Riceviamo e pubblichiamo il contributo di Stefano Biavaschi, docente e conduttore di trasmissioni a carattere culturale su Radio Maria.

Caro Direttore,

È l’ennesima strage di cristiani. Stavolta è toccata ad una chiesa in Alessandria d’Egitto. Una Skoda verde carica di cento chili di tritolo e parcheggiata in via Khalil Hamada di fronte alla chiesa copta dei Santi (Keddesin) è esplosa a mezzanotte e venti minuti del primo gennaio al termine di una funzione religiosa in occasione delle celebrazioni di fine anno a cui partecipavano circa mille fedeli. La deflagrazione ha investito la folla causando 21 morti e 79 feriti, di cui 40 in gravi condizioni.



Molti cadaveri non sono ancora stati identificati perché dilaniati dall’esplosione. Si tratta di un altro attentato da parte del fondamentalismo islamico, che già aveva minacciato di colpire la cristianità egiziana. Il nuovo anno comincia dunque con un bagno di sangue innocente che fa rivivere l’angoscia dei precedenti attentati. Ma al dolore si unisce lo sdegno nell’osservare il filmato con le immagini della strage, freddamente ripreso e trasmesso da un sito che si definisce “monitoraggio islamico della resistenza contro la cristianizzazione”. La comunità cristiana in Egitto rappresenta il dieci per cento della popolazione, e si tratta dell’ultimo consistente baluardo del cristianesimo in medio oriente. In Iraq la comunità cristiana, un tempo assai folta, è già stata decimata tramite il terrore e la persecuzione.



L’ultimo attentato risale al 31 ottobre scorso, quando 58 persone morirono e 67 rimasero ferite, a seguito del sanguinoso massacro contro i fedeli della cattedrale siriaco-cattolica di Baghdad; il gesto fu rivendicato da Al Qaida, ed è fortemente collegato a quanto ora avvenuto in Egitto. Il fondamentalismo islamico può infatti vantare di una regia internazionale che colpisce dal Medio Oriente al Pakistan, dalle Filippine alla Nigeria.

In Russia due chiese ortodosse ed una protestante battista sono state bruciate e distrutte a Ordzhonikidze, un villaggio a maggioranza musulmana situato a ovest della Cecenia. Il 3 novembre la falange irachena del terrorismo islamico aveva minacciato perfino il Vaticano, ammonendolo a prendere le distanze dalla comunità copta, ed esortando “i mujahedin ad estendere le pressioni sui cristiani”.



Benedetto XVI ha denunciato l’attuale “cristianofobia” e invitato le Nazioni a tutelare le minoranze cristiane nel mondo. Ha inoltre messo sullo stesso piano fondamentalismo e laicismo: il primo perché impone la fede agli altri, il secondo perché vorrebbe eliminarla confinandola nella sfera privata. In Italia 183 parlamentari avevano già firmato un appello “contro la cristianofobia”. Ma la pressione aumenta. Secondo un testimone, sul vetro della vettura parcheggiata dieci minuti prima dell’esplosione di fronte alla chiesa dei Santi in Alessandria d’Egitto, era visibile la scritta “el bakeia tèti”: “il resto arriverà”, chiaro messaggio che gli attentati non sono finiti.

 

Lo scopo di tutta questa strategia è l’intimidazione: non si tratta di ritorsioni locali. A leggere isolatamente il singolo episodio si può cadere nell’errore di valutarlo come un fenomeno locale od uno scontro fra gruppi, ma osservando dall’alto la regia di tutti questi attentati, non si può non identificarne il vero fine, che, su dichiarazioni della stessa Al Qaida, è quello di intimorire l’Occidente e, più specificatamente, la cristianità. Anche in Italia si sono registrati diversi fatti inquietanti.

 

Oltre a quelli già noti ed apparsi sui giornali, fanno impressione anche quelli raccontati dalle persone, e che spesso non hanno fatto notizia. A Milano, recentemente è stata organizzata una conferenza sull’uso del velo e del burqa: sebbene tra i relatori fossero presenti degli esponenti del mondo musulmano moderato, vi è stata un’improvvisa irruzione di una trentina di persone, vicine al fondamentalismo islamico, che si è seduta per terra rimanendo in silenzio.

 

Sebbene in quella circostanza non vi fossero stati episodi di violenza, i relatori ne sono rimasti fortemente intimoriti, tanto da non poter più parlare liberamente. Sempre a Milano, nei giorni scorsi, un’associazione culturale che stava organizzando una conferenza sulla persecuzione dei cristiani nel mondo, ha dovuto desistere per via delle minacce pervenute nella casella della posta. Tutti sintomi che fanno pensare ad una espansione della strategia del terrore per il controllo dei territori.

 

(Stefano Biavaschi – Milano)