«La disoccupazione aumenta dello 0,1% salendo all’11,1%, mentre era all’8,4% nel 2011. Questo dato indica chiaramente che il Jobs Act ha fallito e che non è stato il bazooka dell’occupazione come ci si aspettava». È il commento del professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie. Venerdì l’Istat ha diffuso nuovi dati dai quali emerge che crescono sia gli occupati (+0,3%), sia i disoccupati (+0,1%), un dato che si spiega con il fatto che i disoccupati includono solo le persone attivamente in cerca di un lavoro. Il tasso di disoccupazione tra i giovani tra i 15 e i 24 anni diminuisce dello 0,3%, raggiungendo il livello più basso dal 2012.



Professore, lei come legge i dati Istat su occupati e disoccupati?

L’incremento di occupazione che si registra nel mese di giugno dipende unicamente dal lavoro autonomo, mentre per il lavoro dipendente l’occupazione rimane stazionaria. La disoccupazione aumenta perché c’è un incremento sia pure lieve di over 50 e giovani senza lavoro che tornano al mercato del lavoro. Per gli anziani ciò dipende dall’incremento dell’età pensionabile, e quindi dal dramma di coloro che restano disoccupati negli anni precedenti alla pensione. L’aumento della domanda di lavoro, cioè del tasso di occupazione, si spiega dunque soprattutto con la riforma Fornero.



Alla luce di questi dati qual è il suo giudizio sul Jobs Act?

Il fatto che la disoccupazione sia aumentata dello 0,1% e sia quindi salita all’11,1%, mentre era all’8,4% nel 2011, indica che il Jobs Act ha fallito, anziché essere il bazooka dell’occupazione come ci si aspettava. Finché ha beneficiato degli sgravi ha prodotto posti di lavoro, ma adesso è diventato privo di efficacia. Non a caso l’aumento dell’occupazione, sia pure limitato, avviene nel settore del lavoro autonomo. Tra l’altro la rigida normativa per il lavoro a termine adottata nel Jobs Act non sembra essere in grado di dare quella spinta all’occupazione che si desiderava.



Quali scenari si aspetta per l’economia italiana nella seconda metà dell’anno?

La prospettiva per l’economia è quella di un rallentamento rispetto alle previsioni. Quindi per il secondo semestre 2016 ci dobbiamo attendere che non ci sia un miglioramento dell’occupazione, che si verifichi una modesta crescita del Pil e in sostanza che lo scenario complessivo sia positivo ma magro. Sempre però a condizione che si riesca a risolvere il caso di Monte dei Paschi, perché se così non fosse andremmo incontro a una nuova crisi.

Una volta risolti i problemi di Mps, il sistema bancario italiano è sano o a sua volta presenta delle criticità?

La patologia si è concentrata inizialmente sulla Banca Etruria e ora purtroppo anche sul Monte dei Paschi. Fatte salve queste due eccezioni, la situazione delle nostre banche, pur non essendo esaltante, è di gran lunga più solida rispetto a quella di altri Paesi europei. Le nostre banche finora hanno gestito attività tradizionali e un po’ di investimenti, mentre non si sono occupate di trading che ultimamente è diventata un’attività pericolosa. Il rendimento delle banche italiane si è estremamente assottigliato, ma comunque non sono andate incontro a rischi.

 

Quali effetti produce la situazione relativa ai crediti deteriorati?

Essendo intasato di crediti deteriorati, il sistema bancario italiano non è in grado di espandere il credito. A parte la miccia di Mps, il vero problema non è la stabilità del sistema, ma la sua capacità di erogare credito. Il caso Mps ha portato gli operatori internazionali a guardare all’Italia come all’anello debole dell’Europa, e quindi a ridurre gli investimenti finanziari nel nostro Paese. In realtà, una volta sanato il bubbone di Mps, noi abbiamo un sistema bancario che regge, ma che, per la sua natura abbastanza statica, non è in grado di dare una rilevante spinta alla crescita.

 

Che cosa si può fare per ridurre questo problema?

Per ridurre il numero delle sofferenze bancarie, una strada possibile consiste nel velocizzare le procedure fallimentari, togliendo alle persone fisiche che possiedono immobili in garanzia, quella supertutela che consiste nel negare il loro assenso a qualsiasi procedura di sveltimento del fallimento stesso. Queste persone hanno interesse a fare in modo che la procedura fallimentare duri il più a lungo possibile, in quanto quando questa si conclude perdono il possesso della loro casa.

 

(Pietro Vernizzi)