Era stato proprio il presidente francese Nicolas Sarkozy ad annunciare nel primo pomeriggio di oggi la liberazione della giornalista Edith Bouvier, inviata de Le Figaro, ma il numero uno dell’Eliseo è stato costretto poco dopo a una clamorosa retromarcia, spiegando di non essere in grado di confermare l’informazione: «Non possiamo confermare che la signora Bouvier sia ora al sicuro in Libano. – ha detto Sarkozy – Su questo stiamo lavorando, ma sono stato impreciso e mi scuso con voi». Il giornalista inglese del Sunday Times, Paul Conroy, è invece in salvo presso l’ambasciata britannica e sembra che sia stato trasferito nella nottata di ieri con l’aiuto di diversi attivisti contro il regime di Assad. Il padre del reporter ha recentemente dichiarato: «Mia moglie ha parlato con nostro figlio e lo ha sentito in ottimo umore», e adesso, ha spiegato, «siamo tutti sollevati e felici». E’ invece ancora avvolta nel mistero la sorte della Bouvier, di cui è stato recentemente trasmesso il disperato appello in cui chiede di essere curata, dopo aver riportato una ferita alla gamba in seguito ai bombardamenti, e riportata in patria. Secondo diverse fonti, però la giornalista si troverebbe ancora in Siria. Intanto cominciano ad emergere le prime cifre ufficiali del conflitto siriano: secondo quanto riferito dal sottosegretario generale agli Affari politici B. Lynn Pascoe al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dall’inizio della rivolta le vittime sono state oltre 7.500, tra cui molti bambini. Riguardo a questo fatto drammatico ha recentemente parlato il nunzio apostolico a Damasco, monsignor Mario Zenari, che ai microfoni di Radio Vaticana ha detto di essere rimasto impressionato nel vedere «i bambini vittime di questo conflitto. L’Unicef parla ormai di 500 bambini morti. Qualche giorno fa leggevo una notizia di un piccolo bebè, di solo 10 mesi, che era stato anche lui preso con tutta la sua famiglia, se non erro di 17 persone, in una città vicino a Homs: tutta la famiglia è stata messa al muro e mitragliata, compreso questo bebè di 10 mesi.
Qualche giorno prima avevo letto un’altra storia, ancora molto triste: una bambina che partecipava al funerale di un’altra bambina falciata da colpi di arma da fuoco». E anche se le possibilità di un dialogo sembrano sempre più remote, aggiunge monsignor Zenari, «la comunità internazionale non deve lasciar cadere le braccia».