Caro direttore,
Quando, due mesi fa, la mia prof.ssa di italiano e latino mi propose di scrivere un breve articolo sui miei 5 anni di Liceo scientifico, io accettai immediatamente, considerando anche che il mio sogno sarebbe quello, un giorno, di poter lavorare in una redazione giornalistica. Solo dopo, però, mi sono reso conto di quanto potesse essere difficile analizzare con lucidità e veridicità anni che mi hanno dato e tolto così tanto.
Questo quinquennio mi ha sicuramente offerto una formazione di base; sono stati tanti gli argomenti trattati, forse troppi, in relazione alle ore a disposizione. Il problema, però, è la superficialità con la quale le varie materie ci sono state spiegate. È un dato di fatto che, dovendo insegnare tanto con poco tempo a disposizione, i professori, non per colpe loro ma perché costretti dal programma, possano offrire soltanto una formazione superficiale, priva di concretezza per il futuro degli alunni.
A questo, si deve aggiungere una continua modificazione del corpo insegnanti, a causa della quale ogni volta siamo stati costretti ad adattarci ad un nuovo metodo di spiegazione e di valutazione. Per quanto concerne matematica, ad esempio, nella nostra classe del Liceo “G.B. Vico” di Corsico (Milano) sono state cambiate quattro professoresse in cinque anni; è indubbio che essere spostati da una classe all’altra ogni anno è difficile per gli stessi insegnanti, ma è altrettanto vero che, se io e i miei compagni di classe abbiamo enormi lacune in alcuni aspetti di certe materie, è anche per questi continui cambiamenti, anno dopo anno.
Inoltre, una parte, per fortuna ristretta, di professori non ha saputo coinvolgere la classe con la spiegazione della propria materia. Non perché non conoscessero il loro campo; non mi permetterei mai, dal basso del mio misero diploma, di giudicare l’efficienza e la conoscenza degli argomenti di persone laureate. Quello che, però, posso evidenziare, è il fatto che alcuni professori, durante il quinquennio, non hanno saputo suscitare il nostro interesse; altri, invece non hanno saputo aiutare gli alunni in difficoltà. In terza e in quarta, ad esempio, io e i miei compagni abbiamo avuto una professoressa di matematica e fisica che, alle domande relative a qualche incomprensione sul libro di testo, rispondeva con un ripetitivo “leggete il libro, che è organizzato molto bene”. Scritto in questa maniera, sembra quasi un fatto comico; in realtà, la situazione è stata grave ed è stata molto più complessa di quanto si possa spiegare a parole, per coloro che hanno avuto difficoltà con le materie insegnate da quella professoressa.
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Un altro aspetto sul quale sono rimasto molto deluso è stato la gestione dei crediti formativi. All’inizio di questo quinquennio, il Preside aveva fatto un discorso a tutte le classi prime: dal triennio in poi, soprattutto, era importante studiare con tanta costanza in modo da accumulare crediti formativi per l’esame di Stato. Più studio, medie più elevate, più punti di credito; un’equazione giusta, semplice e corretta. Peccato che poi in pratica non sia stato così, perché nel corso dei cinque anni alcune delle persone che davvero si sono impegnate e hanno fatto di tutto per alzare la propria media non sono state premiate per nulla.
Nonostante questi aspetti negativi, è indubbio che questi cinque anni mi abbiano fatto crescere molto: convivere con altre venti persone per nove mesi ogni anno mi ha cambiato nel modo di essere e nei rapporti con gli altri. In questo quinquennio ci sono state tante falsità, tanti litigi, discussioni, incomprensioni, ma anche la nascita di vere amicizie e di nuovi legami. Se ripercorro questi anni e provo a ricordarmi com’ero in prima, mi vedo in maniera diversa, in maniera migliore, proprio perché tutti gli avvenimenti accaduti durante quest’esperienza mi hanno portato ad un cambiamento positivo.
Senz’altro il Liceo mi è servito per un aspetto assolutamente fondamentale: durante questi anni ho capito il metodo da utilizzare nello studio, un metodo che porterò e manterrò nel mio futuro da universitario. Diversamente avrei proseguito gli studi senza un’organizzazione del lavoro valida e concreta; ora, invece, so quanto ho bisogno di studiare per memorizzare certi argomenti, ho la consapevolezza di come farlo e in quali tempi.
Purtroppo, però, al termine di questa esperienza scolastica, mi rimane dell’amaro in bocca; questi esami di Stato non hanno rappresentato, per me, l’epilogo di cinque anni soddisfacenti, ma una sorta di liberazione da un mondo che mi ha deluso. Un mondo che, in un modo o nell’altro, mi ha fatto crescere profondamente, come detto, e che mi ha cambiato; ma che non ha saputo darmi quella “spinta” che pensavo potesse darmi, prima di iniziare questi cinque anni.
Davide Mamone