La scuola è il luogo dove il sapere, anche quello scientifico, viene trasmesso alle nuove generazioni.
C’è un modo di trasmetterlo che si riduce al semplice trasferimento di informazioni e che ha come risultato il puro incremento quantitativo delle conoscenze degli studenti.
Se si basa su questo approccio, la scuola oggi ha numerosi e temibili concorrenti: sono i media che avvolgono le nostre giornate e ci inondano di notizie senza darci tregua; in un processo che rende sempre più difficile individuare dove sta la novità e dove siamo in presenza di continui copia-e-incolla. È una situazione dove le notizie vengono assorbite rapidamente, spesso senza possibilità (o capacità) di verificarne l’attendibilità e di distinguere tra verità e fake news.
Questo stato di cose vede come vittime più probabili soprattutto i più giovani e l’ambito dove maggiormente si manifesta è quello scientifico, verso il quale i giovani sono più spontaneamente indirizzati a causa della loro naturale curiosità.
Il fatto è che la trasmissione della scienza è molto più di un semplice trasferimento di conoscenze e informazioni.
Significa piuttosto trasmettere una tradizione, o meglio, immettere i giovani in un flusso storico che si rinnova continuamente; vuol dire inserirsi in una avventura che ha coinvolto prima di noi tante altre persone, tutte collegate da uno stesso desiderio di comprensione, da una stessa passione per la realtà, da una stessa modalità di affronto dei problemi.
La consapevolezza di questo inserimento deve essere anzitutto dei docenti e ciò non è privo di implicazioni sulla didattica, sul modo di lavorare in classe e di far lavorare gli studenti. La nostra sezione Scienz@Scuola è ricca di esemplificazioni in tal senso e lo spazio che fin dall’inizio abbiamo dedicato alla dimensione storica della scienza (Scienza&Storia) testimonia la convinzione che anche la comunicazione della scienza partecipa a questa dinamica trasmissione/tradizione.
In proposito vorremmo aggiungere due considerazioni.
La prima riguarda tutti coloro che hanno a che fare con la scienza. Essere consapevoli di immettersi in una tradizione è fondamentale per chiunque svolga attività scientifica, a ogni livello; permette infatti una miglior comprensione dei singoli contenuti delle scienze stesse; permette di inquadrare ogni scoperta, ogni spiegazione, ogni teoria entro la storia nella quale sono maturate; di capire da quali domande si è partiti, quali problemi teorici e pratici si volevano risolvere, quali ostacoli teorici e pratici si sono dovuti superare.
La seconda si rivolge principalmente all’ambito educativo. Nella scuola la consapevolezza di cui abbiamo parlato si carica di una valenza ulteriore: sentirsi parte di una tradizione significa trovarsi in compagnia di persone che hanno percorso i nostri passi prima di noi, che hanno affrontato le nostre difficoltà, che sono state davanti a problemi simili ai nostri magari senza riuscire a risolverli per lungo tempo, che hanno gioito per i risultati e sofferto di fronte agli insuccessi. Persone che grazie anche alla scienza sono cresciute, che hanno preso coscienza del mondo che ci circonda, della sua bellezza, della sua straordinarietà e della varietà di aspetti con i quali la realtà ci raggiunge.
La coscienza della tradizione quindi è una modalità con la quale la scienza rivela il suo apporto educativo, il suo contributo all’incremento della persona; e quindi suggerisce un’impostazione della didattica delle scienze non ridotta al solo accumulo di nozioni e alla costruzione di competenze ma centrata sulla persona.
Con un corollario, che deriva dall’etimologia del termine tradizione (da tradere, consegnare).
La trasmissione della scienza diventa una consegna: consegnare ai giovani i frutti di un incontro e confronto con la realtà affinché li facciano propri e sentano la responsabilità di valutarli, svilupparli, applicarli per incontrare la realtà così come si presenta loro.
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Mario Gargantini
(Direttore della rivista Emmeciquadro)
© Pubblicato sul n° 65 di Emmeciquadro