Robert Peston, aveva intervistato il ministro dell’Economia greco, George Stathakis, a detta del quale «le nuove proposte del governo hanno rotto l’ingorgo diplomatico con i creditori», tanto che entro la serata i capi di governo dell’eurozona avrebbero comunicato che ci sono nuove basi per un accordo formale con Atene per completare il programma di salvataggio e quindi sborsare l’ultima tranche di aiuti pari a 7,2 miliardi di euro. Insomma, la Grecia era salva!
Oggi scopriremo se davvero c’è stato quel comunicato, nel frattempo due cose. Attenzione alle reazioni pavloviane dei mercati sulla Grecia, finora hanno portato solo guai. Secondo, di quei potenziali 7,2 miliardi, entro il 30 giugno 1,5 andrebbero al Fmi, mentre a luglio ci saranno scadenze per 465 milioni ancora verso il Fmi il 13, poi pagamenti di interessi sul debito per oltre 300 milioni il 19 ma, soprattutto, il 20 va in scadenza un bond da 3,5 miliardi detenuto dalla Bce, il cui mancato pagamento fa scattare il default e la sospensione dei fondi Ela. Proprio sicuri che ci sia tanto da festeggiare, ammesso e non concesso che la notizia della Bbc sia vera?