Chiedeva una “soluzione politica” al problema, e la risposta è stata “politica”. Due leader, eletti, hanno deciso per gli altri paesi europei, presentando a Tsipras una bozza di accordo capestro. Chissà se questo penultimo atto del dramma euro-ellenico avrà delle conseguenze politiche sul futuro assetto europeo. Nell’incontro notturno, tra Tripras e Jean-Claude Junker, che agisce seguendo le direttive di chi gestisce i finanziamenti, si è arrivati a un nulla di fatto. Chiedere a un governo di sinistra che le pensioni sociali vengano tagliate, che aumenti la bolletta dell’energia elettrica, o una grandinata di tasse equivale a una quasi dichiarazione di rottura. Oppure, al di là delle dichiarazioni che – con il senno di poi – si sono dimostrate delle “bufale” – ad esempio quella di Monsieur Hollande, secondo cui “per l’intesa era questione di ore, forse di giorni” – la “soluzione politica” che ha architettato l’asse franco-tedesco prevede di infilare Tsipras, e la sua polifonica maggioranza, in un “cul de sac”. Oggi, nel tardo pomeriggio, il primo ministro avrà modo di tastare gli umori del Parlamento, convocato su sua iniziativa.
Per il momento, dunque, Atene e Bruxelles sono distanti, ma si continua a discutere. Fino a quando? Forse fino all’11 o al 14 di questo mese. Oggi la rata al Fmi verrà regolarmente versata. Una clausola dell’accordo del 20 febbraio obbliga Atene a onorare il debito verso il Fmi. Ma nessuno lo aveva, fino a oggi, rivelato. Una bugia ben nascosta per ragioni di politica interna. Tuttavia, “paghiamo o non paghiamo” era il dubbio, ieri, tra i parlamentari e gli iscritti di Syriza.
Non c’è dubbio che lo stallo nelle discussioni ha rinvigorito le voci di tutti coloro che chiedono la rottura.”Non ci arrenderemo ai creditori”, diceva un ministro. “La bozza Juncker è il siluramento delle trattative”, un altro. “Elezioni”, un altro ancora. D’altra parte questa polifonia, ammette un “compagno”, non ha sicuramente aiutato Tsipras nelle trattative. Non si è mosso con sicurezza, anzi, ha dato corda all’opposizione interna del partito, la quale da ieri ha ingrossato le sue fila. D’altra parte, oggi Syriza paga le sue contraddizioni interne che potevano essere “accademiche” fin tanto era un partitino all’opposizione. Oggi si accorge di non avere solide basi comuni su cui discutere.
Non è stata inoltre una scelta intelligente quella di scrivere un articolo sull’edizione domenicale di “Le Monde”, prima che i vertici europei si riunissero a discutere di Grecia, in cui Tsipras ributtava la palla nel campo dei creditori, muovendo pesanti critiche a ministri stranieri e al Fmi. Il suo blame game, nel caso di uno stallo nelle trattative, era a uso interno. Il maestro, in questo gioco, è stato sicuramente Andreas Papandreou, ma con alcune differenze sostanziali: Papandreou controllava il partito e non lo ha mai usato come giustificazione per non fare ciò che andava fatto; sapeva condurre il gioco nel momento più delicato; infine, sapeva “leggere” persone e fatti. Tsipras al suo confronto è un “ingenuo” con poca esperienza, ma soprattutto carente di buoni consiglieri che abbiamo esperienza e capacità diplomatiche. Ha impiegato due mesi per capire che la squadra di Varoufakis responsabile delle trattative non era adatta alla bisogna. Richiamato in servizio un tecnocrate di esperienza, le discussioni hanno preso un altro ritmo, raggiungendo almeno alcuni risultati. Ha insistito nel chiedere una “soluzione politica” e i suoi interlocutori politici, Merkel e Hollande, lo hanno in parte “tradito”, presentando una bozza di accordo con la sicurezza che Tsipras avrebbe risposto: “No grazie”.
Indubbiamente le richieste che la “Troika” aveva chiesto al precedente governo erano meno “dolorose”. L’analisi non arriva dall’opposizione, ma da un ministro dell’attuale governo. Se dopo quattro mesi di trattative questa è l’amara verità, tanto valeva non combattere la battaglia lessicale su Troika e Memorandum, ma andare al sodo: cioè discutere e portare a casa il risultato, leggi finanziamenti. E comunque, come sostengono alcuni economisti, che di mestiere non fanno politica, questi quattro mesi avranno delle serie ripercussioni sia per le finanze private, cioè dei cittadini, sia per quelle pubbliche. E a titolo di esempio, poi, che ragione c’era di tirare fino a giugno la discussione sulle aliquote Pfa (Iva) che riguardano il turismo, definito “l’industria pesante” della Grecia? A tutt’oggi gli uffici turistici stranieri non sanno ancora quale tariffe applicare…