Un No secco, contro gli appelli di quasi tutti i partiti politici, dei governi europei, della maggior parte dei giornali, delle organizzazioni sindacali e dell’imprenditoria: gli irlandesi hanno bocciato con un referendum il Trattato di Lisbona pensato per far funzionare meglio l’Ue, gettando l’intera Unione in una fase di profonda incertezza. Sin da metà mattinata si era capito che le cose non andavano per il verso giusto per i sostenitori del Sì, capeggiati dal premier Brian Cowen. Poi, i dati che provenivano dalle campagne hanno iniziato a mostrare il No che dominava, un exploit che si è quindi trasferito nelle zone operaie di Dublino, e già la leadership laburista – che era per il Sì – annunciava la sostanziale “caduta” della capitale, dove il Sì era avanti solo nei quartieri della borghesia. E solo in questi quartieri alla fine i pro-Lisbona vincono con distacco: il Sì si impone con il 62,9% nella circoscrizione Dublino Sud, con il 63,5 a Dun Laoghaire, con il 61,7 a Dublino Sudest. Altrove, si tratta di vittorie di Pirro, sul filo del 50%. Alla fine il No ha vinto con il 53,4% dei voti, contro il 46,6 del Sì. Per il No hanno votato in 862.415, per il Sì 752.451. L’affluenza è stata del 53,1% degli aventi diritto, piuttosto alta per le medie locali, ma il voto ha smentito quegli osservatori che dicevano che se si fosse superata la metà dei votanti il Sì avrebbe avuto la vittoria in tasca.
La fioritura dei ciliegi a Washington lungo il Tidal Basin
La reazione del Quirinale
Il no dell’Irlanda al Trattato di Lisbona gela l’Italia europeista. Ma la reazione comune di gran parte della maggioranza e dell’opposizione parlamentare è l’invito a rilanciare con coraggio il processo di ratifica della nuova Carta dell’Unione. Una sollecitazione che arriva anzitutto dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che chiede anche di «lasciar fuori chi minaccia di bloccare la costruzione europea». A metà pomeriggio, la netta presa di posizione del Quirinale. «Non si può ripartire da zero», dopo sei faticosi anni di lavoro e poi il via libera al Trattato da tutti i governi europei, dice Napolitano. Né si può pensare che il voto dell’Irlanda («che rappresenta meno dell’1% della popolazione europea») fermi un processo di riforma «ormai non più procrastinabile». Dunque, è l’ora del «coraggio» per «le forze e i governi di tradizione europeista» che «hanno la responsabilità storica» di andare avanti comunque, lasciando fuori chi vuol bloccare l’Unione.
I commenti dal mondo politico
Il premier Silvio Berlusconi avrebbe espresso preoccupazione durante il consiglio dei ministri per le possibili conseguenze sulle istituzioni e sull’economia europee della scelta negativa di Dublino. «Abbiamo appreso la notizia dell’esito negativo del referendum in Irlanda – ha affermato Frattini – con preoccupazione e rammarico, nel pieno rispetto della volontà sovrana espressa dall’amico popolo irlandese. Certamente questa ulteriore battuta d’arresto, che pure sarà inevitabile sotto il profilo della riforma istituzionale europea, non è un bene per i cittadini europei».
Il leghista Roberto Calderoli, ministro per la Semplificazione normativa, sostiene invece che «Questo referendum tenutosi in Irlanda conferma la posizione tenuta da sempre dalla Lega Nord, ovvero che la sovranità appartiene ai popoli e che solo i popoli possono decidere di rinunciare ad essa e conferma che, come sostenuto anche dal presidente emerito Cossiga e dal professor Guarino, l’approvazione di questo Trattato da parte del solo Parlamento avrebbe rappresentato un atto incostituzionale per gli articoli 1 e 11 della Costituzione, perché avrebbe affidato i nostri destini nelle mani dei burocrati e non degli eletti dal popolo».
Per Maurizio Lupi, Vice Presidente Pdl della Camera: «Il no dell’Irlanda al Trattato di Lisbona mi preoccupa. Anche se bisognerà attendere per capire che cosa comporterà effettivamente. È chiaro comunque che il voto contrario di questo Paese evidenzia la crisi del processo di costruzione dell’Europa, processo che deve andare avanti senza subire colpi di arresto improvvisi» «Ritengo che sia indispensabile – aggiunge – rimettere al centro del dibattito l’identità europea, senza accantonare i valori e gli ideali cristiani»
Il segretario del Pd Walter Veltroni commenta così la bocciatura del Trattato da parte dell’Irlanda: «Spetta al governo irlandese – osserva Veltroni – e al Consiglio europeo che si riunirà la prossima settimana indicare quale soluzione dare al problema. E’ evidente l’assoluta inadeguatezza degli strumenti di ratifica delle modifiche ai Trattati: il criterio dell’unanimità, rischia di portare alla paralisi». «Il voto irlandese sul trattato di Lisbona è un serissimo segnale di allarme: l’Europa ha bisogno di regole e accordi capaci di assicurare forza alle istituzioni e garantire ai cittadini dell’Unione un quadro sicuro di riferimento. Davanti alla preoccupazione per l’esito del referendum irlandese, nel nostro paese la procedura di ratifica deve continuare, visto che la maggioranza degli Stati e dei cittadini hanno già approvato il trattato». «In Italia – incalza il segretario dei democratici – è importante che la destra chiarisca le proprie ambiguità: il governo ha portato davanti alle Camere le norme di ratifica del trattato di Lisbona, ma una parte della maggioranza sembra marciare in tutt’altra direzione. A chi dobbiamo credere, al presidente del Consiglio, che fa trapelare la propria preoccupazione per il voto irlandese, o alle affermazioni di giubilo del ministro Calderoli, che ha già anche annunciato l’intenzione di promuovere un referendum anche in Italia? Il nostro paese ha bisogno di una Europa solida, democratica, solidale. Il trattato di Lisbona serve a questo».
