Ora forse le ragioni delle dimissioni di Varoufakis iniziano a essere più chiare. Occorre tenere presente che l’ex ministro greco, oltre a essere un esperto di teoria dei giochi, cioè quella disciplina che studia il comportamento dei giocatori all’interno di regole condivise e presupponendo un comportamento razionale, orientato ai propri interessi, è anche un conoscitore (ed estimatore) delle monete complementari o alternative. Come si può vedere da un post di oltre un anno fa visibile sul suo blog, non solo mostra di conoscere il Bitcoin, ma auspicava una riflessione e un approfondimento per una moneta di quel tipo utilizzata da uno Stato per fornire in qualche modo uno strumento a sostegno dell’economia reale in mancanza di euro. A questo aggiungiamo pure una dichiarazione rilasciata al quotidiano inglese Telegraph la domenica del referendum, quando ormai la vittoria del No appariva scontata, nella quale ipotizzava, se necessario, l’utilizzo di una liquidità parallela sull’esempio della California. In California, con lo Stato in una situazione di bancarotta di fatto, vennero emesse dei cosiddetti Iou (“I Own You”, cioè cambiali pagherò) per pagare i fornitori con promesse di pagamento garantite da tasse future. E Varoufakis aggiungeva: “We should have done it a week ago” (“Avremmo dovuto farlo una settimana fa”).
Ma, oggi è chiaro, Tsipras aveva un piano differente. Il piano era quello di accettare l’aiuto capestro dell’Ue senza perdere la faccia politicamente col proprio elettorato. Evidentemente quasi sperava di perdere al referendum, indetto in fretta e furia e praticamente senza informazione, anzi con una informazione che è riduttivo definire terroristica.
Con la vittoria del Sì, Varoufakis aveva già annunciato le proprie dimissioni e Tsipras avrebbe potuto dire “lo vuole il popolo greco”. Ma il diavolo fa le pentole e non i coperchi, così al referendum ha vinto il No e Varoufakis, accertato che il suo piano di liquidità parallela non era gradito a Tsipras, si è dimesso.
Ora apprendiamo che il governo greco ha approvato un piano che, per ottenere aiuti per 74 miliardi, propone tagli per complessivi 12 miliardi. Ma il voto in Parlamento è avvenuto con una frattura (minima, ma è un inizio) all’interno del partito Syriza e con l’appoggio di qualche pezzo dell’opposizione. Eppure questo, secondo gli ultimi commenti, ancora non basta. In particolare, il ministro dell’Economia tedesco Wolfgang Schaeuble ha affermato che “il negoziato è estremamente difficile”, anche perché “la situazione, che alla fine dello scorso anno, nonostante tutto lo scetticismo, era incoraggiante, è stata distrutta in modo inconcepibile negli ultimi mesi”.
Quello che pare di capire è che ciò che è andato distrutto è la fiducia. In altre parole, i tedeschi non si fidano più di eventuali impegni a tagliare le pensioni e gli stipendi statali, aumentare le tasse e combattere l’evasione, perché hanno visto che un eventuale cambiamento di governo potrebbe rimettere in discussione tutto. Pretendono un impegno vincolante per il futuro, probabilmente un pareggio di bilancio e un impegno a pagare i debiti scritto in Costituzione. Insieme a leggi approvate che diano il via libera a privatizzazioni selvagge.
Ma tutta questa sottomissione e perdita di sovranità in cambio di cosa? Cosa riceverebbe il popolo greco in cambio di un simile cedimento che lo stesso Tsipras aveva definito, come motivazione del ricorso al referendum, come contrario ai diritti umani e ai principi fondamentali dell’Ue? Riceverebbero un taglio di 12 miliardi, (e visto che i greci sono poco più di undici milioni, sono pari a più di mille euro a testa per tutti, dal neonato al pensionato centenario) e 74 miliardi di liquidità per il sistema bancario (non per il popolo) che sono 74 miliardi di nuovi debiti che andranno a pagare i debiti precedenti (con Fmi e con la Bce), ma i cui interessi saranno pagati dal popolo. Insomma, la schiavitù del debito continua.
Tutto questo riconferma cose che ho già avuto occasione di affermare e completamente ovvie: il debito sulla moneta è impagabile. Ma soprattutto ci tengo a ribadire, visto che non sembra un commento che si legga su altri siti, che richiedere il pagamento di un debito impagabile è immorale e contrario alla Dottrina sociale della Chiesa. Su questo punto, le affermazioni della Lettera Enciclica Centesimus Annus di Giovanni Paolo II (del 1991) sono inequivocabili: “Al presente sugli sforzi positivi che sono compiuti in proposito grava il problema, in gran parte ancora irrisolto, del debito estero dei Paesi più poveri. È certamente giusto il principio che i debiti debbano essere pagati; non è lecito, però, chiedere o pretendere un pagamento, quando questo verrebbe a imporre di fatto scelte politiche tali da spingere alla fame e alla disperazione intere popolazioni. Non si può pretendere che i debiti contratti siano pagati con insopportabili sacrifici. In questi casi è necessario – come, del resto, sta in parte avvenendo – trovare modalità di alleggerimento, di dilazione o anche di estinzione del debito, compatibili col fondamentale diritto dei popoli alla sussistenza e al progresso” (n. 35).
Quando i politici se ne faranno una ragione e saranno in grado di riconoscere non solo l’ovvio (il debito impagabile), ma anche ciò che è ragionevole (la difesa del bene comune), allora avremo vero progresso. Nel frattempo, dovremo organizzarci per conto nostro, per difendere il bene nostro e l’economia locale, con sistemi di Moneta complementare.