Per quale Europa è morta Jo Cox, la deputata laburista uccisa venerdì da un malato di mente, visto che il lavoro da giardiniere volontario nel parco cittadino di Birstall lo aveva trovato mentre frequentava il centro di igiene mentale Pathways Day Centre di Mirfield (ma i media italiani non ve lo hanno detto questo)? Per quella che vedete nel grafico a fondo pagina, un’Europa che saputa la notizia del decesso ha festeggiato attraverso l’unico indicatore che ormai conta: i mercati azionari e i cross valutari. Dopo giorni e giorni di calo, la sterlina ha rialzato la testa non appena il mondo ha saputo che una giovane esponente pro-Ue inglese era morta, lasciando due figli piccoli e un tesoro politico: la vulgata mediatica, vergata col sangue, del nazionalismo anti-europeista come male del mondo. In sintesi, una bella sferzata di entusiasmo per il fronte opposto a quello del Brexit a meno di una settimana dal voto al referendum e con la situazione fissa a 52% contro 48% a favore dei pro-Ue.
È questa l’Europa per cui è morta Jo Cox, un’Europa che ieri, per onorarne la memoria, ha dato vita all’ennesima pantomima. I funzionari dei ministeri delle Finanze della zona euro hanno infatti dato il via libera a un’erogazione di finanziamenti nei confronti della Grecia per 7,5 miliardi di euro, ovvero il passo finale di una lunga revisione del programma di salvataggio del Paese che permetterà ad Atene di non andare in default entro la fine dell’estate. I funzionari, che compongono il consiglio direttivo dell’Esm (il Meccanismo europeo di stabilità), ovvero il fondo di salvataggio della zona euro, hanno accettato di erogare la prossima tranche di aiuti finanziari dopo che Atene ha completato una serie di manovre economiche eccezionali che aveva promesso di intraprendere. L’erogazione giunge, quindi, dopo che il parlamento greco ha approvato una serie di misure di austerità dolorose (concordate con i creditori sotto il cappello da 86 miliardi di euro di salvataggio), compreso un aumento delle tasse e una revisione al sistema pensionistico del Paese. In cambio del sostegno finanziario, il governo di sinistra del Paese ha concordato la dismissione dei crediti in sofferenza e l’istituzione di un fondo per la privatizzazione dei beni pubblici.
La Grecia aveva bisogno di fondi freschi entro la metà di luglio, quando dovrà ripagare debiti pesanti, comprese le obbligazioni detenute dalla Banca centrale europea. Parte dei nuovi prestiti andranno a ripagare i fornitori dello Stato: detta in soldoni, per i cittadini greci non c’è un euro. L’Esm ha anche detto che altri 2,8 miliardi di euro saranno disponibili per la Grecia, a condizione che nel frattempo Atene cancelli gli arretrati e proceda, come d’accordo con i creditori, sulla strada delle riforme.
E sapete a quanto siamo arrivati a livello di “aiuti”, pur non avendo portato un minimo di sollievo per i cittadini ellenici? Dopo l’esborso approvato ieri, il programma Esm di assistenza alla Grecia raggiungerà 28,9 miliardi su un totale del programma che può arrivare fino a 86 miliardi. Insieme Esm ed Efsf (quest’ultimo è il primo fondo salva-stati messo in piedi dalla zona euro) hanno erogato finora alla Grecia 170,7 miliardi, diventando di gran lunga il creditore più importante del Paese. Ma c’è anche di peggio, perché oltre al danno c’è anche la beffa dei grandi usurai del mondo. Presentando i risultati della riunione dell’Eurogruppo, la direttrice del FmiI, Christine Lagarde, ha infatti voluto prendere le distanze dall’accordo raggiunto a maggio sull’alleggerimento del debito, chiedendo retoricamente di quale accordo si trattasse. Con il presidente dell’Eurogruppo Joeroen Dijsselbloem che le ha ricordato, sempre nel corso della conferenza stampa, che i rappresentanti Fmi avevano negoziato i principi dell’alleggerimento del debito con i rappresentanti politici europei.
Giocano anche a fare i capricci, sulla pelle dei greci. Ecco per quale idea di Europa è morta Jo Cox, 41 anni spezzati da un folle e una vita passata a credere negli ideali. Gli stessi che l’Europa calpesta e oltraggia ogni giorno. Spero che gli inglesi, popolo che conosco e che apprezzo, non si facciano abbindolare e votino con freddezza e pragmatismo: spero, dal profondo del cuore, che scelgano il Leave, l’abbandono dell’Ue. Per due motivi: primo, ne accelererebbero la fine. Secondo, paradossalmente sarebbe il modo migliore di onorare la memoria di Jo Cox. Sì, perché in base a quello che ho letto di lei, dubito si riconoscesse in un’Europa che impone alla Grecia ciò che la Banca centrale ellenica ha scritto nel suo Monetary Policy Report 2015-2016 appena pubblicato: ovvero, che l’Europa uccide.
Già, basta andare al capitolo Reforms in health, economic crisis and impact on the health of population per trovare conferma di ciò, scritto nero su bianco e documentato dai numeri, dalle fredde cifre. La salute fisica e mentale dei greci sta deteriorando a livelli mai visti in un Paese sviluppato, sia per l’insicurezza economica che per l’alta disoccupazione che per il crollo dei redditi e lo stress quotidiano. E la cosa più allucinante che è la stessa Banca centrale ad ammettere che i cittadini hanno dovuto sì tagliare all’osso il loro ricorso a cure mediche per problemi economici, ma anche che questo trend di mortalità e malattia devastante è dovuto a tagli draconiani e carenze da Paese africano del sistema sanitario nazionale.
