Il Fondo monetario internazionale ha ritoccato al ribasso dello 0,1% le stime di crescita per l’Italia nei prossimi due anni. Per l’Fmi il Pil del nostro Paese sarà quindi dello 0,9% nel 2016 e dell’1% nel 2017. Come indicato nel Def, il governo italiano si attende invece un +1,2% nel 2016. Tagliate anche le previsioni sulla crescita globale, che per l’Fmi saranno del +3,1% nel 2016 e del +3,4% nel 2017. Negativo anche l’indice Zew, relativo alla fiducia in Germania, che passa dai +19,2 punti di giugno ai -6,8 di luglio. Ne abbiamo parlato con Francesco Daveri, professore di Scenari economici all’Università Cattolica di Piacenza ed editorialista del Corriere della Sera.
Che cosa sta determinando il forte rallentamento registrato da Zew e Fmi?
L’indice Zew sulla fiducia in Germania non è un indicatore molto preciso di ciò che poi accadrà effettivamente al ciclo economico. Non lo prenderei quindi come un segno del fatto che sta arrivando una nuova recessione a causa della Brexit. Mentre dall’Fmi è arrivata una correzione al ribasso dello 0,1% rispetto alle precedenti stime. Del resto il referendum britannico non ha ancora determinato dei risultati oggettivamente misurabili. Per il 2016 le conseguenze saranno dunque limitate, mentre per il 2017 potrebbero essere più consistenti. La revisione di cui si sta parlando finora è dello 0,5% per il Regno Unito e qualcosa di meno per l’Eurozona nel suo complesso.
Allora come si spiega il pessimismo del Fondo monetario internazionale?
Rispetto alle stime dell’Fmi di aprile c’è stata la Brexit, che ha determinato un peggioramento dell’umore e del clima. Ciò ha portato a una marginale revisione al ribasso delle previsioni sul Pil, anche se la Bundesbank ha confermato che in Germania ci sarà una crescita robusta. L’economia tedesca è in grado di trainare il resto del continente. Io non sono quindi pessimista, né temo che possa ripetersi lo scenario del 2009, quando il Pil mondiale segnò una crescita zero. È possibile un rallentamento della crescita, ma riguarderà più i Paesi emergenti che non quelli avanzati.
Per venire all’Italia, si può dire che ci sia un problema alla radice che frena la nostra economia?
Stando a quanto emerge allo stato attuale, l’economia italiana non riesce a crescere più dell’1%. È improbabile che le riforme attuate fino a questo momento siano in grado di produrre un effetto di accelerazione della crescita. Il Jobs Act, per esempio, funziona se c’è crescita: se le aziende fanno più fatturato, è possibile indurle ad assumere più persone soprattutto a tempo indeterminato. Non si può però affermare che il Jobs Act da solo riesca a fare crescere l’occupazione in modo permanente senza un ritorno a una crescita più consistente di Pil e fatturato.
Quali sono stati gli effetti della riforma del settore bancario?
La riforma del settore bancario sta riuscendo a produrre effetti molto lentamente. Proprio come il Jobs Act è stato giusto approvarla, con l’obiettivo di capitalizzare le grandi banche cooperative come le Popolari e le Bcc. Questa misura un fatto importante che contribuirà alla solidità e alla stabilità del sistema bancario, ma per il momento non ha ancora prodotto delle conseguenze sulla crescita.
Perché i consumi non ripartono?
I consumi sono trainati da ciò che accade al reddito disponibile e alla fiducia. A sua volta è difficile che gli investimenti vadano bene finché i consumi non riprendono in modo più consistente. La domanda interna genera il 60% del Pil, quindi finché non si muovono i consumi è difficile che le aziende decidano di investire soltanto per esportare.
Con un Pil italiano sotto al +1%, che cosa ci dobbiamo aspettare per quanto riguarda deficit/Pil e debito/Pil?
Io mi aspetto un Pil al +0,9%, anziché al +1,2% previsto dal Def. Significa che rispetto a quanto previsto dal governo manca uno 0,3%, che si traduce in un rapporto deficit/Pil dello 0,1-0,15%% in più. Sono dunque cifre piuttosto limitate, anche se non da sottostimare perché lo 0,1% del Pil equivale a 1,6 miliardi di euro.
In questa situazione a fine anno ci saranno i margini per una manovra espansiva?
Gli spazi per attuare una manovra espansiva erano già risicati indipendentemente dalla revisione al ribasso del Pil. Facendo la lista delle cose che ci sarebbero da fare e quelle su cui il governo si è già impegnato, le misure da inserire in legge di stabilità sono già molto numerose. Comunque le risorse sono molto scarse, a meno che si decida di fare un passo più risoluto per quanto riguarda la riforma delle partecipate e altre operazioni di spending review di cui di parla da tanto tempo, ma che per ora sono state messe in soffitta.
(Pietro Vernizzi)