Il voto regionale di domani e lunedì è considerato un test per la tenuta della maggioranza. Anche se le elezioni politiche si sono svolte appena quattro mesi e mezzo fa, tra i commentatori gli occhi sono tutti puntati sul centrodestra. Eppure, stando ai sondaggi, il risultato appare scontato: entrambe le Regioni, Lombardia e Lazio, saranno appannaggio della coalizione al governo. Attilio Fontana e Francesco Rocca non dovrebbero avere problemi a imporsi. Indubbiamente il test è significativo perché sono oltre 12 milioni gli italiani chiamati alle urne, oltre un quinto dell’interno corpo elettorale. Di sicuro l’affluenza al voto sarà un elemento per valutare lo stato di salute della maggioranza, così come gli spostamenti degli equilibri interni.
In realtà, dal 25 settembre in poi non è cambiato nulla: il centrodestra (o destra-centro) è compatto, la sinistra divisa. Qui la spaccatura c’era allora ed è rimasta. Il Pd è scivolato in una crisi di cui non si vede una fine e i rapporti con gli altri partiti dell’opposizione non si sono modificati. Le candidatura proposte nelle due Regioni al voto lo mostrano con chiarezza. In Lombardia si ripropone l’alternativa tra il candidato Pd, Pierfrancesco Majorino, e quello del Terzo polo, Letizia Moratti. A settembre proprio in Lombardia, e in particolare a Milano, il partito di Matteo Renzi e Carlo Calenda aveva fatto segnare una delle performance migliori di tutta Italia. In vista delle regionali il Terzo polo aveva insistito perché anche il Pd si turasse il naso e si unisse sotto l’ombrello della Moratti. Niente da fare.
I sondaggi dicono che la somma di quei voti probabilmente avrebbe consentito all’ex assessora regionale alla Sanità di giocarsela quasi alla pari con Fontana. La divisione invece condanna entrambi i candidati del centrosinistra alla sconfitta. E il nodo politico resta irrisolto: che cosa diventerà il Pd dopo il congresso? Quale sarà il ruolo del Terzo polo, quello di guastafeste o di forza davvero attrattiva per i voti moderati? Il voto di domani e lunedì lascerà senza risposta questi interrogativi.
Nel Lazio, invece, va in onda la spaccatura del secondo tipo: quella con i 5 Stelle. Giuseppe Conte ormai si è impadronito del Movimento, ha archiviato Grillo e Casaleggio e brama la metamorfosi che lo faccia diventare ciò che in Italia non c’è mai stato, a differenza che in altri Paesi europei: una forza politica “green” che raccolga un consenso che non sia simbolico o di pura testimonianza. La scelta di puntare su Donatella Bianchi, la giornalista televisiva portabandiera del mare pulito, indica chiaramente qual è la strada imboccata. Anche nel Lazio i sondaggisti concordano sul fatto che se Pd e M5s si fossero presentati uniti avrebbero prevalso sul candidato del centrodestra. Invece nessuno vuole allearsi con il Partito democratico. Fino a pochi mesi fa era la forza che rappresentava l’establishment e garantiva i buoni rapporti con Bruxelles. Ora è una specie di appestato.
È dunque l’immobilismo dell’opposizione, incapace di smuovere la situazione creatasi dopo la crisi di governo aperta da Mario Draghi, a determinare il risultato del voto regionale. Il centrodestra ha sicuramente mille problemi, ma è ancora in grado di presentarsi compatto agli elettori. E questo è uno dei motivi per cui, a scanso di grosse sorprese, verrà premiato ancora.
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