Le reazioni degli altri paesi europei
GERMANIA. Per la cancelliera Angela Merkel «L’Unione europea non è in crisi, nonostante il no degli irlandesi al Trattato di Lisbona». Ma il ministro degli esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, ammette che si tratta di un “duro colpo», nonostante il quale il trattato “é quello che serve, che renderebbe l’Europa più democratica, influente e trasparente».
REGNO UNITO. «La Gran Bretagna andrà avanti con la ratifica del Trattato a dispetto della bocciatura irlandese», afferma il capo del Foreign Office, David Miliband
SPAGNA. «Senza alcun dubbio si tratta di una notizia non buona, ma l’Europa non si fermerà», afferma il ministro degli esteri, Miguel Angel Moratinos, per il quale «ciò è accaduto altre volte in passato nell’Ue, e troveremo una soluzione fra di noi».
IRLANDA. «Ora dovremo riflettere su quanto è accaduto», ha detto il ministro degli Esteri irlandese Michael Martin, per il quale «sembra esserci un certo distacco tra le istituzioni europee e la gente». E «non c’é una soluzione rapida», ha sottolineato il premier Brian Cowen, per il quale c’é il rischio di un «potenziale disastro» per l’Ue.
DANIMARCA. Copenaghen «deplora» il risultato del referendum irlandese, sottolineando come quello di Lisbona «é un buon trattato frutto di parecchi anni di confronto tra i Paesi europei», afferma il ministro degli esteri Per Stig Moeller.
PORTOGALLO. Luis Amado, ministro degli esteri, parla di «mpasse istituzionale» di fronte alla quale «i Paesi dell’Ue dovranno cercare insieme una soluzione dalla crisi in cui l’Europa è piombata».
BELGIO. Il ‘no’ dell’Irlanda al Trattato di Lisbona «non può frenare lo slancio dell’Ue», afferma il primo ministro, Yves Leterme. E «il voto irlandese – ha detto il ministro degli esteri Karel De Gutch – non è un rifiuto della costruzione europea, ma dimostra ancora una volta la necessità di una riforma delle istituzioni europee per renderle più trasparenti e comprensibili, proprio come prevede il trattato di Lisbona»
LUSSEMBURGO. «E’ chiaro che il Trattato di Lisbona non entrerà in vigore il primo gennaio 2009», afferma il premier Jean-Claude Juncker, per il quale «ci sono molte questioni da chiarire ora. Ma l’Europa non ha un piano B, perché il Trattato era il piano B».
POLONIA. «Il referendum non squalifica il Trattato, e cercheremo il modo più efficace affinché entri in vigore e non venga dissipata la sua essenza», ha dichiarato il premier polacco, Donald Tusk.
REPUBBLICA CECA. Controcorrente il presidente ceco Vaclav Klaus, per il quale «il trattato di Lisbona è finito e non è più possibile continuare con l sua ratifica». Il premier, Mirek Topolanek, parla di «complicazione politica», anche se il no irlandese «é meno grave di quelli precedenti di Francia e Olanda».
ESTONIA E LITUANIA. Se Tallin sottolinea come l’Irlanda «é uno dei PAesi che più ha beneficiato dei vantaggi dell’Ue», Vilnius invita Dublino a fare ora una proposta per uscire dalla situazione di impasse.
I Paesi che hanno già ratificato il Trattato di Lisbona – Romania 4 febbraio 2008 – Ungheria 6 febbraio 2008 – Malta 6 febbraio 2008 – Francia 14 febbraio 2008 – Polonia 2 aprile 2008 – Slovacchia 10 aprile 2008 – Portogallo 23 aprile 2008 – Austria 24 aprile 2008 – Danimarca 24 aprile 2008 – Slovenia 24 aprile 2008 – Bulgaria 28 aprile 2008 – Lettonia 8 maggio 2008 – Lituania 8 maggio 2008 – Germania 23 maggio 2008 – Lussemburgo 29 maggio 2008 – Estonia 11 giugno 2008 – Finlandia 11 giugno 2008 – Grecia 11 giugno 2008
I Paesi che lo hanno respinto – Irlanda 12 giugno 2008 via referendum
Chi deve ancora ratificarlo – Belgio: in via di approvazione nei Parlamenti regionali. – Cipro: voto parlamentare previsto per l’estate. – Italia: voto alle Camere a giugno o luglio. – Olanda: voto parlamentare previsto per l’autunno. – Gran Bretagna: approvato in Camera dei Comuni, manca il voto alla Camera dei Lord, i conservatori chiedono referendum. – Repubblica Ceca: processo di ratifica interrotto per valutare compatibilità con Costituzione nazionale. – Spagna: ratifica prevista in autunno. – Svezia: ratifica prevista per novembre.