«Non buttiamola sul `partito della vita`» – cosi mi ha risposto un amico dopo aver letto (in verita’ un po’ frettolosamente) il volantino sulle elezioni che gli avevo passato.
Ha ragione – non possiamo buttarla sul “partito della vita”, perchè non sarebbe così facile da individuare e perchè non basta. Non facile da individuare perchè dopo otto anni di Amministrazione Bush l’aborto – non che ci fosse da aspettarsi altro – se ne sta ancora lì, legale come non mai.
Anzi, alcune statistiche dicono che il numero degli aborti sia enormemente aumentato in questi anni. Perchè? Perchè il sedicente “partito della vita” ha trascinato il paese in due guerre dissennate, tragiche e sanguinarie che hanno portato morte sia nel mondo che tra la nostra gioventù e perchè lo sta traghettando malamente attraverso una crisi della finanza grave come non si vedeva dalla Grande Depressione. Una crisi di quelle che fanno tremare le fondamenta di tutte le case e che si sta mangiando i risparmi della gente comune, messi insieme per anni con sangue, sudore e lacrime.
Quando la vita si fa dura, non ci si fida di chi ti guida e la speranza nel futuro si fa incerta, si rinuncia anche a mettere al mondo i figli. E poi non basta. Anche lo individuassimo, puntare sul “partito della vita” non basterebbe.
Quella dell’aborto, oltre ad essere una tragica piaga, è diventata anche una ossessione ideologica. L’aborto non è il centro del cosmo e della storia e non è neppure l’origine di tutti i mali. Semmai ne è una delle più drammatiche conseguenze. Se c’è, se da oltre trent’anni mantiene la sua legalità, è perchè in qualche modo una certa mentalità lo ha accolto, gli ha dato spazio ed ha finito per affermarlo attraverso l’opera dei legislatori (democraticamente eletti). E la mentalità è sempre quella, ed è quella che è.
Occorre una educazione per cambiarla, non basta cambiare una legge.
La Corte Suprema un bel giorno potrebbe anche – teoricamente, ma quasi nessuno ci crede – ribaltare le carte in tavola, ma se non cambiasse la mentalità, la concezione della vita, l’aborto se ne tornerebbe ben presto nel mondo della legalità.
È giusto che anche noi cattolici la pensiamo così?
Anzitutto varrebbe la pena ricordarsi di quello che scrisse l’allora Cardinal Ratzinger quattro anni fa ai Vescovi Americani. Il vero “peccato”, cioè il vero tradimento della vita non sta tanto nel votare un candidato “pro choice” quanto nel votarlo perchè è “pro choice”. Ma ognuno capisce e si ricorda quel che vuole.
L’aborto non può essere nemmeno l’unico campo di battaglia sul quale i cattolici sono chiamati ad impegnarsi. In un paese come questo – praticamente privo di qualsiasi forma di protezione sociale – c’è da costruire all’infinito.
Insomma, puntare sul “partito della vita” sarebbe una scelta confusa. Allora?
Allora la questione è più radicale, ed è la più drammatica nella vita di qualsiasi essere umano e qualsiasi società. È la libertà. È la libertà di essere e di esprimersi, di costruire quella “Civilta’ della verità e dell’amore” di cui parlò Giovanni Paolo II al Meeting di Rimini nel 1982. Il compito di sempre, e sempre più il compito dei cattolici.
Questo è “il paese dei liberi”, di coloro che seguendo in libertà gli ideali di vita e felicità vivono la vita come l’avventura della conquista del proprio destino. Con una certa presunzione, talvolta ingenua talvolta no, ma soprattutto con un irrefrenabile desiderio di essere.
Quello che c’è in ballo con queste elezioni presidenziali è proprio il contenuto di questa libertà. Porre negli Stati Uniti il tema “più società, meno Stato” potrebbe far sorridere. Dov’è lo Stato qua?
Si potrebbe piuttosto dire che se di Stato ce ne fosse un pochino di più non farebbe male …sistema sanitario, istruzione, sistema pensionistico … tutte “aree oscure” che in un periodo di crisi come questo diventano tragici buchi neri.
Eppure il tema è quello, perchè è il tema della libertà di essere e costruire. Essere e costruire senza farsi sistemare la vita dall’apparato politico (e quindi dagli interessi che lo sostengono in funzione dei loro interessi).
Capisco che in Europa ci si sia abituati, ma qui no. Qui è giusto chiedersi che prezzo di libertà io devo pagare perchè lo Stato mi dia di più. E voglio poter decidere. Sulla libertà occorre essere realisti. O si è realisti o si è dei sognatori.
Dall’aborto alla guerra in Iraq, dalla ricerca sulle staminali alla pena di morte, dai matrimoni gay all’uso delle armi, fino alla feroce lotta al fumo ed ai fumatori, tutto è fatto in nome della “libertà”. Così anche i programmi di Obama e McCain.
Ma proprio come cattolici sappiamo che c’è solo un luogo in cui la libertà può essere pienamente affermata, perchè per poterlo fare occorre un amore completo ed incondizionato all’uomo ed ai suoi tentativi di costruzione.
Questo luogo non è né il programma di Obama, né quello di McCain.
È solo la Chiesa.
È per questo che la cosa che proprio come cattolici ci deve stare più a cuore in queste elezioni è la libertà della Chiesa, la “Libertas Ecclesiae”.
Sopra tutto e anzitutto libertà per la Chiesa, perchè noi sappiamo che se la Chiesa è libera qualunque società e qualunque essere umano possono esserlo.
Se non c’è libertà per la Chiesa non c’è baluardo che possa arginare la pretesa di chi è al potere di imporci le sue verità.
Libertà di poter tentare di costruire una civiltà della verità e dell’amore.
La vera domanda è chi sia disposto a permetterlo.
(Riro Maniscalco, New York)