Caro maturando,
Dopo cinque anni di studio della lingua e cultura latina, potrai convenire che l’atto del tradurre non consiste in una pura techne, in una mera abilità del fare, ma costituisce misteriosamente un momento di sintesi, non solo di quel che si sa, ma anche di quel che si è. Richiamerei pertanto la tua attenzione su un fattore che appare secondario, o addirittura del tutto insignificante, ma che per mia esperienza personale, di studentessa prima ancora che di insegnante, è oltremodo interessante, in quanto può aprirti spazi di intelligenza, libertà e gusto impensabili: si tratta della disponibilità a mettersi interamente in gioco (accantonando insicurezze e preconcetti di cui abbiamo piena la testa), a riconquistare dentro di sé l’attenzione e l’accettazioneverso ciò che viene proposto; ti guideranno la consapevolezza che sei tu il vero protagonista dell’impresa e la certezza che avrai a che fare con qualcosa di significativo, un testo portatore del pensiero di un uomo vissuto secoli fa, che attende di tornare a dialogare con l’uomo di oggi.
Per aiutarti ti offro due immagini e un’idea,che mi venivano in mente ogni volta che da insegnante cercavo di disporre i miei studenti a tradurre nel modo migliore: tradurre, trans-ducere, “condurre al di là”, “portare dall’altra parte” è come intraprendere un viaggio, anzi una strana avventura con i suoi rischi ( in questo caso, si spera, non dell’ignoto), in cui la voglia di raggiungere la meta, la curiosità di vedere come essa è fatta ti incalzano al punto tale che puoi non accorgerti del tempo che scorre.
La seconda immagine è quella di una fortezza da espugnare: prima devi osservarla a lungo, attentamente e da ogni parte, da vicino e da lontano, cercando di individuarne i punti deboli e quelli forti, isolarne le asperità, insomma cingerla d’assedio con tutti i mezzi a disposizione, senza toglierle mai gli occhi di dosso.
L’idea, di cui ti parlavo, è una provocazione e una sfida: “ubbidire conviene”. Anche nel tradurre infatti, quanto più sono attento al dato e lo seguo fedelmente, tenendo bene a freno immagini o preconcetti della mente, tanto più risulterò intelligente ed efficacemente creativo e ne uscirò vincitore (conseguirò un risultato soddisfacente). In sintesi si può dire che tradurre sia per certi aspetti un’esperienza analoga a quella dell’amore: si tratta di “immedesimarsi col diverso”, con “altro da te”; più lo osservo e lo accolgo così com’è, più diventa mio. Cominci a capire di cosa si tratta?
Istruzioni per l’uso. Tempo a disposizione: 4 ore; obiettivo: comprensione globale del testo e resa adeguata in italiano. Schematicamente puoi impostare il lavoro in questo modo:
1. Pre-comprensione del testo: durata 10-15 minuti; in questa fase è assolutamente vietato mettere mano al dizionario. Leggi il nome dell’autore e richiama alla memoria tutto quanto ti è noto di lui, per una sufficiente ricostruzione del contesto storico-culturale in cui si colloca; leggi il titolo del brano, che può essere più o meno significativo, ma comunque è un punto di partenza certo, collega ad esso le conoscenze letterarie acquisite, comincia a delineare l’ambito tematico da esso suggerito e il terreno su cui dovrai lavorare; dopo aver ascoltato la lettura ad alta voce da parte dell’insegnante, passa alla lettura personale dell’intero brano, senza preoccuparti di capire subito, ma sforzandoti in questa fase di cogliere concretamente la tipologia del testo che hai davanti, cioè se di tipo storico-narrativo e descrittivo o di tipo argomentativo-filosofico: nel primo caso sarai maggiormente impegnato sul piano morfo-sintattico, nel secondo su quello concettuale e sulle scelte lessicali.
2. Analisi della struttura morfo-sintattica, ossia della disposizione delle preposizioni nel periodo e dei nessi che le collegano le une alle altre (congiunzioni coordinanti o subordinanti, pronome relativo, interrogativo), individua subito lo schema a te noto della consecutio temporum,per il quale i modi e i tempi del verbo nelle singole frasi si regolano in modo rigoroso su quelli della preposizione principale o reggente, secondo rapporti di anteriorità, contemporaneità e posteriorità; ciò ti garantirà la corretta traduzione delle forme verbali.
Ti suggerisco di sottolineare i nessi che introducono le subordinate, il soggetto e il verbo di ogni frase, evidenziando ogni volta la preposizione principale a cui dovrai far sempre riferimento.
3. Analisi morfologica: sposta la tua attenzione dal verbo ai complementi, specie quelli indiretti, che non vanno mai tradotti staccati dal contesto della frase, in particolare dal verbo, di cui generalmente “completano” il senso. Particolare attenzione alla resa delle forme implicite del verbo, quali participi, gerundi e gerundivi.
4. Ora ti aspetta il momento più delicato che incide direttamente sulla tua traduzione: il lessico, la scelta dei significati delle parole, scelta per la quale ti risulteranno particolarmente utili la contestualizzazione storico-linguistica del brano, l’immedesimazione col pensiero e il linguaggio dell’autore, le conoscenze morfo-sintattiche, il tutto posto al servizio delle tue capacità d’intuizione. Non dovrai inventarti dal nulla il significato, ma consulterai il vocabolario con una preventiva ipotesi di senso, anche se ancora non del tutto definita; sulla base delle parole-chiave individuate potrai scegliere i termini più adeguati.
Tieni presente che, se il brano è di tipo filosofico, retorico o scientifico, con un linguaggio quindi altamente specifico, un errore di lessico può compromettere il senso dell’intero passo più che un errore di tempo o di caso.
Questo rischio nelle scelte lessicali è reale, ma può essere contenuto entro limiti ragionevoli se lavorerai con l’attenzione e la pazienza dovute, magari con l’aiuto del dizionario di italiano.
Consigli pratici: ripassa gli autori di prosa più significativi dell’età romana repubblicana (Cicerone, Livio) e di quella imperiale (Seneca, Quintiliano, Tacito, Plinio il Giovane); leggi attentamente tutti i brani antologici a tua disposizione dei suddetti autori: potrai così mantenere viva nella tua mente una certa familiarità con l’universo tematico e linguistico dei singoli prosatori, attivando immediatamente davanti al brano d’esame una sorprendente sintonia; ripassa le principali strutture morfo-sintattiche, segnatamente le forme verbali; esercitati il giorno prima su passi brevi di Seneca/Tacito o di Cicerone, per cogliere le essenziali differenze stilistiche tra due modi di costruire il periodo: il primo, più complesso da rendere in italiano per la struttura sintattica spezzata, irregolare e per il lessico sommamente denso e pregnante; il secondo più piano ed esplicito, con un lessico dai significati chiari e riconoscibili.
Ricordati che questa avventura ha bisogni di un io vivo, fiducioso e audace, desideroso di esserne il protagonista! A tal proposito vorrei renderti partecipe di questa riflessione di Antoine de Saint-Exupéry a me molto cara: “Se vuoi costruire una nave/ non richiamare prima di tutto gente/ che procuri la legna,/ che prepari gli attrezzi necessari,/ non distribuire compiti,/ non organizzare lavoro./ Prima risveglia invece negli uomini / la nostalgia del mare lontano e sconfinato./ Appena si sarà svegliata in loro questa sete/ gli uomini si metteranno subito al lavoro/ per costruire la nave”. Ad altiora!
(Maria Pia Biroccesi)