«Non me ne vado e non voglio andarmene. Ho bisogno ancora di 30 anni per rendere concreto il progetto socialista. È pericoloso cambiare il capitano in mezzo al viaggio, prima di arrivare alla meta». Queste sono state le affermazioni di Chávez nel suo messaggio annuale di presentazione del bilancio davanti all’assemblea nazionale. Ha parlato per più di otto ore sul network nazionale della radio e della televisione.
Ha presentato un bilancio delle politiche applicate durante il suo governo, avvalendosi di grafici elaborati da ministri e alti funzionari. Ha assicurato che tutto quello che è stato fatto nel decennio ha avuto successo, lamentando l’incapacità di informare la popolazione e la tendenza della maggioranza dei media privati a dar poca importanza o a tacere gli aspetti più importanti del suo governo.
Presentando ognuna delle sue realizzazioni, enfatizzava la necessità della riforma costituzionale che gli permetterebbe di andare avanti per il tempo occorrente a consolidare il socialismo del XXI secolo. Ha intonato alcune canzoni, il che ha fatto sorridere gli ambasciatori, la maggioranza dei quali dava segni di noia.
Nel suo lungo “monologo” – come lo hanno definito i giornalisti che si occupano del parlamento – non ha fatto riferimenti alla insicurezza, e ha dedicato appena un minuto all’inflazione, due problemi che sembrano essere le necessità più avvertite in tutti i sondaggi. Invece ha “incensato” per diverse ore i piani e i progetti che trasformeranno il Venezuela in una potenza mondiale, se il popolo gli permetterà di governare oltre il periodo permesso dalla Costituzione.
L’opposizione ritiene che non abbia compiuto il dovere costituzionale di informare su quanto fatto, che si sia trattato di un atto elettorale e che dimostra il timore da cui è preso per la mancata “presidenza perpetua”. Gli oppositori segnalano come forti indizi i cambi introdotti su richiesta di Chávez nel quesito referendario. Quando gli venne l’idea, egli sostenne che dovesse limitarsi alla sola carica di Presidente, per evitare che negli stati nascano dei piccoli dittatori regionali che mettano in pericolo la rivoluzione. Nella prima discussione, l’Assemblea Nazionale lo approvò in questi termini. Nella seconda discussione però è stato ampliato a tutti i funzionari a carattere elettivo.
Il testo del quesito è inestricabile: “Approva la modifica degli articoli 160, 162, 174, 192 e 230 della Costituzione della Repubblica effettuata dall’Assemblea Nazionale che amplia i diritti politici del popolo al fine di permettere che qualsiasi cittadino o cittadina, nell’esercizio di un mandato di elezione popolare, possa essere soggetto a prolungamento, come candidato o candidata per lo stesso incarico, del tempo stabilito costituzionalmente, facendo dipendere la sua possibile elezione esclusivamente dal voto popolare?”
I giuristi ritengono che la rielezione sia stata respinta con il referendum del 2 dicembre del 2007, che la Costituzione proibisce di presentare la proposta nello stesso periodo e che alla frode originata dal voler modificare attraverso una riforma o una modifica i principi fondamentali della Costituzione si aggiungono ora nuove violazioni del testo, come quella di vietare a centinaia di migliaia di giovani che sono abilitati al voto e vorrebbero farlo.
I giuristi evidenziano che a tali toni si unisce il mancato rispetto dei regolamenti che regolano la creazione di una legge. L’opposizione aggiunge che tutto questo conferma il fatto che non esistono istituzioni, poiché tutti gli organi del potere pubblico si sottomettono alla volontà del Presidente, per quanto sia aberrante.