Sono ben undici le centrali nucleari che si sono stoppate in automatico in seguito allo Tsunami di dieci metri che ha investito le coste orientali del Giappone.
C’è preoccupazione per la sicurezza delle centrali nucleari giapponesi, dopo che un violento tsunami di 10 metri ha colpito la costa orientale del Paese in seguito ad un terremoto di intensità 8,9 gradi. Mentre ormai i cadaveri rinvenuti nelle sole spiagge di Sendai sarebbero oltre 200, sono due le centrali nucleari che hanno registrato problemi al sistema di raffreddamento dei reattori: quella di Fukushima e di Onagawa. Nel pomeriggio, la diga di Fukushima inoltre, non ha retto, riversando a valle l’acqua che conteneva. Le autorità della zona hanno ordinato l’evacuazione di circa duemila persone nel raggio di due chilometri. Il bilancio, attualmente, è di 337 morti e 531 dispersi ma è destinato a crescere.
Nel frattempo Pechino, dichiara lo stato di emergenza anche per la centrale nucleare di Onagawa, nella prefettura di Miyagi. E mentre l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica sta accertando i rischi effettivi che le centrali corrono, sono 11 gli impianti che si sono fermati, in automatico a causa del terremoto.
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«Le fughe radioattive mi sentirei di escluderle. Nella peggiore delle ipotesi si tratta di materiale contaminato da radiazioni ma, di certo non ci sarà il cosiddetto “effetto Chernobyl”»: è l’opinione di Valerio Rossi Albertini, ricercatore del Cnr, contattato dall’Adnkronos, circa gli eventuali rischi che corrono le centrali nucleari giapponesi. «Il Giappone – ha aggiunto – è terra sismica, per questo tutte le centrali nucleari come anche gli edifici abitativi, sono state costruiti tenendo conto di questa eventualità. La soglia, dunque, di tolleranza al sisma è elevatissima».
In ogni caso, «non si possono escludere piccoli contaminanti in zone limitate», aggiunge. «Non credo – conclude – che le centrali siano state costruite a portata di piena. Mi sento dunque di escludere che i giapponesi si siano esposti a questo rischio».