Non sembra vero, ma fra pochi giorni la campagna 2008 per l’elezione del presidente degli Stati Uniti giungerà al termine. Il primo martedì di novembre noi Americani eleggeremo un nuovo presidente, una nuova Camera dei Rappresentanti, molti Senatori e diversi funzionari a livello statale e locale. Dopo di che, ci prenderemo una pausa di riposo dalla politica e aspetteremo durante il week end che vengano annunciati i candidati per le elezioni del 2012. Ok, quest’ultima frase è scherzosa: probabilmente per almeno due anni gli americani non dovranno sorbirsi un altro interminabile ciclo di elezioni presidenziali Se siamo davvero fortunati. La politica, però, è diventata sempre più il passatempo nazionale degli Stati Uniti, più ancora del baseball e del football (quello strano gioco americano che va sotto questo nome). O, almeno, verrebbe da pensare così guardando come i nostri media coprono la politica in questi giorni. Tutto sembra ruotare attorno alle previsioni di chi vincerà su quel campo da gioco che è il giorno delle elezioni, e la capacità di essere eletti diventa la cosa che conta più di tutte le altre. La visione di governo e la sostanza dei programmi politici sono del tutto secondari. Sfortunatamente, la politica come sport non è proprio sportiva.
Cominciamo con un’affermazione ovvia. Nessuno è così ingenuo da credere che un’alta visione del servizio pubblico sarà mai il tratto dominante dell’elite politica. Ma riconoscere che abbiamo abbandonato l’ideale non vuol dire che l’ideale debba essere buttato via. A maggior ragione poi. quando si è raggiunto il punto in cui un’errata comprensione di che cosa sia la politica domina la scena.
I media si sono buttati rapidamente su questo atteggiamento che vede la politica come uno sport, con effetti negativi sull’intera cultura. Lo si può vedere dal modo in cui si pensa e si discute di politica. Ogni questione ha due lati, non perchè richiesto dalla logica o dalla ragione, ma perchè questo è il numero delle squadre in questo sport: Repubblicani e Democratici (gli altri partiti sono visti come dei gironi inferiori). Negli sport ci sono schemi di gioco e strategie fondate sulla previsione e l’anticipazione di mosse e contromosse in difesa e in attacco. Bene, date un’occhiata ai talk show di politica negli Stati Uniti e vedrete anche lì giocatori che eseguono le loro mosse secondo copione, preoccupati molto di più di segnare punti in questo gioco dove il vincitore piglia tutto, piuttosto che portare alla luce la verità di una situazione.
Proprio come nello sport, la preoccupazione principale è stabilire chi sarà il vincitore. I sondaggi dominano le notizie e le azioni o le mancate azioni dei candidati vengono analizzate per stabilire in che misura potranno influenzare i sondaggi, non per ciò che possono suggerire su come i candidati governeranno se eletti. Come nelle trasmissioni sportive, l’opinione degli esperti è ritenuta necessaria per dare credibilità e così il titolo di giornalista viene adesso accordato a una girandola di opinionisti e operatori politici, tirati in ballo per offrire “note di colore”. Peggio ancora, questi nuovi “giornalisti” sono ben consapevoli di potere influenzare il risultato del gioco e spesso lo fanno in modo abbastanza spudorato.
Da ultimo, come nello sport, ci sono i tifosi. Mentre alcuni coltivano una profonda conoscenza del gioco e si innamorano della sua sostanza e del modo in cui esprime qualcosa della bellezza dell’umano, molti di più sono i tifosi occasionali, eccitati di poter prendere parte a qualcosa di grosso e di partecipare a un evento di gruppo senza dover prestare più che tanto attenzione ai dettagli. E infine ci sono i fanatici, il cui attaccamento alla squadra arriva al limite dell’irrazionale e li porta a dire e a fare un mucchio di stupidate.
Il vero problema è che l’analogia tra politica e sport si limita agli aspetti superficiali. Se la mia squadra batte la tua, i tifosi della tua squadra saranno arrabbiati e avviliti per un po’, ma la sconfitta non comporta la perdita del lavoro, una riduzione di stipendio o che un figlio venga mandato in guerra. In politica non ci sono spettatori e la verità è che prima o poi la politica non regge il paragone con lo sport, perchè come sport la politica non è molto soddisfacente. È come essere tifoso di una squadra, e poi venire a scoprire che tutti i giocatori sono drogati o imbroglioni. A un certo punto, a meno che si decida di lasciarsi distruggere dentro, ci si allontana. Forse è per questo che io sono passato dall’essere un vero cacciatore di notizie a guardare solo il canale sportivo. Io voglio che i miei sport abbiano un po’ di dignità.
Così, come molti americani questo novembre, andrò a votare per l’elezione del presidente, ma soprattutto con il sollievo per la fine di tutta questa procedura, che mi permetterà finalmente di dedicare la mia attenzione a qualcosa di più significativo. Come l’inizio della stagione di pallacanestro.
(James A. Kovacs, Chicago, Illinois)