Nel corso di quest’anno il governo italiano dovrebbe rinunciare a qualche miliardo di flessibilità, ma in cambio nel corso dell’anno prossimo avremo meno rigore . È la proposta cui sta lavorando Pierre Moscovici, commissario Ue agli Affari economici, secondo le indiscrezioni pubblicate da Repubblica. L’idea di Bruxelles è che sia improponibile che l’Italia tagli il deficit alla vigilia delle elezioni del 2018, e che quindi sia meglio intervenire fin da subito per poi fare maggiori concessioni nel 2017. Intanto mercoledì Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia, ha fatto sapere: “Ci auguriamo che la risposta sull’ammissibilità delle nostre richieste sia sciolta presto per evitare di continuare ad avere un’incertezza che non aiuta la crescita”. Ne abbiamo parlato con Francesco Daveri, professore di Scenari economici all’Università Cattolica di Piacenza ed editorialista del Corriere della Sera.



Professore, perché il governo italiano insiste tanto sulla flessibilità anche a rischio di logorare i rapporti con Bruxelles?

Dal punto di vista politico, Renzi ha voluto ricorrere alla flessibilità anche nel 2016 perché questo gli dà comunque uno strumento che può usare in una possibile campagna elettorale, che non può escludere si tenga prima del 2018. L’eliminazione della tassa sulla prima casa è un potente strumento in campagna elettorale. Avrebbe dovuto coprirla con riduzioni di spesa, ma non lo ha fatto.



In quest’ottica ritiene sensato il piano di Moscovici?

È giusto che la Commissione si preoccupi del fatto che vicino alle elezioni i governi sono tutti un po’ più generosi, ma c’è anche il fatto che in Italia non si sa mai bene quando si tengono le elezioni. La scelta del premier è stata quindi quella di predisporsi con uno strumento efficace in un’eventuale campagna elettorale. Questo gli consente tra l’altro di allontanare il rischio di elezioni anticipate, proprio perché gli avversari sanno che è meglio posizionato grazie alla stessa flessibilità.

Dal punto di vista economico è meglio mettere i conti in ordine o rilanciare l’economia?



La flessibilità non è per sempre, e significa quindi poter spendere di più o fare più deficit in un anno se poi si è disponibili a fare meno deficit in un altro anno. L’ideale sarebbe che negli anni di vacche grasse si facesse meno deficit, e poi se ne facesse di più in quelli di vacche magre. Il problema è capire quando sono gli anni di vacche grasse e di vacche magre.

Come sono stati secondo lei gli ultimi anni?

La crescita nel 2014 era ancora negativa, quella del 2015 è diventata marginalmente positiva e quella del 2016 dovrebbe essere ancora più positiva, sia pure con tassi di crescita piuttosto risicati intorno all’1%.

Come vede le prospettive future dell’Italia?

In Italia non stiamo andando verso una situazione di vacche grasse, anzi siamo molto lontani. Però sicuramente le prospettive dell’economia sono migliorate nel corso del tempo. Secondo il governo è troppo presto per tirare il freno, ed è su questo che è in atto il negoziato con Bruxelles.

 

Dal punto di vista economico la posizione del nostro governo è sensata?

Sicuramente mancano ancora tanti punti di Pil rispetto ai livelli pre-crisi. È vero quindi che la crescita è più elevata rispetto agli anni precedenti. D’altra parte il livello del reddito e il mercato del lavoro stanno migliorando, ma sono ancora molto lontani non soltanto dai livelli del 2008 ma anche da quelli del 2011. Il governo si sta quindi prendendo quest’anno per godere della flessibilità, e questa probabilmente è una cosa che non è stata spiegata sufficientemente bene a Bruxelles.

 

Rinviare il taglio del debito può essere pericoloso?

Il nodo del debito non può essere sciolto né in un anno, né in pochi anni, certo bisogna incominciare. Nel 2016 il debito scenderà marginalmente, a condizione che si realizzino le condizioni previste dal governo. Quest’ultimo è stato un po’ ottimista sulla crescita del Pil nominale al 3%, ma grossomodo c’è un’inversione di tendenza. Grazie al ritorno della crescita, il rapporto debito/Pil prima si stabilizza e poi inizia a diminuire.

 

Bisognerebbe fare di più?

Bisognerebbe sicuramente fare di più, ma nello stesso tempo non bisogna uccidere la crescita appena cominciata. Quello che conta quindi è che il debito sia percepito come sostenibile dai mercati, e certamente lo è di più in una situazione in cui i tassi d’interesse sono bassi.

 

(Pietro Vernizzi)