Continua ad aggravarsi il bilancio dell’attentato suicida avvenuto questa mattina a Maidan Shahr, capoluogo della provincia orientale di Maidan Wardak, in Afghanistan, a circa 35 chilometri da Kabul. Fonti ospedaliere hanno riferito che al momento sono due le vittime accertate, mentre i feriti oltre 90, tra cui circa 75 uomini e 15 donne. L’attentato è avvenuto oggi presso un centro di addestramento delle truppe militari e della polizia afghana, gestito dal contingente atlantico: un kamikaze si è fatto saltare in aria mentre si trovava a bordo di un’autocisterna, provocando anche la distruzione di un posto di primo soccorso di Emergency, come ha reso noto la stessa organizzazione umanitaria. Tra i feriti ci sarebbero anche due infermieri della Ong italiana, mentre altre 24 persone, di cui quattro bambini, sono stati trasportati d’urgenza all’ospedale di Emergency di Kabul. L’attacco è stato successivamente rivendicato da un portavoce dei Talebani, Zabihullah Mujahid, il quale ha fatto sapere che l’attentato è stato organizzato per vendicare altri quattro talebani recentemente giustiziati per ordine di Hamid Karzai. Pochi giorni fa, infatti, il presidente afghano avrebbe firmato l’ordine di esecuzione della condanna a morte di oltre dieci detenuti considerati “colpevoli di omicidio, stupro e altri reati”. A renderlo noto era stata una fonte anonima dell’ufficio presidenziale di Kabul, citata dall’agenzia d’informazione Dpa. La stessa fonte non avrebbe però precisato il numero esatto dei condannati a morte, anche se alcuni media locali avrebbero parlato di almeno 20 persone. A seguito della diffusione della notizia, i talebani hanno da subito minacciato “pesanti ripercussioni” per Kabul in caso di effettiva esecuzione. In un comunicato pubblicato pochi giorni fa sul loro sito web si legge che “funzionari dell’amministrazione di Kabul hanno condannato a morte diversi prigionieri del carcere di Pul-i-Charkhi e negli ultimi due giorni hanno eseguito le condanne. Abbiamo ottenuto informazioni credibili secondo cui alcuni prigionieri politici dell’Emirato islamico sono stati aggiunti alla lista”.
Viene dunque spiegato che “se il piano dovesse materializzarsi e dovessero essere eseguite condanne a morte per i nostri prigionieri di guerra sicuramente ci saranno pesanti ripercussioni per legislatori, tribunali e altre istituzioni dell’amministrazione di Kabul”.