Il premier turco Recep Tayyp Erdogan, al Cairo, di fronte ai ministri della Lega Araba riuniti ha ribadito la linea dura di recente assunta nei confronti di Israele: «dovrà pagare il prezzo dei suoi crimini». Erdogan ha attaccato lo stato ebraico, definendolo un bambino viziato, che non accetta critiche, che sta facendo largo uso del terrorismo e i cui governanti stanno portando il proprio popolo alla rovina. Secondo lui ci potrà essere una normalizzazione dei rapporti solamente nel momento in cui Israele adotterà un atteggiamento responsabile, mollando l’assedio di Gaza, riconoscendo lo stato palestinese e scusandosi con la Turchia per l’episodio della Mavi Marmara. Fu proprio il blitz sulla nave a far infuriare a tal punto la Turchia da rompere ogni rapporto. Il 31 maggio 2010 la Freedom Flottila, una flottiglia di attivisti filo-palestinesi, tentò di forzare il blocco di Gaza, sottoposto a embargo. La marina militare israeliana intercettò la piccola flotta. I militari, una volta a bordo della Mavi Marmara pare che furono attaccati da uomini armati. Risposero al fuoco, provocando, in tutto, 9 morti. Sette di questi erano turchi. Erdogan chiede, oltre alle scuse, il risarcimento alla famiglie delle vittime. Tra le decisioni prese contro Tel Aviv, in seguito all’accaduto, quella di cacciarne l’ambasciatore dalla Turchia e di richiamare il proprio in patria. Il premier turco, poi, ha insistito sulla questione palestinese, ribadendo: «La loro causa è una questione di dignità umana». Per Erdogan, in particolare, è «tempo che la bandiera palestinese sventoli alle Nazioni Unite. Uniamo gli sforzi e facciamo che questa bandiera diventi un simbolo di pace e di giustizia in Medio Oriente». Il nuovo atteggiamento di ostilità nei confronti di Israele è stato anche sottolineato dal quotidiano turco al-Zaman che ha rivelato come un software in uso da caccia aerei, sottomarini e carri armati sia stato modificato: ora Israele non sarà più riconosciuto come stato amico. Erdogan, che nei prossimi giorni sarà in Tunisia e in Libia, i Paesi della primavera araba, si è imposto come leader del mondo islamico, rilanciando le linee guida del suo programma.
Ha detto, infatti, che è necessario ispirarsi ai valori del «rispetto della libertà, della democrazia e dei diritti umani. Valori che devono costituire uno slogan unico per i nostri popoli, le cui richieste non devono essere represse con la forza e nel sangue». Il riferimento era palesemente alla Siria, dove una rivolta sta venendo soffocata nel sangue, e molti dei suoi cittadini stanno trovando asilo proprio in Turchia.