Continuano in Siria i violenti scontri tra il regime di Damasco e l’opposizione che continua a protestare contro il presidente al-Assad. L’Osservatorio siriano dei diritti dell’uomo fa sapere che da questa mattina le forze dell’ordine sono impegnate in diversi interventi militari presso alcuni villaggi nel nord-ovest del Paese. E mentre l’Unione europea minaccia nuove sanzioni, continua a salire il bilancio della repressione nei confronti della rivolta nelle ultime ventiquattro ore, con almeno 27 persone rimaste uccise. Il primo ministro turco Erdogan, mentre continua il tour diplomatico che dopo l’Egitto lo vedrà in Tunisia e in Libia, accusa Assad di non aver varato riforme necessarie. Come detto, colonne corazzate delle truppe siriane hanno fatto irruzione in una regione al confine con la Turchia, Jabal al-Zawiya, dove stanno cercando rifugio i disertori dell’esercito. I fedeli al presidente Bashar el-Assad hanno rastrellato numerosi villaggi della zona dopo aver tagliato tutte le comunicazioni. Intanto il rappresentante siriano alla Lega araba e quello del Libano hanno fatto sapere che Damasco e Beirut rigettano completamente il comunicato emesso al termine della riunione dei ministri degli Esteri della Lega araba, che ha anche dichiarato che finché le armi non verranno sostituite con il dialogo non verrà inviata nel paese una missione per accertare i fatti. Durante la riunione dei ministri degli Esteri della Lega Araba, il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan ha anche espresso forti dubbi sulla capacità del presidente al-Assad nel portare avanti le riforme promesse, che però non sono mai arrivate: “I civili morti aumentano ogni giorno e le riforme promesse non sono mai state concretizzate. Non è possibile continuare a pensare che Assad farà tutto quello che ha promesso”. E continua: “Nessuno può essere amico di un governo che spara sui propri civili e attacca le proprie città con i carri armati, un leader che uccide la sua gente ha perso la sua legittimità”.
Prima, davanti la platea, Erdogan aveva affermato che “è ora di alzare la bandiera palestinese dell’Onu. Alziamo la bandiera e facciamola sventolare come se fosse il simbolo della pace in Medio Oriente”. E, continua, “se Dio vuole entro la fine di questo mese avremo l’opportunità di vedere la Palestina sotto una luce differente presso le Nazioni Unite”.