Alla fine il plebiscito voluto dal Consiglio federale ha dato gli esiti sperati. Gli Svizzeri hanno accettato, con il 59,6%, la riconduzione degli accordi sulla libera circolazione (Bilaterali I) con l’UE-25 e la loro estensione a Bulgaria e Romania. A livello cantonale i No sono solamente quattro. Il Canton Ticino, e non è certo una sorpresa, è in testa allo sparuto drappello dei contestatori con il 65,8% di No.
Seguono, con percentuali comprese tra il 56% e il 51%, Svitto, Appenzello Interno e Glarona. Se il voto favorevole, delineatosi in modo abbastanza chiaro nelle scorse settimane, non sorprende più di tanto, lo scarto è invece in buona parte inaspettato.
Il risultato è una chiara sconfitta per l’UDC (Unione Democratica di Centro), il principale partito di destra. La campagna del partito di Christoph Blocher e del neo-consigliere federale Ueli Maurer è stata a dire il vero poco convincente e unicamente improntata a temi classici quali l’invasione di lavoratori provenienti dai due paesi nuovi membri, l’aumento della criminalità e il tanto temuto dumping salariale.
La votazione, così com’è stata voluta, unendo riconduzione del pacchetto sulla libera circolazione e estensione a Romania e Bulgaria, unitamente alla famosa “clausola ghigliottina” (se un accordo dei Bilaterali I è denunciato, automaticamente cadono anche tutti gli altri accordi), ha di fatto posto il popolo svizzero di fronte ad una scelta che la maggioranza della classe politica considerava ovvia: il Sì. Un No avrebbe significato la fine dei rapporti bilaterali e un mezzo tsunami per l’economia svizzera. Questo almeno è il ritornello che i fautori del Sì hanno scandito in lungo e in largo dai loro numerosi pulpiti mediatici. La crisi economica ha fatto il resto. La sensazione è che forse, per una volta, paura e populismo siano stati gli assi nella manica dei partiti di centro e di sinistra.
Che un No avrebbe creato non pochi problemi, sia politici che economici, è abbastanza probabile. Ma alla luce di una campagna dove il Sì è stato presentato come l’unica opzione possibile, pena la fine dei rapporti bilaterali, non sembra illecito chiedersi quale sia l’utilità di tali votazioni. Forse i tempi sono maturi per riporre sul tavolo il delicato tema di una piena adesione della Svizzera all’UE. La votazione di questo 8 febbraio poteva costituire un’occasione importante per riflettere seriamente sulla natura dei rapporti tra Svizzera e UE. Un’occasione che nessuno dei due schieramenti ha saputo cogliere, preferendo giocare la carta della paura. E alla fine rimane l’impressione che il Sì non faccia che rinviare e nascondere un problema ancora irrisolto.
(Corrado Baumgarten)