Il report dice chiaro e tondo che «mentre ci vuole un po’ di tempo a tracciare gli effetti di lungo termine, il trend ci mostra un deterioramento della salute dei greci corrispondente con gli anni dell’austerità, dei tagli e degli accordi con l’Ue. Sono aumentati i suicidi, poiché ai cosiddetti fattori primari di rischio (condizioni mediche e psichiche) si sono andati ad affiancare con enorme aumento quelli secondari (situazione economica) e terziari (età, genere). La mortalità infantile è salita di quasi il 50%, sia per l’aumento dei casi di morte per bimbi di età inferiore di un anno che per la decrescita delle nascite, un secco -22,1%. La mortalità infantile è passata dal 2,65% del 2008 al 4,75% del 2014». È in aumento anche la percentuale di popolazione che soffre di patologie mentali, soprattutto di depressione. Nel 2008 era il 3,3% salito al 6,8% l’anno dopo e arrivata all’8,2% nel 2011. E poi, sempre in salita, fino al 12,3% nel 2013. Nel 2014, il 4,7% della popolazione greca sopra i 15 anni dichiarava di soffrire di qualche forma di depressione contro il 2,6% del 2009. E ancora, le malattie croniche sono aumentate del 24%, tanto che la Bank of Greece arriva a scrivere che «gli ampi tagli alla spesa pubblica non sono stati accompagnati da cambiamenti o miglioramenti nel servizio sanitario nazionale, al fine di limitare le conseguenze per i cittadini più deboli e per i gruppi sociali più vulnerabili».
Ecco qualche altro numero, registrato dall’istituto statistico greco Elstat e confermato dal governatore della Banca centrale nel report: aumento del 24,2% delle persone con più di 15 anni che soffrono di malattie o problemi cronici di salute; aumento di oltre il 15% di persone con attività limitata per problemi di salute nel solo 2014; aumento del 19% nel periodo 2008-2010 di neonati con problemi di sottopeso (meno di 2,5 chilogrammi), situazione che spesso è associata a effetti negativi di lungo termine sulla salute e lo sviluppo del bambino.
Citando dati Ocse, la Bank of Greece sottolinea poi che il 79% della popolazione greca non è coperta da assicurazione medica e vive in situazioni di mancanza di cure e medicinali a causa della disoccupazione di lungo termine, con gli stessi lavoratori autonomi che non riescono a pagare i contributi sociali dovuti. Di più, stando a un sondaggio compiuto da Elstat nel 2014, una larga parte della popolazione sopra i 15 anni con necessità di cure mediche non poteva ottenerle a causa di mancanza di mezzi finanziari: il 13% della popolazione non riceve cure o trattamenti medici, il 15,4% non riceve cure dentistiche, il 4,3% non riceve cure per disturbi mentali, l’11,2% non può permettersi le medicine che gli vengono prescritte dal medico. Parliamo di un Paese europeo nell’anno del Signore 2016, non dell’Africa sub-sahariana.
Lo stesso sondaggio mostra un decremento nelle ammissioni in ospedali privati e l’aumento in quelli pubblici con l’effetto di creare una sovrabbondanza di domanda che intasa le strutture, già alle prese con tagli al personale e al budget in ossequio all’austerity che tanto piace a Schaeuble e Juncker: nel 2009 le ammissioni negli ospedali pubblici erano a quota 1,6 milioni, nel 2014 erano a 2,5 milioni. Altre cifre, visto che la percentuale di cittadini che necessita di cure mediche o infermieristiche e che le ha ricevute in ritardo o per nulla sta continuando a salire: il 13,1% ha dovuto fare i conti con liste d’attesa infinite, il 6,1% con problemi di trasporto o eccessiva distanza di ospedali o ambulatori e il 9,4% per mancanza di medici o personale specializzato.
Ecco la chiusa della Bank of Greece nel suo report: «La crisi economica e la svalutazione del sistema sanitario nazionale minacciano di comprimere e accorciare l’aspettative di vita media». Per questo è morta Jo Cox, a vostro avviso? Per un’Europa che ieri ha visto la Borsa di Milano volare e i titoli bancari sospesi per eccesso di rialzo, tutto perché tre colpi di pistola hanno allontanato lo spettro del Brexit? Vi piace questa Europa? Vi piace l’Europa suicida e criminale che proprio ieri ha onorato la memoria di Jo Cox prorogando per un altro anno le sanzioni economiche contro la Russia, ovvero verso chi ha depotenziato e forse colpito mortalmente l’Isis in Siria e Iraq e che non ha mai compiuto un singolo atto ostile contro l’Ue? Vi piace l’Europa vassalla degli Usa, campo di gioco del Dipartimento di Stato e delle sue strategie geopolitiche di destabilizzazione e caos? Vi piace l’Europa che subisce imbelle quella che è un’invasione di clandestini e la messa in discussione dei suoi equilibri etnici, religiosi e sociali secolari? A me no, fa vomitare.
E attenzione, perché qui il rischio non è più di crisi sui mercati o di voto di protesta alle elezioni, è molto maggiore. Vi lascio con le parole di Marc Lazar, politologo e professore alla Sciences Po di Parigi e alla Luiss, intervistato l’altro giorno da Repubblica rispetto alle tensioni sociali nel suo Paese: «Nonostante i proclami, dopo quattro anni di Hollande la Francia è sempre più spaccata. Paura e tensioni sono molto diffuse nella società. E c’è una radicalizzazione preoccupante di alcuni gruppi, molto organizzati, che presto forse potrebbero prendere le armi. E far ripiombare la Francia in nuovi anni di piombo». L’Italia non è in una condizione differente, sappiatelo.