Tagli sul pubblico impiego che riguardano anche la scuola e approvazione da parte della Camera dei deputati del decreto sull’autonomia scolastica (pdl 953 “Aprea”, ndr). Due passaggi importanti che caratterizzeranno il futuro dei docenti e non solo, ma che offrono il fianco a diverse osservazioni e critiche. Ad esempio quelle che fa sue Giuseppe Bertagna parlando con IlSussidiario.net. “Questa norma inserita nel disegno di stabilità in base alla quale i docenti dovranno lavorare sei ore in più, manca completamente di una elaborazione pedagogica che invece era stata fatta nel 2001 e riproposta ancora nel 2004. Non era piaciuta a sindacati e forze politiche, però aveva un disegno e dunque si poteva precisare in termini qualitativi”. Per Bertagna “qui abbiamo la solita mentalità che premia i vecchi, la politica di chi c’è già e non di chi deve entrare nella scuola”. Per quanto riguarda il disegno di legge Aprea, invece, “quanto approvato offre certamente una autonomia più significativa, ma sappiamo che in Italia non c’è vera autonomia, c’è un decentramento centralizzato. Il percorso per l’autentica autonomia delle istituzioni scolastiche è ancora tutto da fare”.
Nella legge di stabilità è stato inserito all’ultimo un provvedimento in base a cui i docenti lavoreranno 6 ore in più. I risparmi valgono il “gioco”?
La domanda posta così merita una sola riposta, e cioè no. Possiamo però fare un discorso critico e analitico.
Ci dica.
Nel 2001 si era proposto, e il ministro dell’Economia era disposto a finanziare, di trasformare le 18 ore di cattedra per alcuni docenti che facevano il docente tutor coordinatore in 12 ore di insegnamento e 6 di tutorato o 18 ore di insegnamento in 24 ore con 6 ore di tutorato. Si offriva un aumento di stipendio riconosciuto e dichiarato e dato in busta paga.
Cosa che però alla fine non è stata fatta.
L’allora ministro, se avesse avuto il consenso dei sindacati e il consenso delle forze politiche, non quelle della maggioranza che avevano già dato l’assenso, ma dell’opposizione, e ci fosse stata un’adesione da parte della scuola, avrebbe potuto trasformare la figura del docente tutor in un anticipo di quel discorso che fa lei nella sua domanda in quanto a ore di insegnamento. E cioè qualificare l’aumento della prestazione per premiare il merito e naturalmente aumentare la professionalità delle persone.
Aumentare la professionalità in che modo?
Il docente tutor doveva anche sottoporsi a un itinerario di formazione in università per poter svolgere la sua funzione. Ecco perché quando io sento di un aumento uniforme fatto in modo centralistico e semplicemente assistenziale delle ore di insegnamento, la sola risposta che posso dare è negativa.
Cosa manca secondo lei precisamente in questa norma che è stata approvata?
Se non c’è dietro un disegno pedagogico, un progetto di riqualificazione della professione e un incremento delle qualità vere e certificate diventano ore che semplicemente vengono aumentate, diminuendo le opportunità di lavoro per gli insegnanti di terza fascia; e aumentando per i giovani i problemi già gravissimi che ci sono per entrare nella scuola.
Manca una prospettiva, insomma.
Si continua a preferire una mentalità che premia i vecchi, la politica di chi c’è già e non di chi deve entrare nella scuola. Manca un’elaborazione pedagogica come era stata fatta nel 2001, riproposta nel 2004 senza l’approvazione dei sindacati e delle forze politiche, che però aveva un disegno organico, capace di parlare in termini qualitativi.
Per quanto riguarda invece l’autonomia scolastica e la riforma degli organi collegiali (ddl 953, ndr) approvata dalla Camera, che parere ne ha?
Dalle mie parti si dice: piuttosto che niente è meglio piuttosto. Anche se in maniera inadeguata, dato che la legge Aprea nel suo contenuto originale era una cosa seria, poiché la situazione attuale è talmente inaccettabile, degradata, inutile e direi depressiva dal punto di vista della qualità e della quantità, sia benvenuta questa legge. Non resta che salutare con gioia il fatto che le forze politiche abbiano trovato la forza di modificare, anche se di poco, una situazione inaccettabile.
Ma non è abbastanza, giusto?
Non serve a molto dare una aspirina a chi ha una polmonite. E non capirlo non è incoraggiante.
Nel suo pluriennale, lunghissimo iter, il ddl 953 è stato spolpato: cosa ne è rimasto?
La proposta iniziale magari si poteva non condividere in alcune parti, però aveva il coraggio di fare una scelta che era innovativa e legava l’innovazione alla qualità. Adesso sembra la manutenzione di un esistente irrespirabile e inutile, fatta per renderlo un po’ più respirabile e un po’ più utile e aperto a una possibilità di innovazione che speriamo sia il secondo passo di questa legge. Dunque, bene che la proposta sia stata approvata, però mi sarei aspettato nel 2012 una responsabilità progettuale molto più qualitativa e innovativa. Cose che la legge Aprea aveva.
Quella approvata dalla Camera, in conclusione, è vera autonomia scolastica?
Contiene una maggiore e più significativa autonomia ma sappiamo che in Italia non c’è vera autonomia, c’è un decentramento centralizzato. Il percorso per l’autentica autonomia delle istituzioni scolastiche è ancora tutto da fare. Sono un riformista e dunque dico si fa quel che si può, questo è un passo che è il primo di una serie di passi su cui se la politica smette di fare quello che ha fatto negli ultimi quindici anni, e cioè essere polarizzata su alternative ideologiche invece che scientifiche e qualitative dei problemi, allora può essere positiva.