Doveva esserci una crescita del Pil dell’1% quest’anno, secondo le previsioni del governo. Poi le previsioni Istat davano una crescita dello 0,8%. E siamo tornati nel regno dello zerovirgola. Ora che si avvicina la fine dell’anno, sempre dall’Istat sappiamo che la crescita finora è stata dello 0,7%. Infine ci si è messo pure l’Ocse, con la sua previsione per l’Italia di crescita di 0,8% per quest’anno e pure per il 2017, invece che 1,0% e 1,7%. Inevitabili i titoli dei giornali a certificare il fallimento del governo. Come quello di Repubblica.it “Confermata crescita zero nel secondo trimestre 2016“.
Se paragoniamo i discorsi pomposi di Renzi all’inizio del suo governo e la stanca litania del ministro Padoan sui meriti dell’esecutivo per la crescita che finalmente prendeva l’avvio, abbiamo tutta la misura di questo fallimento. Fin dall’inizio mi ero permesso di prevedere che non ci sarebbe stata nessuna crescita reale. Ma non mi prendo nessun merito, la mia era un’analisi ovvia che faceva uso del buon senso e dell’andamento dell’economia internazionale. Non poteva esserci nessuna ripresa se la totalità del mondo sviluppato (quella dove noi esportiamo) è in recessione o in stagnazione economica e se non c’è una reale riforma del sistema finanziario fallito.
Questa riforma c’è forse stata? No, niente riforme della finanza. L’unica cosa significativa adottata è il bail-in, cioè il fatto che a pagare i disastri bancari saranno i cittadini-contribuenti. Ma questo nella sostanza era chiaro fin dall’inizio: ora è semplicemente diventato ufficiale. A questo aggiungiamo pure il totale fallimento della riforma del lavoro, il tristemente noto Jobs Act. Dopo un’iniziale fiammata, non poteva far altro che sgonfiarsi; ora il dato è ufficiale, l’Istat ha certificato la perdita dei posti di lavoro. Nonostante questo, Renzi continua a sbandierare il grande successo di 500mila nuovi posti di lavoro.
Ma ragioniamoci un attimo: se fosse vero che ci sono 500mila nuovi occupati, questo si vedrebbe dai dati sulla disoccupazione, no? Con tre milioni di disoccupati, ci sarebbe una disoccupazione calata di un sesto dopo il Jobs Act. Vuol dire che i disoccupati dovrebbero essere calati dal 12,4% (dato di dicembre 2014) a poco meno del 10%. Invece a luglio 2016 siamo ancora abbondantemente sopra l’11%. Eppure hanno ancora la faccia tosta di presentarsi in televisione e vantarsi dei risultati.
Ma la verità prima o poi viene a galla. In questo caso è venuta a galla molto presto, il primo maggio del 2015, durante una trasmissione televisiva (minuto 5:30 del video) nella quale l’onorevole D’Attorre ammette candidamente che occorre una radicale ridiscussione delle regole con l’Europa.
Ma D’Attore dice anche un’altra cosa molto interessante. Cita uno studio del Fmi secondo il quale le riforme strutturali (sulle quali si sono impegnati tutti i governi da Monti a oggi) non producono effetti migliorativi durante le crisi, ma peggiorativi. E si permette di dire pure che se guardiamo ai fatti “dopo un anno di governo Renzi i fondamentali dell’economia sono peggiorati” (e ora dopo un altro anno e mezzo non sono migliorati). Inoltre, afferma che “basta leggere il Def” (Documento di Programmazione Economica e Finanziaria del governo) per trovare scritto che “il contributo di euro basso e petrolio basso è pari allo 0,6% del Pil”, in un anno in cui il Pil è stato allo 0,7%.
Infine, ammette che la politica economica del governo “ahimè in continuità con le politiche economiche dei governi Monti e Letta e con le direttive dell’Europa, è una linea di cedimento dell’Italia agli interessi di altri paesi, è una linea che va contro gli interessi nazionali”; aggiunge candidamente che il motivo per cui è stato fatto il Jobs Act (imposto da Draghi a Renzi) è la deflazione salariale (per tornare competitivi, ma non per crescere) e per cui è naturale che la disoccupazione debba rimanere alta! Dice proprio così al minuto 8:30 del video. E conclude: “Noi nel Def abbiamo scritto che la disoccupazione non scenderà sotto il 12%!”.
Il Jobs Act non è stato fatto per il lavoro, ma contro gli italiani. E il referendum costituzionale (che non si sa più quando verrà fatto, perché stanno scoprendo che sicuramente il fronte del Sì sarà perdente) è un altro decisivo passo su questa china rovinosa.