La guerra dei sondaggi si è conclusa sabato, ultimo giorno in cui potevano essere pubblicati. Il regime ha diffuso il suo attraverso l’Agenzia Bolivariana di Notizie. Il Gruppo di Indagine Sociale (Gis), guidato da Nelson Merentes, ex ministro delle Finanze, responsabile del rilevamento delle opinioni nel Psuv (Partito socialista unito del Venezuela), ha trovato che il 45,2% degli elettori voterà il partito di Chávez e il 26,9% appoggerà i candidati dell’opposizione.
Nei sondaggi indipendenti, sembra che Chávez conservi un buon livello di popolarità, ma è diminuita la sua capacità da “portaerei”. Gli elettori scelgono i candidati che garantiscono una buona gestione. Gli analisti segnalano che lo scenario ha avuto un cambiamento importante, con l’apparizione della dissidenza, con forza sufficiente per rappresentare un terzo attore.
Un esempio rilevante si ha a Barinas, dove Julio César Reyes, candidato dissidente alla carica di governatore, sembra in vantaggio rispetto ad Adán Chávez, fratello del presidente. Il suo motto è che resta leale al processo rivoluzionario, ma in disaccordo con il fatto che i parenti di Chávez sfruttino lo Stato come se fosse un’azienda di loro proprietà. Un altro caso è Guárico, dove Chávez sostiene Willian Lara, uno dei suoi fedelissimi, contro Leslie Manuit che ha lasciato il Psuv per protesta nei confronti del presidente, e che a una settimana dai comizi appare in vantaggio su Lara.
Sono casi emblematici, dal momento che ci sono candidati dissidenti, con alte percentuali di possibili voti, in altri tre o quattro stati.
Dando per buoni i dati del Gis, se il 45% voterà per il Psuv, dove andrà il restante 55% dei voti? La domanda è pertinente perché nel Rep (Registro elettorale permanente) sono iscritte circa 17 milioni di persone. Sulla cifra riguardante l’astensione non c’è molto da discutere: tutti ritengono che sarà tra il 40% e il 45%. Stanti così le cose, i votanti dovrebbero essere 10 milioni, con variazioni non significative.
Secondo il sondaggio governativo, il 45% del Psuv rappresenta 4,5 milioni di voti. Il Psuv vincerebbe nella maggior parte degli enti locali, corrispondenti agli stati meno abitati, dove il voto rurale, delle frazioni e delle piccola città è più sensibile agli ordini e suscettibile alle manipolazioni in centri elettorali totalmente controllati dai militanti del Psuv, senza un’effettiva presenza di candidati dell’opposizione.
Ciò nonostante, il voto dell’opposizione sarà maggioritario, poiché ha assicurati i voti nella regione nord-costiera, più popolata, maggiormente urbanizzata, con classi medie critiche, che vogliono la decentralizzazione e che hanno già votato in maggioranza per il “no” (al referendum costituzionale) e lì i partiti hanno una buona macchina di controllo elettorale.
Di fronte a tale ipotesi, il regime cercherà di creare, a livello nazionale e internazionale, un consenso d’opinione su un suo trionfo schiacciante, attraverso gli exit polls e i quick counts che saranno diffusi dalla sua vasta rete di comunicazione, prima che siano conclusi gli scrutini, con il complice silenzio del Cne (il Consiglio elettorale nazionale).
La sfida democratica sta nel porre l’accento nel volume dei voti per le amministrative, dove la differenza può superare il milione, spostando l’attenzione sui governatorati. Questo è il giusto dopo 23 novembre. Dimostrare che di fronte a Chávez è nata una nuova maggioranza, con potenzialità per raggiungere con successo l’obiettivo del 2010: un nuovo Parlamento.
(Associazione Democracia y Desarrollo)